Piccole Produzioni Locali: il caso del Veneto

Una strategia regionale alla base del successo: modello da seguire per la Basilicata
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Data:29 Feb 2020

Per favorire la crescita del reddito delle aziende agricole, da qualche anno l’Alsia porta avanti un progetto di promozione dei laboratori polifunzionali per la trasformazione e la vendita diretta delle produzioni locali. A coronamento di questi primi anni di attività in cui l’Agenzia, in collaborazione con l’Ufficio Veterinario e Igiene degli Alimenti del Dipartimento Politiche della Persona della Regione Basilicata, ha realizzato seminari divulgativi in 7 paesi lucani e un opuscolo divulgativo. Una collaborazione che ha portato, insieme anche al Dipartimento Politiche agricole e forestali e all'Azienda Sanitaria di Potenza, alla realizzazione di un viaggio studio in Veneto, in provincia di Treviso, nel dicembre 2019, al quale hanno preso parte alcuni imprenditori agricoli lucani. La scelta è ricaduta sul Veneto grazie all’esperienza maturata da questa regione con il progetto delle Piccole Produzioni Locali (PPL), progetto che ha portato alla proposta di un disegno di legge ora in Parlamento.

Sia le iniziative normative della Regione Basilicata (che confluiscono in una Delibera di Giunta Regionale, la DGR 800/2018), che il Progetto sulle PPL in Veneto, partono dall’analisi del concetto di “flessibilità” nell’applicazione delle norme sulla sicurezza alimentare, a tutela dei prodotti tradizionali, un concetto proprio delle regole Comunitarie del Pacchetto Igiene.

Lo scambio di esperienze è iniziato a Montebelluna, con la presentazione del progetto PPL da parte di Luca Buffon, referente per la provincia di Treviso e dirigente veterinario della AULSS2. La spinta ad investire in questo senso da parte della Regione è nata dalla situazione economica che ha visto chiudere tante realtà e ha fatto riflettere sulla mancata convenienza di produrre materia prima da vendere ai trasformatori, anche alla luce della forte concorrenza con le materie prime estere. Questa situazione stava mettendo in ginocchio l’agricoltura locale (e fin qui sono forti le similitudini con la situazione in Basilicata), e quindi si è pensato di aiutare gli operatori aumentando la redditività delle aziende consentendo loro di trasformare in loco i propri prodotti, sfruttando ogni possibile deroga sui requisiti strutturali dei laboratori e prestando assistenza culturale e operativa, per garantire in ogni caso la sicurezza igienica delle produzioni. Infatti il progetto si compone di tre fasi:

  • Analisi strutturale e studio delle potenzialità produttive;
  • Formazione sulle norme di corretta prassi igienica per la realizzazione dei prodotti per cui l’azienda è vocata;
  • Campionamento ed analisi derivante da una attenta valutazione del rischio.

La riuscita del progetto è data dalla grande collaborazione tra operatori del settore alimentare, medici e veterinari delle ASL e laboratori dell’istituto zooprofilattico delle Venezie, collaborazione stimolata e sostenuta dalla volontà politica degli amministratori che hanno pensato e hanno scelto una strategia.

Gli operatori alimentari che aderiscono al progetto PPL, ha chiarito Buffon, intraprendono un percorso di formazione che li guida verso l’adeguamento alle norme di igiene e sicurezza degli alimenti. I Servizi veterinari ed i Servizi Igiene Alimenti e Nutrizione (SIAN) delle Aziende ULSS eseguono i sopralluoghi in azienda agricola fornendo indicazioni sui criteri di igiene nella realizzazione dei laboratori. La Regione, acquisita la valutazione del rischio effettuata dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe), definisce annualmente il Piano dei controlli sugli alimenti del paniere PPL.

Sui campioni effettuati vengono realizzati controlli analitici da parte dei laboratori dell’IZSVe. Questi controlli permettono di attestare il livello di sicurezza alimentare dei prodotti delle aziende, o di segnalare ai produttori eventuali criticità da risolvere.

È la Regione che coordina il progetto e, in collaborazione con i Servizi Veterinari e i SIAN delle Aziende ULSS e l’IZSVe, predispone i manuali di buone prassi igieniche suddivisi per tipologie di produzioni. I manuali sono messi a disposizione degli operatori interessati al progetto PPL, per promuovere l’applicazione di metodi di lavoro e di procedure in grado di garantire processi igienici di lavorazione.

Il progetto è partito nel 2008 con una manciata di aziende ed un paniere di prodotti che comprendeva salumi, vegetali e prodotti da forno. Oggi aderiscono alle PPL più di 1000 aziende ed il paniere conta 12 categorie di prodotti.

Un primo punto di riflessione per il gruppo è stato appunto: come lavorare insieme per un obiettivo comune.

Dopo la presentazione del progetto, varie sono state le aziende agricole visitate.

Azienda Carron Mauro a Montebelluna, produttore di vegetali, olio, miele, farine, avicoli. Questa azienda si è dotata di un laboratorio polifunzionale di nuova costruzione per cui è stato possibile razionalizzare gli spazi dotando la struttura di tutti quegli accessori utili ad organizzare il lavoro nel tempo e nello spazio nel migliore dei modi. Il locale è dotato di bagno antibagno e spogliatoio, magazzino, cella e punto vendita. Le varie attività si svolgono nello stesso locale in momenti diversi e, tra queste, le conserve vegetali rappresentano la produzione prevalente. L’operatore, dopo aver esposto le sue attività, si è reso disponibile a rispondere alle numerose domande di partecipanti, incuriositi dall’organizzazione del lavoro e in particolare dalla validazione dei prodotti fatta con il prelievo di campioni e monitoraggio dei risultati tramite un’applicazione scaricata direttamente sullo smartphone.

Azienda Favretto Michele a Riese Pio X, produttrice di formaggi, prodotti da forno e salumi. In questo caso i locali per le trasformazioni sono stati ricavati da strutture già esistenti in azienda, che pertanto non possedevano i canonici requisiti strutturali ma che comunque, grazie alle buone pratiche di lavorazione e ai controlli sul prodotto finale, consentono di mettere sul mercato prodotti sicuri.

Lo stesso dicasi per l’azienda Murarotto Diego a Castelfranco Veneto, produttrice di salumi e formaggi. In entrambe le aziende le carenze strutturali evidenti, legate agli spazi, alle altezze dei locali, alle attrezzature utilizzate, venivano superate dalla formazione sulle norme di corretta prassi igienica e dalle analisi sul prodotto finito.

Azienda Gai Luciano a Vidor, produttrice di salumi, confetture, avicunicoli e prodotti da forno. Anche in questo caso, i locali di lavorazione erano stati ricavati da quelli già esistenti nell’azienda agricola, compresa la casa degli agricoltori. Nella stanza dedicata alle lavorazioni dei salumi, così come nella cucina dove era in cottura la trippa per la preparazione di un prodotto tradizionale, non mancavano suppellettili e materiale personale.

Azienda Rive de Milan a Valdobbiadene, agriturismo e PPL. In questo caso, il prodotto principale è il vino, prosecco per l’esattezza, ma come spesso accade in una azienda agricola, tante sono le attività coesistenti, dagli animali da cortile, ai salumi, alle conserve vegetali, tutti prodotti serviti poi nell’agriturismo. Il proprietario, che è stato anche assessore comunale, è uno degli ideatori e grande sostenitore, anche politico, del progetto e ha raccontato come è nata l’idea e quali grandi risultati sono stati ottenuti in termini di redditività ed occupazione.

Presso il distretto di Treviso, Michela Favretti, che segue il campionamento dell'IZS dei prodotti delle PPL, ha mostrato il lavoro fatto negli anni sull’analisi del rischio su ogni gruppo di prodotti, e di come negli anni l’analisi del rischio ha consentito di ridurre il numero di analisi a quelle effettivamente necessarie puntando molto sullo studio e l’introduzione di tutti quegli accorgimenti tecnologici e produttivi che consentono di ottenere prodotti sicuri.

In conclusione, il gruppo lucano ha constatato come il settore pubblico, con le proprie competenze e nell’ambito dei propri compiti istituzionali, possa svolgere un ruolo costruttivo per lo sviluppo socio-economico di un territorio. E questo è il modello che ci si auspica anche per la Basilicata.

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