Focus

Il progetto PRO.S.IT. per la produttività e sostenibilità in viti-vinicoltura

Le conoscenze acquisite porteranno alla riduzione dei costi di produzione, e a migliorare aspetti ambientali e sociali delle popolazioni locali
didascalia.

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Data:Wed Nov 30 10:36:53 CET 2022

Lavoro svolto nell’ambito del PSR Basilicata 2014-2020 sottomisura 16.1 – PRO.S.IT., Produttività e Sostenibilità in viti-vinicoltura. Per saperne di più CLICCA QUI

 

Nell’attuale quadro ambientale, sociale ed economico, produzioni viti-vinicole sostenibili e di elevata qualità richiedono scelte operative efficaci anche in condizioni di incertezza. Il progetto PRO.S.IT, proposto dal Consorzio Qui Vulture nell’ambito del PSR 2014-2020, ha sviluppato metodiche ed applicazioni GIS che avranno ricadute operative nella gestione dei vigneti e delle operazioni di cantina delle aziende viti-vinicole della Basilicata.

Il progetto PRO.S.IT è l’attuale strumento operativo del GO Vite&Vino per raggiungere obiettivi strategici di breve e medio-lungo periodo per il comparto viti-vinicolo. Tra gli obiettivi sono inclusi: la riduzione dei costi di produzione e nel contempo l’aumento della produttività e della sostenibilità della produzione viti-vinicola. In aggiunta, fra le diverse esigenze ritenute prioritarie dal GO Vite&Vino, sono stati evidenziati: (a) Carenza di informazioni sito-specifiche utili per impostare una corretta gestione sostenibile del vigneto e ridurre i costi di produzione delle uve; (b) Elevata presenza di rame in uve provenienti da Agricoltura Biologica.

In un contesto climatico ed economico incerto ed in continua evoluzione, per rispondere efficacemente a tali esigenze, occorre investire in innovazioni che da un lato permettano di incrementare la quantità e la qualità delle informazioni a livello di singolo vigneto, o a porzioni di esso, e dall’altro rendano l’imprenditore vitivinicolo capace di fornire, ricevere ed interpretare le informazioni disponibili e di cui ha bisogno al fine di aumentare la resilienza dei processi produttivi aziendali.

Si è partiti con la consapevolezza che molto era già disponibile da precedenti ricerche svolte anche in Basilicata da Enti diversi. Tali informazioni erano però disperse o non collegate tra di loro oppure non aggiornate, come ad esempio la qualità della classe del terreno riportata nel catasto agrario.

Il progetto si è sviluppato su due assi principali, quello relativo alle innovazioni per la gestione del vigneto e quello relativo alle innovazioni per la gestione della fermentazione e della qualità dei vini.

 

Partenariato 

Il partenariato del progetto comprende aziende viti-vinicole, cooperative, consorzi, aziende spin-off ed Enti di ricerca e sperimentazione (Figura 1) dislocate su gran parte del territorio regionale. Capofila del partenariato è il Consorzio Qui Vulture che insieme al Consorzio Produttori Biologici e Biodinamici Lucani, al Consorzio di Tutela Vino Aglianico del Vulture DOC e DOCG superiore ed alla Associazione Enoteca Regionale Lucana ed alle altre aziende viti-vinicole appartenenti al Consorzio Vini MATERA DOC, del Consorzio Grottino di Roccanova e la Cooperativa Agricoltura 2000 di Tolve hanno evidenziato le principali criticità del settore viti-vinicolo ed indirizzato gli Enti di ricerca a fornire risposte in termini di innovazione e di ricerca applicata o di sperimentazione. Ad esse saranno trasferite le diverse innovazioni prodotte.

Altri partners erano tre società spin-off: Starfinn srl, Geospazio Italia srl, Agreenment srl; operanti rispettivamente nei settori della microbiologia viticola ed enologica, dell’elaborazione immagini da satellite e nei servizi alla ricerca.

Gli Enti di ricerca erano rappresentati da ricercatori appartenenti a tre dipartimenti dell’Università degli Studi della Basilicata (DiCEM, DIS e SAFE), dal CNR-IMAA, dal CNR-ISM e dall’ENEA.

Infine all’ALSIA erano demandate tutte le iniziative di divulgazione e disseminazione dei risultati.

 

I Vigneti della Basilicata

I Consorzi hanno sostenuto con forza che per impostare un razionale servizio di supporto alla gestione dei vigneti dei propri soci è necessario conoscere la posizione geografica dei vigneti, la loro composizione varietale, la loro età, forma di allevamento e presenza o meno di impianto di irrigazione. Infatti, nessuna di queste informazioni è possibile ricavare dalla semplice consultazione delle mappe presenti sul sito RSDI Geoportale della Basilicata o sul sito Google Maps. Tra l’altro anche la presenza in mappa o meno di un vigneto è aleatoria in quanto l’aggiornamento delle mappe avviene ad intervallo di tempo non sempre idonei a stabilire l’esatta corrispondenza tra ciò che si vede sul monitor e ciò che è si osserva in campo.

Realizzazione webGIS territoriale

L’Istituto di Metodologie per l’Analisi Ambientale del CNR (IMAA-CNR), tramite i Laboratori GeoSDI e LSD&D (Land Surface Dynamics and Degradation), ha lavorato in sinergia con il DiCEM-UNIBAS (Dipartimento delle Culture Europee e del Mediterraneo dell’Università della Basilicata) per la ideazione e lo sviluppo di un webGIS.

La piattaforma webGIS è stata implementata mediante tecnologie Open Source. In particolare, il livello di archiviazione dati è implementato con il DBMS PostgreSQL decorato con l’estensione spaziale PostGIS. Tramite GeoServer sono erogati servizi per il mapping standard (WMS, WFS), mentre mediante Geo-Platform Framework è implementato il webGIS, che consente la creazione di progetti mappa e la creazione di classificazioni. Infine, MapLite è l’ulteriore strumento che consente l’export di mappe interattive per la sola consultazione, facilmente inseribili in contenuti per il web (Figura 2).

Alcune delle elaborazioni sono state eseguite offline tramite QGis Open Source: ad esempio sono state condotte delle unioni e delle intersezioni tra dati resi disponibili dalla Regione Basilicata (come le geometrie dei vigneti e dati catastali) e dati resi disponibili dal Sistema Informativo Agricolo Nazionale (SIAN) sui vigneti cosiddetti idonei, questi ultimi non dotati di componente geometrica.

I risultati ottenuti sono stati poi caricati sulla piattaforma webGIS dedicata, implementata con l'obiettivo non solo di mantenere e rendere fruibili i dati attraverso il web, ma anche di consentire analisi ispettive degli stessi, mettendoli in relazione geospaziale con informazioni geolocalizzate rese disponibili anche da terze parti.

In quest’ottica, dal webGIS è stato possibile desumere l’ampia distribuzione dei vigneti della Basilicata (Figura 3) che dimostra la spiccata vocazionalità degli ambienti lucani per la viticoltura. Inoltre, dalle informazioni riportate nella banca dati SIAN emerge, per la prima volta in Basilicata, un quadro d’insieme della viticoltura lucana in cui è possibile ricavare l’estensione e la posizione delle singole varietà di vite, l’età dei vigneti, e altre informazioni utili alla gestione del vigneto.

I dati catastali della qualità delle classi di terreno del Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) non sono però aggiornati. Attraverso una procedura che integra fotointerpretazione ed analisi geospaziali in ambiente GIS, è stata ricostruita la geografia delle aree vitate del distretto del Vulture – Melfese aggiornata al 2017. Si evidenzia una superficie coltivata a vite inferiore a quella presente nel catasto e per lo più concentrata in particolari aree (Figure 4 e 5).

 

Resilienza dei vigneti della Basilicata

Per le colture perenni non era facile implementare, nei tempi di durata del progetto, protocolli di gestione validi “per tutte le stagioni”. Il GO Vite&Vino ha quindi cercato di ottenere metodiche capaci di fornire informazioni: (i) costantemente aggiornate sulla dinamica di crescita del vigneto; (ii) nuovi metodi di stima dello stato idrico della pianta; (iii) sequestri e rilasci di H2O e CO2 del vigneto; (iv) scelta del portinnesto della vite; (v) biodiversità e controllo di malattie o insetti.

Parametri biofisici del vigneto

Ormai da qualche anno il telerilevamento è considerato una disciplina di grande utilità per il supporto alla gestione agricola e, in particolare, alla viticoltura. Infatti, il campionario di sensori prossimali (e.g., spettroradiometro) o montati su veicoli in remoto (e.g., satellite, aereo, drone) con differenti caratteristiche spettrali, spaziali e temporali, consente di effettuare studi specifici per le diverse esigenze di management.

L’avvento del sensore Sentinel 2 dell’ESA (European Space Agency) rappresenta sin dal 2015 uno strumento prezioso per investigare diversi parametri biofisici dei vigneti potendo contare su un ottimo compromesso tra risoluzione spettrale (13 bande), spaziale (10m per 4 bande) e temporale (tempo di rivisita inferiore ai 5 giorni).

A titolo esemplificativo, in Figura 6 si mostra una sequenza di mappe di NDVI (Normalized Difference Vegetation Index) da dati Sentinel 2 (una mappa per mese) per l’anno 2018 relative ad un vigneto ricadente nel comune di Montescaglioso (Matera). L’indice NDVI rappresenta un proxy dell’attività fotosintetica, della densità di biomassa e dello stato di salute delle piante. Queste informazioni sono disponibili sulla piattaforma webGIS.

Nuovi metodi di stima dello stato idrico delle piante

L’osservazione visiva delle piante o di parti di esse è il primo metodo di indagine a disposizione dell’agricoltore per valutare empiricamente lo stato della coltura e mettere in atto specifiche azioni correttive. Negli ultimi anni lo sviluppo della fotografia digitale associata a camere capaci di registrare immagini con lunghezze d’onda diverse dal visibile, ha offerto la possibilità di verificare, su un largo numero di campioni, la relazione tra alcuni caratteri “visivi” ed il relativo parametro strumentale.

Infatti, misure prossimali eseguite in parallelo ad acquisizioni ed analisi di immagini sono state portate avanti dal DiCEM-UNIBAS per valutare lo stato idrico della pianta attraverso l’analisi delle componenti del colore della foglia o della variazione dell’angolo tra la lamina ed il peduncolo fogliare (Figure 7 e 8). Questa attività è stata portata avanti presso il centro di ricerca Metapontum Agrobios dell’ALSIA. Tali sperimentazioni erano propedeutiche all’acquisizione di immagini ottenute con camere RGB (spettro dei colori del visibile) o NIR (spettro del vicino infrarosso) montate su drone o su satellite (Figura 7). Esse permetteranno di avere, nello spazio e nel tempo, un quadro evolutivo dello stato dei vigneti applicabile nello studio della variabilità della fertilità (sensu latu) del suolo e nelle tecniche di agricoltura di precisione.

Sequestri e rilasci di CO2 del vigneto

La sostenibilità ambientale della vitivinicoltura non può prescindere dalla conoscenza relativa al ciclo dell’acqua e a quello del carbonio di un vigneto. Attraverso tecniche micrometeorologiche e di bilancio di massa il progetto focalizzerà l’impronta idrica e di carbonio dell’ecosistema vigneto. A questo scopo, è stata installata ed è operativa una stazione Eddy-Covariance (ve ne sono pochissime in tutta Italia in sistemi arborei, vedi Figura 9) in grado di fornire in continuo la misura degli scambi di anidride carbonica e acqua tra vigneto ed atmosfera. In abbinamento con misure puntuali di respirazione del suolo e della crescita delle piante sarà possibile tracciare un completo bilancio della CO2 e dell’H2O emessa o assorbita dal vigneto (Figura 9). Lo studio di tali dinamiche potrà indicare possibili deviazioni dai valori tipici dei processi fotosintetici e traspirativi delle piante ed indirizzare verso una corretta gestione della chioma, della disponibilità idrica e nutritiva delle piante, ed una accurata valutazione dell’impronta del carbonio da poter utilizzare nelle politiche di marketing del vino.

Portinnesti della vite

Attraverso misure di co-finanziamento di una azienda del Consorzio Qui Vulture e dell’Università della Basilicata, Dipartimento delle Culture Europee e del Mediterraneo (DiCEM) nel 2019 e nel 2020 è stato messo a dimora un vigneto non irriguo in località Cerentino di Maschito atto a verificare le performances vegetative e riproduttive dell’Aglianico innestato su diversi portinnesti.

La scelta del portinnesto è decisiva ai fini del successo anche imprenditoriale del vigneto potendo regolare le competizioni tra i diversi organi della pianta. Inoltre, una volta messo a dimora non può essere sostituito.

Sono stati messi a confronto i seguenti portinnesti: M1, M2, M3, M4, SO4, 420A, 1103 P, 779 P, 110 R, 34 E.M. e Kober 5BB. Ogni portinnesto è rappresentato da circa 700 ceppi (Figura 10).

Alcuni dei risultati preliminari relativi al secondo anno d’impianto con le piante ancora in fase di allevamento confermano il 1103P come portinnesto maggiormente vigoroso rispetto all’M2, M3 ed M4 e con il minor rapporto tra il peso dei grappoli rispetto al materiale di potatura (Tabella 1).

Tabella 1. Alcuni descrittori delle performances produttive e vegetative dell’Aglianico innestato su alcuni portinnesti. I dati si riferiscono ad un vigneto al secondo anno dall’impianto, lettere diverse indicano differenze statisticamente significative.

Portinnesto

Grappoli (n./ceppo)

Peso grappolo (g)

Produzione (g/ceppo)

Peso medio tralcio (g)

Peso materiale potatura (g/ceppo)

Ravaz (g/g)

1103 P

13.8

147.7

1992.3

93.5 a

416.8 a

4.5 b

420 A

14.1

160.3

2163.4

65.3 bc

368.9 abc

7.9 ab

M1

12.3

163.2

2059.3

84.5 ab

384.3 ab

6.9 ab

M2

13.2

162.8

2199.7

64.1 bc

295.4 bc

9.7 ab

M3

12.5

120.4

1510.6

44.0 c

191.6 d

10.0 a

M4

11.3

154.8

1739.7

68.7 bc

273.5 cd

8.2 ab

SO4

11.8

175.1

2017.6

72.2 abc

283.3 abc

8.8 ab

 

Biodiversità del vigneto

Una maggiore sostenibilità ambientale nella gestione del vigneto deve puntare all’incremento della biodiversità quale prerequisito per la salubrità dell’ecosistema e l’incremento della resilienza verso organismi dannosi. È tendenza comune pensare che tale fine possa essere raggiunto soprattutto creando aree rifugio per insetti utili (funzione di habitat), realizzando siepi o aree non coltivate a margine dei campi. Tali interventi, di tipo strutturale, sono erroneamente visti come ulteriori tare improduttive da parte dei viticoltori, i quali guardano con più attenzione all’incremento della biodiversità “in vigneto”, favorito da una diversa gestione del suolo e una difesa più razionale dai parassiti.

Incremento della biodiversità “in vigneto”

Esperienze ENEA prese in considerazione riguardano l’inerbimento spontaneo inverno-primaverile, dove ai benefici già noti di protezione del suolo si aggiunge l’influenza positiva sugli insetti utili. Difatti, soprattutto in ambienti meridionali, parte della flora spontanea fiorisce già in inverno (calendula, alcune crucifere, ecc.) offrendo risorse alimentari ad adulti svernanti di predatori che si alimentano anche di nettare e polline (Crisopidi, Orius spp., ecc.) (Figura 11). Inoltre, a fine inverno-primavera, la flora spontanea ospita prede alternative (es. afidi) fornendo sussistenza ai nemici naturali all’interno dei vigneti. In alternativa, i nemici naturali devono lentamente “ricolonizzare” il vigneto durante la stagione vegetativa, migrando dalle aree circostanti. Campionamenti sottocorticali eseguiti in vigneti con diversa gestione fitosanitaria (biologica e integrata) e del suolo (lavorato e con inerbimento invernale) hanno evidenziato, a fine inverno, una maggiore densità di artropodi (insetti e ragni) in vigneti a conduzione biologica. Tale differenza è risultata significativa soprattutto per i due gruppi funzionali costituiti da artropodi “erbivori” e “nemici naturali”. Indipendentemente dal tipo di gestione (biologica o integrata), la presenza di erba influenza positivamente la catena trofica. In vigneti in cui la flora spontanea è presente per tutto l’anno ed è gestita solo con trinciature è stata osservata una più ricca complessità di artropodofauna svernante. In vigneti con suolo solitamente lavorato in primavera-estate, ma con presenza di flora spontanea dall’autunno ad inizio primavera, i predatori Stafilinidi caratterizzano l’artropodofauna svernante sotto la corteccia. In vigneti con suolo lavorato tutto l’anno risultano associate solo le forficule, capaci di attività predatoria ma dal regime alimentare onnivoro. In conclusione, i risultati evidenziano come la presenza di flora spontanea (gestita con trinciature) durante tutto l’anno favorisca il mantenimento in vigneto di una ricca e complessa biodiversità di artropodi svernanti, sia che trattasi di vigneti a conduzione biologica che integrata. Il trasferimento di tali risultati deve prevedere il confronto con i viticoltori, per riflettere insieme sui limiti applicativi e le necessarie accortezze da adottare in particolari ambienti meridionali, nonché alla luce dei cambiamenti climatici. Difatti, la presenza della flora spontanea solo nel periodo invernale, potrebbe rappresentare già una soluzione ottimale per limitare la competizione idrica tra flora infestante e vite e contemporaneamente favorire la permanenza dei nemici naturali in vigneto.

Difesa più razionale dalla Tignoletta della vite

L’applicazione dei principi di lotta integrata (o Integrated Pest Management - IPM) al controllo della Tignoletta della vite si è evoluta, nel tempo, con l’introduzione limiti normativi sempre più stringenti ma anche con la disponibilità di nuove molecole più selettive, insetticidi di origine microbiologica e tecniche di confusione/distrazione sessuale. Un’indagine è stata condotta nel 2021 per acquisire elementi sullo stato di evoluzione delle strategie di lotta adottate dai viticoltori lucani e il livello di soddisfazione dei risultati raggiunti.

L’indagine, realizzata da ENEA tramite un questionario, ha rilevato che la lotta alla Tignoletta della vite è spesso condotta con strategie miste (insetticidi chimici, di origine biologica e confusione sessuale). Difatti nel 75% dei casi sono stati utilizzati insetticidi chimici e spesso anche in presenza della confusione sessuale (applicata sul 50% dei vigneti oggetto di indagine); solo il 25% degli intervistati ha fatto ricorso anche ad insetticidi di origine biologica. La maggiore tempestività d’intervento e l’ottimale posizionamento del trattamento insetticida (specie se ad azione ovicida) sono alla base del bisogno d’informazioni, attestato dalle risposte multiple relative ai fattori alla base decisionale. Tutte le aziende installano trappole per il monitoraggio dei voli (Figura 12) e il 75% segue i bollettini fitosanitari. L’esperienza personale, le indicazioni di tecnici e il campionamento delle uova sui grappoli rivestono comunque un ruolo importante (ognuna con il 50% delle risposte) nella decisione al trattamento. Infine, nessuna delle aziende intervistate si avvale di modelli previsionali. Nel giudizio sull’efficienza del controllo di Tignoletta, anche se positivo, prevale la ricerca di risultati migliori. Da tale esigenza traspare la necessità di migliorare ulteriormente le fasi precedenti, in quanto influenzanti l’ottimizzazione della difesa.

In conclusione, i risultati dell’indagine evidenziano una dinamicità delle aziende viticole lucane nell’adottare strategie di lotta alla Tignoletta della vite. La ricerca di migliori risultati nel controllo del fitofago, l’uso diffuso delle trappole per il monitoraggio e la necessità di dati locali in “tempo reale” sono elementi che predispongono a valutazioni per l’implementazione futura di un sistema di “monitoraggio partecipativo alla Tignoletta della vite” sulla piattaforma WEB-GIS del progetto PRO.S.IT.

 

Cantina

Banca di lieviti vinari

Il miglioramento della redditività del comparto vitivinicolo passa anche dal miglioramento delle strutture e dei servizi relativi alla fase di vinificazione. Le attività riguardanti l’allestimento di una banca di lieviti vinari autoctoni della Basilicata sono iniziate lo scorso anno con la raccolta dei dati di caratteristiche enologiche di lieviti precedentemente isolati in aree e varietà diverse della regione. A beneficio dei trasformatori lucani, è stata predisposta una scheda specifica, comprendente l’indicazione del comportamento di ceppo per parametri enologici caratterizzanti, quali la performance fermentativa, il profilo aromatico, e caratteristiche peculiari, come la capacità di condurre la fermentazione con basse dosi di solfiti (Figura 13).

 Lieviti appartenenti alla collezione SAFE-UNIBAS sono stati saggiati in fermentazioni su scala pilota in Primitivo e Aglianico del Vulture. Per la prova in Primitivo, le prove sono state condotte in tre cantine dell’area della DOC MATERA, inoculando 3 lieviti indigeni selezionati (uno per ciascuna cantina), precedentemente isolati da uve raccolte da vigne delle 3 cantine. In ogni cantina sono state condotte due prove: una con il ceppo indigeno (specifico della cantina) e una con un ceppo commerciale (comune alle 3 cantine). Inoltre, uno dei ceppi scelti ha dimostrato di essere capace di ridurre il contenuto di rame del vino. I risultati ottenuti hanno dimostrato che i lieviti indigeni erano in grado di condurre in maniera efficiente il processo fermentativo; inoltre, i vini sperimentali ottenuti sono stati analizzati dal punto di vista sensoriale da consumatori abituali di vino ai quali è stato chiesto di esprimere una votazione in termini di gradimento del prodotto “vino” e per quasi tutti è stata mostrata una preferenza verso vini ottenuti dal ceppo commerciale (Grafico 1).

Grafico 1. Indice di gradimento dei vini ottenuti su scala pilota nelle tre diverse cantine (P, B, M) utilizzando il ceppo commerciale (C) in confronto ai ceppi Indigeni (I1, I2, I3) di ciascuna cantina

 

 Nella prova condotta in Aglianico del Vulture, presso un’azienda nell’area della DOC, ceppi di lievito indigeni sono stati testati in due prove parallele (con e senza aggiunta di solfiti). Lo starter impiegato ha dimostrato di essere in grado di condurre efficientemente il processo fermentativo anche senza aggiunta di solfiti, portando all’ottenimento di un vino caratterizzato non solo da buona qualità organolettica, ma anche in possesso di caratteristiche che potremmo definire “funzionali”, a seguito dell’elevato contenuto di polifenoli e attività antiossidante (Grafico 2). Sebbene la completa eliminazione della SO2 non sia possibile, questo approccio rappresenta una valida strategia biotecnologica per produrre vini a ridotto contenuto di solfiti.

Grafico 2. Contenuto di polifenoli totali e attività antiossidante nei vini prodotti su scala pilota con una coltura starter adeguatamente selezionata, con e senza aggiunta di SO2.


 I risultati ottenuti mostrano che i lieviti indigeni rappresentano una valida alternativa ai lieviti commerciali e costituiscono un utile strumento per i produttori interessati alla differenziazione dei propri prodotti. Inoltre, possono rappresentare un valido strumento che, associato all’uso di uve di buona qualità fitosanitaria e alla corretta gestione del processo fermentativo, può portare alla produzione di vini che sono in grado di soddisfare le richieste dei consumatori, sempre più attenti all’aspetto salutistico degli alimenti. I lieviti conservati presso la Scuola SAFE, diversi dagli starter commerciali usati comunemente dalle aziende, rappresentano un patrimonio rappresentativo della biodiversità della Basilicata, a disposizione dei produttori locali come strumento per il rilancio delle produzioni locali, utile per immettere sul mercato prodotti nuovi e di qualità.

 

Valorizzazione delle proprietà nutraceutiche di vini lucani

La filiera del progetto PROSIT si conclude con le attività del DIS-UNIBAS che ha valutato l’attività antinfiammatoria del vino Aglianico del Vulture. Presso il Dipartimento di Scienze dell’Università degli Studi della Basilicata, il processo estrattivo è stato condotto mediante l’utilizzo del rotavapor al fine di preservare il contenuto fenolico. Sull’estratto così ottenuto è stata effettuata un’analisi quantitativa mediante spettrometria di massa, in collaborazione con l’Università degli Studi di Salerno, che ha messo in evidenza la presenza di diversi composti fenolici, quali quercetina, resveratrolo, acido caffeico e acido p-cumarico.

 L’attività antinfiammatoria dell’estratto di vino Aglianico del Vulture è stata valutata su monociti primari umani. Dopo aver isolato le cellule mononucleate, con l’utilizzo di biglie magnetiche opportunamente marcate, sono stati estratti i monociti primari.

Presso il DiS-UNIBAS, è stato innanzitutto accertato che l’estratto di vino rosso non inducesse citotossicità; a tal fine le cellule sono state trattate con concentrazioni crescenti di estratto e con differenti metodologie ed è stata accertata la totale assenza di tossicità fino alla concentrazione di 800 µg/ml.

La classica metodologia sperimentale ha previsto il trattamento dei monociti primari con diverse concentrazioni di estratto contestualmente all’induzione della risposta infiammatoria. Tali cellule sono state poi utilizzate per valutare i livelli di diversi mediatori chimici dell’infiammazione. Considerato l’elevato contenuto fenolico, in particolar modo di resveratrolo, e quindi il potenziale potere antiossidante dell’estratto, è stato valutato il suo effetto sulle specie reattive dell’ossigeno (ROS) e sull’ossido nitrico (NO), prodotti in eccesso sia in caso di stress ossidativo che di infiammazione cronica. E’ risultato che l’estratto è in grado di ridurre i livelli di ROS e NO in maniera dose-dipendente.

Inoltre, in collaborazione con l’Institute of Immunology della Medical University of Vienna sono stati misurati molteplici parametri legati alla risposta infiammatoria e all’immunità innata osservando un effetto di riduzione dei livelli delle principali citochine pro-infiammatorie.

 

Conclusioni

Le attività avviate nell’ambito del progetto PRO.S.IT. porteranno ai viticoltori della Basilicata conoscenze operative e strumenti interpretativi dello stato della coltura, del processo fermentativo e delle qualità nutraceutiche dei vini che potranno essere utilizzate per ottenere una riduzione dei costi di produzione, migliorare aspetti ambientali e sociali delle popolazioni locali. Nel breve periodo (1-2 anni dall'introduzione dell'innovazione) gli effetti saranno maggiormente legati ad un aumento della produttività ottenuta per un maggior risparmio di fattori produttivi (minore uso di fertilizzanti, prodotti fitosanitari, ecc.) ed un aumento della qualità delle uve e una maggiore tipicità dei vini (accoppiamento delle uve con ceppi di lieviti vinari). Nel medio periodo (3-4 anni dall'introduzione dell'innovazione) accanto ai miglioramenti economico-produttivi inizieranno a prodursi anche miglioramenti sul piano ambientale (maggiore consapevolezza delle risorse a disposizione, nuove strategie produttive, minore inquinamento) e sul piano sociale (maggiore propensione delle aziende viti-vinicole ad investire e di giovani agricoltori ad entrare all'interno delle produzioni viti-vinicole di qualità certificata). Nel lungo periodo (oltre 4 anni) i miglioramenti ambientali e sociali si rafforzeranno ulteriormente anche in aree non ricadenti nelle attuali delimitazioni DOC E DOCG. Infatti, la possibilità di ottenere una accurata delimitazione delle aree vocate potrà, a livello di Consorzio, aumentare il numero delle aree DOC oppure differenziare all'interno delle attuali DOC ulteriori DOCG, mentre, a livello aziendale potrà portare a differenziare vigneti "Cru" e "Gran Cru". Tali vigneti potranno ulteriormente tipicizzare le produzioni enologiche, mediante l'uso di lieviti vinari di origine indigena, e collocarsi in fasce più alte di mercato.

Galleria immagini

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Agrifoglio n. 111 -  

Temi
ProSIT
Autori
Vitale  Nuzzo

Università della Basilicata, DiCEM, Matera

Maria Lanfredi

CNR-IMAA, Tito Scalo (PZ)

Francesco Izzi

GeoSDI, CNR-IMAA, Tito Scalo (PZ)

Ferdinando  Baldacchino

ENEA-TRISAIA, Rotondella (MT)

Angela  Capece

Università della Basilicata, SAFE, Potenza

Vittoria  Infantino

Università della Basilicata, DiS, Potenza

Antonio  Santagata

CNR-ISM, Tito Scalo (PZ)

Le donne vittime di violenza e stalking attraverso il numero verde 1522, promosso dalla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per le pari opportunità, attivo 24 ore su 24 e accessibile da tutto il territorio nazionale, possono chiedere aiuto e sostegno nonché ricevere informazioni. L'assistenza telefonica consente un graduale avvicinamento ai servizi con assoluta garanzia di anonimato.
Il Comitato Unico di Garanzia dell' ALSIA