L’avvento della TV nella Riforma fondiaria: l’altro “colpo di ariete” all’isolamento
La psicologa Lidia De Rita, scomparsa nel 2014, studiò gli effetti psicologici prodotti dalla televisione sui contadini di Macchia di Ferrandina
Data:26 Oct 2020
All'interno della rivoluzione operata dalla Riforma fondiaria ci fu l'innesto di un profondo cambiamento sociale e culturale dei nuclei abitativi delle borgate. Parte di questo cambiamento venne provocato dalla "televisione", un “elettrodomestico” che si dimostrò un potente canale di comunicazione culturale e sociale. Così come influì su tutta la popolazione italiana dalla fine degli anni ’50 in poi, a maggior ragione ebbe un effetto straordinario sui contadini lucani, ancora relegati in quel periodo ad una bassa scolarizzazione e a una condizione di isolamento. A registrare gli effetti della tv su un campione di assegnatari fu la psicologa Lidia De Rita, che li descrisse nel libro “I contadini e la televisione”. Un’indagine che si svolse a Macchia di Ferrandina (MT) e che oggi può dirsi un cimelio degli studi antropologici di quel periodo, e una preziosa testimonianza di costume dell’epoca della Riforma fondiaria.
Guardare oggi a ciò che accadde 70 anni fa nelle campagne lucane interessate dall'azione della Riforma Fondiaria suscita stupore ed interesse, soprattutto se si approfondisce quale risvolto sociale e culturale ebbe la Riforma sui nuclei abitativi delle borgate. Oltre al progresso agricolo ed economico, ci fu una rivoluzione anche nello stile di vita. Ogni borgata potè contare su un’organizzazione che potremmo chiamare dopolavoristica, che organizzava momenti di intrattenimento e di svago per le comunità. Non mancarono anche esperienze legate allo sport, ad esempio, con l'organizzazione di tornei di calcio, pallavolo, bocce, ciclismo, che coinvolse sia uomini, che donne e bambini, come fedelmente riportato in alcuni brevi articoli del mensile “Vita contadina”.
Ma più di tutte l'esperienza positivamente più sconvolgente fu l'impatto con la "televisione". Nei circoli di diverse borgate l’arrivo dell'apparecchio tv innescò una rivoluzione nelle mentalità dei contadini. Una testimonianza preziosa a riguardo è l'indagine antropologica svolta dalla psicologa barese Lidia De Rita, ordinario di psicologia all’Università di Bari, scomparsa nel 2014.
La De Rita osservò sul campo, nella borgata di Macchia di Ferrandina, gli effetti psicologici e i cambiamenti culturali prodotti dalla televisione sui contadini, interagendo direttamente con loro durante e dopo la visione delle trasmissioni. Fu per questo appellata “la signorina della televisione” e ricordata con affetto per la discrezione con cui andava nelle case degli assegnatari accompagnata dall’assistente sociale della borgata.
I risultati di questa ricerca, svolta dal febbraio al settembre del 1959 e commissionata dalla RAI all’Istituto di Psicologia dell’Università di Bari, furono pubblicati nel libro “I contadini e la televisione. Indagine su un gruppo di contadini lucani” edito da Il Mulino nel 1964. L'indagine rientrava nel programma del gruppo di lavoro coordinato dal sociologo Friedrich Friedman, che in quegli anni studiava la Basilicata attraverso varie discipline.
Anche se l'anno di nascita della televisione italiana fu il 1954, la rete di ripetitori fu completata solo nel ’56. Nel borgo di Macchia di Ferrandina, in particolare, l'apparecchio tv fu donato agli assegnatari da Decio Scardaccione, direttore dell’Ente Riforma, e installato in un salone nel Centro della borgata. Da allora questa “intrusa” portò scompiglio, ma anche diffidenza, mista a curiosità e allegria. Da una parte c’era chi non aveva mai visto neanche il cinema, quindi la reazione fu sostanzialmente quella dei primi spettatori dei fratelli Lumière davanti alle immagini in movimento. Poi ci fu l'impatto legato alla mentalità dei contadini, sempre chiusi davanti alle occasioni di svago, soprattutto quelle non istituzionali, come feste civili o religiose. A questo si aggiunse il fatto che “andare alla tv” comportava anche un certo impegno: per vederla si dovevano pagare 10 lire, si doveva andare a prendere il posto, specie per le trasmissioni più seguite, e per alcuni si doveva percorrere anche parecchia strada a piedi per raggiungere la “sala tv”. Gli spettacoli terminavano tardi e il giorno dopo ci si doveva svegliare all’alba per andare nei campi; alcuni avrebbero dovuto lasciare mogli e bimbi da soli a casa. Chi si concedeva quindi questo svago? Dalle annotazioni della De Rita si evince che solo il 66% del gruppo esaminato (i contadini di origine ferrandinese) aveva partecipato agli spettacoli; di questi, i più assidui erano i giovani tra i 12 e i 23 anni, per lo più maschi, perché alle donne, specie se non accompagnate, non era concesso “andare alla tv”.
Ma cosa preferivano guardare i contadini? Ovviamente preferivano contenuti semplici e non impegnativi, per poter passare “un’ora contenta”. Si divertivano davanti ai varietà, agli spettacoli canori o al massimo ai romanzi sceneggiati. Telegiornali, film o programmi educativi li indisponevano, perché più difficili da comprendere. Vi era la difficoltà di capire la lingua italiana, perché il più della metà degli abitanti di Macchia era analfabeta o semi analfabeta; poco più del 22% aveva la terza o la quarta elementare, il restante aveva raggiunto la quinta. In un primo momento, l’arrivo della tv fece credere che il livello di istruzione sarebbe cresciuto, migliorando nei contadini la capacità di esprimersi. Invece l’effetto iniziale fu esattamente il contrario: i contadini capivano solo il dialetto e ascoltare dei programmi in perfetta lingua italiana non solo li metteva in ansia o creava disapprovazione ma, anche per i più volenterosi, significava non riuscire a capire i contenuti e quindi li disertavano. Eppure si trattava finalmente della grande opportunità di farsi un'opinione sulle vicende politiche e sociali del Paese, ma un po’ per ignoranza, un po’ per diffidenza, quando la ricercatrice affrontava quest’argomento, i contadini rispondevano “noi non facciamo politica”.
La tv sortì due tipi di azioni modificatrici. La prima fu un’azione meccanica, nel senso stretto della parola, in quanto la presenza del televisore spinse i contadini a recarsi nella sala tv, aumentando le loro occasioni di incontro e di scambio d’opinioni. Infatti proprio a Macchia la ricercatrice notò inizialmente un certo senso di dispersione: mancava l'aspetto del vicinato, della “prossimità” come era nei Sassi di Matera, poiché la case e gli abitanti erano distanti tra loro. La seconda azione fu prettamente psicologica e influì sull’emotività e la capacità di esternare le proprie sensazioni, come davanti alle trame degli sceneggiati per esempio, che venivano evitati in favore di programmi che turbassero meno. Ma anche davanti al semplice Carosello non mancò il confronto tra generazioni – anziani vs giovani – o tra uomini e donne, che innescò a volte anche lo scontro specie su quelle novità legate agli stili di vita che mettevano in discussione la tradizione.
Fin qui la cronaca della ricerca. Ma nel 2005 sui numeri 8 e 9 di Agrifoglio fu raccolta in un'intervista la diretta testimonianza della professoressa De Rita. Gli argomenti a microfono aperto riguardarono diverse curiosità sul suo impatto di ricercatrice in quel contesto rurale di Macchia e poi un approfondimento sulla figura dell'educatore all’ascolto della televisione consigliata dall’autrice nel libro. Questa proposta delineava una guida per i contadini alla comprensione delle trasmissioni e magari un incentivo a seguire i programmi di alfabetizzazione e di corsi sull’agricoltura. “All’epoca espressi questa opinione – rispose la De Rita – perché mi sembrava che con un educatore i contadini avrebbero potuto partecipare più attivamente alle notizie date in tv e accelerare così l’uscita dalla loro condizione di isolamento. Ma ora, col senno di poi, ritengo che la televisione non avrebbe comunque potuto da sola e in poco tempo avviare quel cambiamento, cambiamento che doveva avere dei tempi lunghi e non poteva prescindere dal processo di scolarizzazione delle nuove generazioni”.
Infine l'intervista si concluse con il commento della ricercatrice sul connubio, o se vogliamo, sull’interazione tra il processo della Riforma fondiaria e l’azione della televisione sulla socialità dei contadini: “Sicuramente hanno entrambe inciso in modo parallelo, conseguendo un effetto di responsabilizzazione sui contadini: la Riforma perché li ha trasformati da braccianti in proprietari terrieri, quindi in lavoratori autonomi; la televisione perché ha innescato in loro la voglia di emergere, di cambiare, e di inseguire la modernità vista nei programmi”. Questo binomio ha influito moltissimo, infatti, ad accelerare il processo di modernizzazione del nostro mondo rurale, portando direttamente in loco ciò che i contadini avrebbero altrimenti conosciuto soltanto emigrando.