La "cimice assassina" ormai anche in Basilicata, fra luci e ombre

Zelus renardii è un predatore polifago esotico, ma occorre ancora monitorare i suoi effetti sugli agroecosistemi prima dell'allevamento massale
didascalia.

Zelus renardii nell’atto di predare un Panorpidae in condizioni di cattività.

Data:Tue Aug 25 16:55:51 CEST 2020

Zelus renardii Kolenati (Hemiptera: Reduviidae) appartiene a un gruppo di cimici predatrici comunemente conosciute come “cimici assassine”. Questo Reduvide, nativo del Nord e centro America (Weirauch et al. 2012), a differenza delle altre specie dello stesso genere, la cui distribuzione geografica rimane confinata al continente americano, ha dimostrato nel tempo un notevole potenziale di dispersione. L’elevata tendenza a colonizzare nuove aree è probabilmente legata alla sua preferenza per gli ambienti frequentati dall’uomo (campi coltivati e parchi cittadini) e alla sua adattabilità a condizioni climatiche diverse. A dimostrazione di questa elevata capacità di dispersione, Z. renardii già nel 1897 era segnalata nelle Hawaii. Nel 1986, questa specie si era diffusa nell’area del Pacifico e nelle Filippine e, a partire dal 2001, in Cile. Nel 2010, Z. renardii è stato segnalata in Grecia (Davranoglou 2011) e in Spagna (Weirauch et al. 2012). Nel 2013 questa specie è stata ritrovata a Roma, primo rinvenimento per l’Italia (Pinzari et al. 2018).

In Basilicata le prime segnalazioni risalgono alla fine del 2018, in due aziende del comune di Policoro (Zona Torre Mozza e Pantano Sottano): nella prima è presente un agrumeto condotto con metodo biologico e con gravi problemi, sino alla primavera del 2019, di elevata popolazione di Dialeurodes citri; nella seconda, non biologica, è presente una piccola area naturaliforme. In queste stesse aree, ma soprattutto nell’azienda biologica, già nell’estate 2019, Z. renardii è stato osservata e catturato su myagawa e clementino. Alla fine dell’estate, aggregazioni costituite da numerosi individui sono state osservate in ripari all’interno di abitazioni e magazzini all’interno delle due aziende di cui sopra. Nello stesso periodo Z. renardii è stato segnalata in altri comuni dell’arco jonico.

Le specie del genere Zelus si comportano da predatori non specializzati, e svolgono la loro attività sia su piante erbacee che arboree, raggiungendo talvolta densità elevate (Ables 1978). Hanno la particolarità di produrre, mediante ghiandole dermali nelle zampe anteriori, una sostanza collante che favorisce la cattura della preda e l’aderenza al substrato.

Accertare quale sia il ruolo ecologico di Z. renardii  e il suo contributo nel controllo biologico delle specie dannose alle colture agrarie non è semplice. Le prove di predazione in ambiente confinato non forniscono informazioni immediatamente trasferibili in campo. Per esempio in laboratorio Z. renardii  mangia le uova di nottuidi. Tuttavia è molto probabile che in campo preferisca prede mobili. Infatti la strategia di predazione è simile a quella delle mantidi, caratterizzata dall’appostamento e attesa della preda (Hagler, 2000).  L’osservazione diretta della predazione in campo è rara. Una determinazione indiretta delle prede è stata fatta in alcuni casi mediante esame del contenuto intestinale. In laboratorio Z. renardii preda anche Philaenus spumarius, specie vettrice del batterio Xylella fastidiosa negli oliveti. Questa osservazione  ha fatto ipotizzare l’utilizzo della cimice assassina per il controllo della sputacchina.

L’elevata polifagia di Z. renardii determina l’inclusione di specie entomofaghe tra le sue prede. Tale attività predatoria nei confronti di specie utili, talvolta documentata fotograficamente, è stata dimostrata nei confronti di Crisoperla carnea mediante l’analisi molecolare del contenuto intestinale di individui del predatore catturati in campo. L’attività predatoria nei confronti di predatori e parassitoidi è tuttavia difficile da quantificare. Per questo motivo non è chiaro se prevalga la benefica attività di contenimento delle specie fitofaghe o se, questa specie, possa alterare in maniera negativa equilibri biologici pre-esistenti (Cisneros e Rosenheim, 1997), determinando il riemergere di alcune specie dannose. È possibile che gli effetti siano diversi in agroecosistemi diversi.

Come altri reduvidi, Z. renardii può avere un comportamento fitofago, come dimostrato da prove di laboratorio (Stoner et al. 1975) e dalla presenza di enzimi che digeriscono l’amido ( amilasi) nella saliva (Torres e Boyd 2009). Tuttavia questa specie non è in grado di completare lo sviluppo giovanile in assenza di prede, e non sono segnalati danni associati alla fitofagia.

Occasionalmente le cimici assassine possono pungere l’uomo. Si tratta di un comportamento difensivo messo in atto quando l’insetto si sente minacciato (in tal caso emette un segnale odoroso simile a quello della Nezara viridula L.) o costretto al contatto con la pelle, quando ad esempio viene raccolto accidentalmente con la biancheria asciugata all’aria aperta o entra all’interno di calze e scarpe.  La puntura è molto dolorosa e provoca edema (Pereira dos Santos et al., 2019). Il rischio di puntura aumenta in caso di aggregazioni di individui che si rifugiano nelle abitazioni per svernare.

Come per qualunque specie invasiva, fino a che la biologia e l’ecologia di Z. renardii nell’area di nuova introduzione non è compresa, l’impatto sulla fauna e la flora nativa rimane sconosciuto. Per questo motivo la specie dovrebbe essere monitorata. Inoltre l’allevamento massale e l’incremento artificiale delle popolazioni, come è stato ipotizzato per il controllo di P. spumarius, non appare prudente.

 

La bibliografia citata potrà essere richiesta direttamente agli autori.

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Agrifoglio n. 98 -  

Temi
SeDI
Autori
Donatella Battaglia

Università degli Studi della Basilicata, Scuola di Scienze Agrarie, Forestali, Alimentari e Ambientali (SAFE)

Giuseppe Mele

funzionario ALSIA

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