One Health, una strategia di salute globale per combattere i "killer silenziosi"

Metalli pesanti sotto la lente di ingrandimento. In Italia norme più restrittive rispetto al resto d'Europa
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Data:Mon Jan 25 12:57:34 CET 2021

Giulia Grassi Dottorato in Scienze Agrarie, Forestali e degli Alimenti.

L'articolo viene pubblicato nell'ambito della collaborazione avviata tra la rivista AGRIFOGLIO e la Scuola di Scienze Agrarie, Forestali, Alimentari e dell'Ambiente dell'Università della Basilicata.

Il sistema agro-alimentare è soggetto a continui cambiamenti, finalizzati principalmente a ridurre i tempi di distribuzione dei prodotti. Questo trend, tuttavia, contribuisce ad incrementare il livello di inquinamento ambientale (aria, acqua e suolo) e favorisce la presenza di numerosi contaminanti nei prodotti alimentari. Ad oggi, l’intera catena alimentare è esposta ad un elevato rischio di contaminazioni, sia di tipo microbiologico, che di tipo chimico e/o radioattivo per via delle attività antropiche. Discariche, industrie alimentari e non, centri di lavorazione degli idrocarburi e molte altre sono le principali fonti di contaminazione chimica, estremamente dannose per la salute umana ed animale.

L'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha stimato che circa un quarto di tutte le malattie sono determinate da una esposizione prolungata nel tempo ad inquinanti ambientali. I metalli pesanti quali cadmio, mercurio, piombo ed arsenico sono le sostanze più indagate perché responsabili dello sviluppo di gravi patologie per l’uomo. Essi vengono denominati “killer silenziosi”, poiché entrano nella catena alimentare finendo poi sulle nostre tavole indisturbati. Tuttavia, il monitoraggio di tali elementi non è facile ed è abbastanza costoso, poiché richiede laboratori di analisi altamente specializzati.

I metalli tossici possono essere riscontrati nell’uomo fin dai primi mesi di vita, se veicolati con il latte materno, e possono aumentare nel tempo manifestando effetti sull’organismo solo in età adulta. Questo fenomeno prede il nome di “bioaccumulo”. I danni da metalli pesanti sono notevoli ed interessano gli aspetti anatomo-fisiologici dell’uomo: disfunzioni cerebrali ed epatiche, malformazioni del feto, degenerazione cellulare, mutazioni delle sequenze del DNA, sterilità e infertilità in uomo e donna, sanguinamenti gengivali, formazione di radicali liberi, fino alla morte in casi molto gravi.

I metalli pesanti sono componenti naturali della crosta terreste. Li ritroviamo nel terreno, nell’acqua, nell’atmosfera, e la loro concentrazione è strettamente correlata al grado di inquinamento dell’ambiente. Negli alimenti possono essere presenti come residui derivanti da attività agricole e industriali, da gas di scarico delle automobili oppure da contaminazione intervenuta durante la lavorazione degli alimenti o in fase di conservazione.

L’intestino dell’uomo può assorbire circa il 3-5% dei metalli presenti negli alimenti, che si accumulano a livello renale, nel fegato e nei polmoni, con un tempo di emivita (tempo necessario per eliminarne il 50% della quantità presente nell'organismo) che oscilla tra 10 e 30 anni, rappresentando un notevole pericolo principalmente per i bambini.

Di seguito è riportato un esempio per poter capire meglio come i metalli pesanti raggiungano gli alimenti che noi ingeriamo. Consideriamo la contaminazione da cadmio, elemento presente nell’ambiente per via dei pesticidi e dei fertilizzanti che vengono impiegati in agricoltura, o per via delle attività di aziende che fabbricano batterie Ni-Cd, inceneritori e marmitte catalitiche: il terreno assorbe il cadmio che, a sua volta, viene spostato dalle piogge nelle falde sotterranee, assorbito poi dalle piante e successivamente dagli animali che se ne nutrono (ad esempio: pascolo, foraggi, granelle). Gli animali rilasciano con le deiezioni parte del cadmio ingerito e, a chiusura della catena, l’uomo consuma i prodotti inquinati dal cadmio che bio-persiste nell’organismo per decenni prima di essere espulso con le deiezioni.

 

One Health: una strategia per la salute globale

In Italia, il Regolamento (CE) N. 1881/2006 definisce i tenori massimi di alcuni contaminanti nei prodotti alimentari. Per il cadmio, il tenore massimo negli ortaggi, nelle carni e nei pesci è di 0.050 mg/kg, ma per alcune specie animali questo limite è più stringente. Per il mercurio, presente soprattutto nei prodotti ittici, è di 0.50 mg/Kg di peso fresco. Per l’arsenico si rispetta il valore <0.10 mg/kg, nel miele e negli ortaggi a frutto, nel riso parboiled e riso semigreggio <0.20 mg/kg, nelle bacche di sambuco e nei mirtilli rossi <0.20 mg/kg. Per il piombo, vista la sua tossicità, i limiti sono ancora più bassi: 0.020 mg/kg nel latte crudo e in quello pastorizzato e UHT, 0.10 mg/kg nelle carni di bovini, ovini, suini e pollame, e di 0.30 mg/kg nel pesce.

L’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) ha classificato queste sostanze come altamente cancerogene per l’uomo. Numerosi sono gli Enti preposti (ASL territoriali, Nucleo anti sofisticazione del comando dei Carabinieri - Nas e l’Ispettorato centrale repressioni frodi - Icqrf) che, mediante il monitoraggio continuo e costante, garantiscono la sicurezza alimentare. L’Italia, grazie alle norme più stringenti rispetto al resto d’Europa, registra un minor numero di prodotti agroalimentari con residui chimici elevati (0.5%, percentuale di 3.2 volte inferiore rispetto alla media dell’Unione Europea). Questo dato è molto rassicurante per la popolazione italiana poiché il 25% dei cibi che acquistiamo, come formaggi, salumi (15%), frutta e verdura (14%) è “made in Italy”.

In conclusione, possiamo affermare che la salute degli esseri umani è strettamente legata alla salute degli animali ed alla qualità dell’ambiente. Alla luce di quanto affermato, importanti organismi internazionali come l’OMS, la FAO e l’Organizzazione Mondiale per la Salute Animale (OIE) hanno evidenziato la necessità di un approccio multidisciplinare, strategia denominata “One Health”, finalizzata alla protezione della “salute globale”, che tiene conto dei rischi che si originano dall’interfaccia ambiente – animale - ecosistema.

Per richiamare una celebre frase del filosofo tedesco Ludwig Feuerbach “noi siamo ciò che mangiamo”, ma ciò che mangiamo è frutto dell’agire dell’uomo nei confronti dell’ambiente.

Agrifoglio n. 101 -  

Temi
Produzioni agroalimentari di qualità
Autori
Giulia Grassi

Dottorato di Ricerca in Scienze Agrarie, Forestali ed Alimentari, Università della Basilicata

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