Focus

I borghi rurali della Riforma fondiaria in Basilicata

Urbanistica e architetture "moderne" alla prova della contemporaneità
didascalia.

Archivio ALSIA.

Data:31 Jan 2022

La storia dei borghi rurali e i territori di fondazione degli anni Cinquanta/Settanta in Basilicata sono un prezioso punto di partenza per una rilettura del mancato sviluppo di certe aree del Mezzogiorno e delle trasformazioni intervenute nel tempo. Tale rilettura è utile al fine di promuovere, nella contemporaneità, una possibile rinascita di questi luoghi in via di spopolamento.

Terminata la seconda guerra mondiale la costruzione di nuovi borghi rurali di fondazione in Italia è stata occasione di sperimentazione della modernità urbanistica ed architettonica. Grazie ai finanziamenti del Piano Marshall (1947) e alla conseguente Riforma agraria, il Governo italiano si è impegnato attivamente per una redistribuzione ai coloni delle terre dei latifondi improduttivi, incolti o abbandonati (legge n. 841 del 1950).

La realizzazione di una nuova colonizzazione aveva come obiettivi una certa ‘equità sociale’ dei piccoli proprietari e dei braccianti agricoli, il tentativo di raggiungere una maggiore produttività e una migliore redditività del lavoro. La redistribuzione dei fondi agricoli prevedeva una riorganizzazione dei territori con la nascita di nuovi borghi rurali con un impianto urbanistico e architetture di qualità, le cui matrici progettuali traevano spunto dall’architettura tradizionale, reinterpretate secondo il linguaggio del ‘Moderno’.

È da ricordare che nel ‘Mezzogiorno’ l’architettura e una certa urbanistica riferibile al Movimento Moderno si erano espresse con notevole ritardo. Nonostante ciò, grazie alle realizzazioni di insigni progettisti dell’epoca attivi in Basilicata (tra questi: Luigi Agati, Luisa Anversa, Carlo Aymonino, Giancarlo De Carlo, Marcello Fabbri, Mario Fiorentino, Federico Gorio, Pier Maria Lugli, Piero Moroni, Plinio Marconi, Luigi Piccinato, Ludovico Quaroni, Ettore Stella, Michele Valori) questa regione è diventata negli anni della ricostruzione post-bellica un territorio prolifico per le sperimentazioni architettoniche ed urbanistiche, con la realizzazione di borgate rurali, di insediamenti sparsi e quartieri di case popolari. Si elaborarono nuove forme di insediamento, parallelamente ad una rifondazione dell’infrastrutturazione del territorio necessaria per incrementare la produttività, con le grandi opere di ingegneria civile per risolvere i problemi idrogeologici, irrigui e viabilistici. Sono sorti così numerosi borghi rurali sia nella provincia di Matera, che in quella di Potenza. Nel materano tra i più importanti si annoverano: Serramarina e Metaponto a Bernalda, Borgata Taccone (figure 1 e 2) e S. Maria d’Irsi a Irsina, Macchia a Ferrandina, La Martella e Venusio a Matera, Pianelle a Montescaglioso, Policoro nell’omonimo paese, Calle a Tricarico, Scanzano a Scanzano Jonico, Gannano a Stigliano e Caprarico a Tursi. Nel potentino invece si hanno: Masi e Piano del Conte ad Avigliano, San Cataldo e Sant’Antonio Casalini a Bella, Gaudiano a Lavello, Leonessa a Melfi e Boreano a Venosa. 

I nuovi nuclei insediativi dovevano contemplare gli edifici necessari all’organizzazione civile e sociale della popolazione: erano presenti la chiesa, gli edifici pubblici (la caserma dei carabinieri, l’ufficio postale, la sede della delegazione comunale, l’ambulatorio con abitazione del medico), quelli per l’istruzione (la scuola elementare e quella materna con i relativi alloggi per gli insegnanti), quelli destinati alle attività ludiche (il teatro, il circolo sociale, la trattoria), i negozi per generi di prima necessità, le case per gli artigiani e quelle rurali per i contadini (a schiera, a gruppi o isolate, con l’allevamento zootecnico presso l’abitazione) che possedevano poderi entro un raggio di 3 km dal borgo.

Nei borghi della Riforma agraria, per quanto riguarda l’architettura, generalmente venivano adottati modelli architettonici ‘standards’ che, in fase di esecuzione, erano spesso modificati dalle maestranze locali che li conformavano alle loro conoscenze costruttive, usando, oltre ai nuovi materiali, anche quelli disponibili nel territorio regionale. Tuttavia, a questa prassi progettuale comune adottata dai tecnici della Riforma agraria, si affiancarono anche realizzazioni di professionisti del tempo che si cimentarono nella sperimentazione di nuove espressioni architettoniche, interpretando liberamente il linguaggio locale adattandolo alle nuove e moderne funzioni degli edifici.

Con la Riforma agraria in Basilicata furono espropriati più di 75.000 ettari di terreno, con una distribuzione ai coloni di circa 12.000 poderi. L’assegnazione di case coloniche e dei terreni non sortirono, però, gli esiti sperati e la Riforma, sotto alcuni punti di vista, si dimostrò un fallimento. Infatti, l’isolamento dei poderi, la limitata o mancata costruzione di infrastrutture e opere per l’irrigazione, la mediocre qualità delle terre di molti territori espropriati, determinarono ben presto l’abbandono dei fondi assegnati con la conseguente emigrazione, che lasciò le case coloniche e i borghi rurali dimenticati nell’oblio.

La criticità dello spopolamento, però, oggi può essere vista paradossalmente come una peculiarità; questi nuclei, infatti, una volta abbandonati non hanno subito particolari variabili detrattive e nessun conflitto di interessi latenti in merito ad un mercato immobiliare. Si consideri che attualmente l’intero patrimonio (tranne poche proprietà private) è afferente ad un unico ente pubblico proprietario: l’Agenzia Lucana di Sviluppo e di Innovazione in Agricoltura, (ALSIA). Per garantire un futuro a questi borghi, è oggi necessaria e quanto mai improrogabile una istanza di tutela. A tale proposito, è bene ricordare che il patrimonio immobiliare costruito in Basilicata nel segno della cultura architettonica del Movimento Moderno, sia nelle sue rappresentazioni più iconiche che in quelle più comuni del costruito diffuso, è da riconoscersi quale ‘opera di architettura contemporanea’ secondo il Decreto Legislativo del 22 gennaio 2004, n. 42, “Codice dei beni culturali e del paesaggio”, in quanto “ […] opera di autore non più vivente e la cui esecuzione risale ad oltre settanta anni”. Questo significa che i numerosi borghi rurali della Riforma possono essere, o lo saranno a breve, oggetto di azioni di vincolo e piani di tutela.

A queste azioni dovrà seguire necessariamente il recupero di questi nuclei insediativi, spesso in una situazione di degrado o abbandono. Diviene così fondamentale la predisposizione di ‘Linee Guida’ ad hoc, che tengano conto dei loro caratteri materici e architettonici, allo scopo di fornire una solida base per i corretti interventi di conservazione che ne garantiscano la permanenza, a cui affiancare progetti di riuso che tengano conto degli adeguamenti necessari a soddisfare i nuovi bisogni della contemporaneità, senza intaccare il carattere identitario di questo patrimonio.

Infine, considerando che tale patrimonio è inserito in una realtà sociale, culturale ed economica in continua evoluzione, fondamentale risulta essere non solo la tutela e conservazione in sé e per sé, ma stabilire strategie di gestione che garantiscano, rispettando la continuità tra passato e futuro, la possibilità di uno sviluppo durevole. Risulta quindi necessario affiancare alla tutela e conservazione dei borghi della Riforma agraria, la predisposizione di politiche di valorizzazione che attivino anche la filiera della cultura e del turismo. In questa ottica l’interazione dello sviluppo economico tra il settore agricolo e quello turistico potrà svolgere un ruolo importante. Unitamente all’economia rurale e all’ospitalità, il turismo culturale slow può coniugare la promozione delle narrazioni di questi luoghi della Riforma agraria, contribuendo alla difesa dell’identità e dell’autenticità del ‘genius loci’, ridefinendone il ruolo come fulcro di un sistema territoriale che connetta e valorizzi tutte le risorse, innescando un ciclo virtuoso e produttivo per le realtà locali, per incrementare una maggiore qualità della vita nel territorio, nell’ottica di uno lo sviluppo sostenibile.

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  • 2° Meeting annuale ALSIA - Matera, 2-3 dicembre 2021. SESSIONE III: Giornata della ruralità

Agrifoglio n. 107 -  

Temi
Riforma Fondiaria
Autori
Susanna Bortolotto

Politecnico di Milano, Dipartimento di Architettura e Studi Urbani

Maria Cristina Palo

Politecnico di Milano, Dipartimento di Architettura e Studi Urbani

Le donne vittime di violenza e stalking attraverso il numero verde 1522, promosso dalla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per le pari opportunità, attivo 24 ore su 24 e accessibile da tutto il territorio nazionale, possono chiedere aiuto e sostegno nonché ricevere informazioni. L'assistenza telefonica consente un graduale avvicinamento ai servizi con assoluta garanzia di anonimato.
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