Birra gluten free, un progetto dell'UNIBAS
Nonostante i punti di debolezza legati alle normative e ai costi, l'uso di cereali alternativi all’orzo presenta prospettive di grande interesse commerciale
Data:15 Apr 2021
Nazarena Cela - Dottorato in Scienze Agrarie, Forestali e degli Alimenti.
Grazie alla messa a punto di birre “gluten free” anche i soggetti con problematiche correlate all’ingestione di glutine (ad esemio: intolleranza, celiachia) possono provare il piacere di bere una delle bevande più antiche e diffuse al mondo.
Il mercato dei prodotti “senza glutine” è in continua crescita: si stima che nel periodo compreso tra il 2020 e 2027 il suo valore aumenterà con un tasso composto di crescita annuale (Compound Annual Growth Rate o CAGR) del 9,2%, dovuto sia all’aumento dell’incidenza di casi di celiachia ma anche alla crescente curiosità da parte dei consumatori nel testare nuovi prodotti o nel seguire stili di vita particolari (Grand View Research, 2020).
Ci sono diverse malattie correlate all’ingestione di glutine, ciascuna con una patogenesi diversa. Tra le più conosciute, ma non la più diffusa, vi è la celiachia la cui prevalenza a livello mondiale è stimata intorno all’1% della popolazione. I soggetti affetti da celiachia sono costretti a seguire una dieta priva di glutine, evitando alimenti e bevande che lo contengono, ovvero prodotti a base di frumento, segale, orzo, avena o loro varietà incrociate. L’avena può essere utilizzata nella dieta senza glutine solo se appartiene ad una delle varietà testata come non tossica (es. Avena sativa L. OF720) e se il produttore certifica che lungo tutto il processo produttivo non c’è stata contaminazione con altri cereali contenenti glutine.
Birra e glutine
La birra, essendo ottenuta principalmente da malto d’orzo, rientra tra le bevande non adatte ad un regime di dieta “senza glutine”. Eppure, durante il processo di birrificazione si assiste ad un decremento del contenuto di glutine, ad esempio durante la fase di germinazione dei grani, in fase di ammostamento, bollitura, durante la fermentazione ed in particolar modo in seguito alla formazione di complessi proteine-polifenoli, allontanati successivamente con filtrazione o processi di chiarificazione.
Nonostante ciò, il contenuto di glutine della birra finita rimane nella maggior parte dei casi > 20 ppm, ovvero superiore alla soglia limite fissata dal Codex Alimentarius per poter definire un prodotto “senza glutine”. Negli ultimi anni, dunque, sono state messe a punto nuove strategie per la produzione di birre “gluten-free” (GF), in modo da poter andare incontro alle richieste di quei consumatori con particolari esigenze alimentari.
Approcci per la produzione di birre senza glutine
Diversi sono gli approcci per la produzione di birre senza glutine, ed i relativi punti di forza e di debolezza sono schematizzati in Tabella 1.
Tabella 1. Approcci per la produzione di birra senza glutine: punti di forza e di debolezza
Approccio |
Punto di forza |
Punto di debolezza |
Uso di cereali o pseudocereali GF |
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Trattamenti enzimatici |
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Trattamenti di precipitazione |
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Uso di materie prime non derivanti da cereali |
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Tecniche di ingegneria genetica |
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La strategia più utilizzata prevede trattamenti di deglutinizzazione mediante l’utilizzo di enzimi. Tra questi, quelli che hanno dimostrato maggiore efficacia sono le prolilendopeptidasi estratte dal fungo Aspergillus niger (AN-PEP), in quanto riescono a degradare in maniera specifica la molecola di glutine, tagliando i peptidi nella parte laterale carbossilica del residuo di prolina. Questi enzimi vengono aggiunti all’inizio della fase di fermentazione e diversi studi hanno dimostrato che il loro utilizzo, anche in quantità molto basse (circa 2,5 g/hL), può per ridurre il contenuto di glutine al di sotto del valore limite di 20 ppm. La birra ottenuta mediante questo trattamento non ha caratteristiche sensoriali significativamente diverse dalla birra tradizionale, eccetto per una diminuizione della stabilità della schiuma. I prodotti ottenuti mediante questo trattamento vengono definiti birre “gluten-removed”.
Utilizzo di cereali e pseudocereali GF in birrificazione
L’altra strategia utilizzata è l’impiego in birrificazione di materie prime naturalmente prive di glutine. Tra quelle più utilizzate troviamo: riso e mais (molto usati per il loro basso costo), sorgo e miglio (utilizzati in Africa per la produzione delle tradizionali “birre opache”), teff, grano saraceno, quinoa e amaranto (questi ultimi tre appartengono alla categoria degli “pseudocereali”). La principale problematica relativa all’utilizzo di questi cereali/pseudocereali in birrificazione è la loro elevata temperatura di gelatinizzazione. Infatti, affinchè l’amido venga scisso in zuccheri fermentescibili, sarebbe necessario raggiungere temperature al di sopra del range di temperatura ottimale degli enzimi amilolitici che agiscono in fase di ammostamento, ovvero α-amilasi (Topt= 70-72 °C) e β-amilasi (Topt=60-65 °C). Inoltre, queste materie prime hanno un pool enzimatico insufficiente per poter essere usati individualmente in birrificazione, non in combinazione con malto d’orzo. Un’altra problematica relativa l’utilizzo di cereali alternativi all’orzo sono le note sensoriali che conferiscono al prodotto finale; infatti, se usati in percentuali elevate potrebbero essere percepite note inusuali rispetto alla birra tradizionale.
L’ottimizzazione e la messa a punto del processo di produzione di birre gluten-free è l’obiettivo di uno dei progetti del XXXV Ciclo di Dottorato in Scienze e Tecnologie Agrarie, Forestali e degli Alimenti dell’Università degli Studi della Basilicata. Le attività in corso stanno puntando alla valutazione dell’attitudine alla birrificazione di alcuni cereali e pseudocereali GF tra cui: sorgo, miglio, grano saraceno, quinoa e amaranto (Figura 1). Le prime produzioni sono state condotte nei laboratori dell’Unibas mediante un impianto sperimentale di capacità di 10 L, seguendo la ricetta base fornita dal “Birrificio 79”, partner di questo progetto di Dottorato Industriale. La ricetta è stata modificata utilizzando singolarmente le materie prime precedentemente citate, nella misura massima del 40% calcolato sull’estratto secco del mosto, nel rispetto di quanto previsto dalla legislazione italiana sulla birra (Legge 16 agosto 1962, n. 1354). Infatti, qualora venissero utilizzati esclusivamente cereali alternativi all’orzo, il prodotto finale non potrebbe essere definito “birra” ma “bevanda fermentata a base di…”.
Queste materie prime sono state aggiunte direttamente in fase di ammostamento, previa macinazione, sia in forma non maltata che in seguito ad una fase di pre-gelatinizzazione, avvenuta in un “mash cooker” separato. In questo modo, sarà valutata l’influenza della fase di gelatinizzazione sull’attitudine alla birrificazione di questi cereali/pseudocereali. La fase successiva del progetto prevederà la messa a punto della ricetta per la produzione di un prodotto con idonee caratteristiche tecnologiche e sensoriali e, soprattutto, con un contenuto in glutine inferiore ai 20 ppm.
In conclusione, questo studio potrebbe ampliare le conoscenze relative all’uso in birrificazione di cereali alternativi all’orzo e mettere sul mercato un prodotto che possa incuriosire i consumatori e andare incontro alle esigenze dei soggetti affetti da celiachia, in modo che anch’essi possano degustare in sicurezza questa piacevole bevanda.