Il recupero della biodiversità viticola della Basilicata
Tre progetti e 8 anni di attività sul campo: individuate e conservate moltissime accessioni di varietà locali e di vitigni autoctoni minori
Data:17 Sep 2020
Già dal 2005 è stato avviato, in Basilicata, un piano di recupero sistematico della biodiversità viticola delle principali varietà locali e dei vitigni autoctoni minori. La ricerca, avviata in questo settore dal CREA VE di Turi (BA) e poi supportata e finanziata dall’ALSIA, è stata orientata all’individuazione e allo studio dei migliori biotipi di vitigni locali più importanti o in grado di assicurare un rilevante miglioramento della produzione locale.
Applicando tecniche tradizionali (ampelografiche e ampelometriche) e di recente introduzione (indagini biomolecolari, dal 1996), è stato possibile ampliare le conoscenze sulla identità varietale del patrimonio genetico della regione, raggiungendo anche l’importante obiettivo della conservazione ex situ del germoplasma viticolo con la costituzione di collezioni colturali presso aziende sperimentali di proprietà del CREA VE (località Lama Rossa, Turi-BA) e dell’ALSIA (azienda “Bosco Galdo” a Villa d’Agri, e azienda “Pollino” a Rotonda). Dal 2014 la ricerca si è ulteriormente ampliata con la partecipazione del CNR ISPC di Potenza, offrendo dal punto vista storico e archeologico un contributo alla storia territoriale dei vitigni e del vino in Basilicata, dove attraverso l’analisi comparativa archeologica e biologico molecolare i legami tra viticoltura e cultura della vite nei secoli sono direttamente messi in relazione con i ritrovati vegetali (vitigni autoctoni e/o minori locali).
La mappa concettuale dell’intero progetto, coordinato dall’ALSIA con i partners, è riassunta di seguito:
I principali progetti di recupero e valorizzazione del germoplasma viticolo realizzati negli anni sono riconducibili a:
- DIVERSIVIT: Progetto di recupero e valorizzazione della biodiversità nell’ambito del territorio del G.A.L. “La Cittadella del Sapere” Periodo attività: 2014-2015;
- BASVIT: “Valorizzazione e tutela del paesaggio vitivinicolo e recupero della biodiversità nell’ambito del territorio G.A.L. Alto Basento-Camastra” – P.S.L. ‘Il Sole anche di notte!’ Periodo attività: 2014-2015;
- BASIVIN_SUD: Recupero e valorizzazione delle principali varietà locali e dei vitigni autoctoni minori in Basilicata” Periodo attività: 2008-2014.
I territori esplorati e le accessioni individuate, per un totale di 644, sono riassunti di seguito:
Le fasi del lavoro, cosi come riassunte nella mappa concettuale dell’intero progetto, sono così riassumibili:
- Caratterizzazione varietale: fenotipizzazione e genotipizzazione - Con caratterizzazione fenotipica mediante descrittori primari e secondari, individuando sinonimie (nomi differenti per la stessa varietà) e Omonimie (Stesso nome per varietà differenti);
- Determinazione dei profili molecolari:
- L’estrazione del DNA delle accessioni oggetto di studio è stata effettuata da giovani foglie con il QIAGEN DNAasy® Plant Mini Kit, seguendo il protocollo dell’azienda produttrice;
- Amplificazione del DNA di vite con i primers specifici per ciascuno dei 9 marcatori SSR (PCR): VVS2, VVMD5, VVMD7, VVMD27, VrZAG62, VrZAG79 (This et al., 2004), VVMD28, VVMD25 e VVMD32 (Bowers et al., 1999);
- Analisi degli amplificati al sequenziatore a 8 capillari Beckman Coulter CEQ 8000, per determinare la lunghezza degli alleli dei singoli SSR;
- Caratterizzazione varietale, confronto con database (Italia vinis database, Vitis, Registro nazionale delle varietà di vite):
Accessioni recuperate |
2.448/5.837 |
Accessioni identificate con SSR |
2.180/5.123 |
Genotipi in collezione al CREA-VE di Turi (BA) |
620/3.367 |
Genotipi in collezione all’ALSIA |
Vitigni Portinnesti: 71 Vitigni ad Uva da Tavola: 90 Vitigni ad Uva da Vino: 459 |
- Contributo all’ampliamento della base ampelografica - Miglioramento qualitativo: tipicità e unicità; sanità del materiale di moltiplicazione (selezione clonale);
- Microvinificazioni delle accessioni più significative e prove di degustazioni con esperti e sommelier effettuate in diversi anni che hanno portato ad individuare sette antichi (nuovi) vitigni;
- Prova agronomica triennale sui vitigni individuati per l’iscrizione al registro varietale;
- Iscrizione all’Elenco delle liste varietali nazionali con Decreto 23 maggio 2019 (G.U. n 132 del 7/6/2019) di sette varietà:
- Aglianico bianco B.
Nel nome, intorno ai secoli XV-XVI, porta il riconoscimento di qualità dato nelle campagne lucane e campane ad un vitigno di pregio, che geneticamente non è un Aglianico. L’omonimia con la ben più nota varietà nera sottolinea caratteri di rusticità e resistenza notati e selezionati con cura nel momento di massima diffusione sul mercato europeo dei vini bianchi nel consumo sia ordinario sia da occasione, da cui la grande diversificazione dei Trebbiani. Le fasi fenologiche sono adeguate ad un clima ancora temperato caldo ma in evoluzione e la tradizione viticola lucana la pone tra le ‘Uve bianche antiche’, sottolineandone una distanza temporale ancora in corso di definizione. A una prima verifica intorno al 1881 risulta molto coltivata a Matera ma è l’ultima di una serie di tappe seguite prima della definitiva marginalizzazione. In precedenza si riscontra laddove l’Aglianico ha trovato luoghi adeguati allo sviluppo (Melfi e Lagonegro), lungo quella viabilità fondamentale di impianto romano (Appia e Annia-Popilia) che dal I secolo d. C. ne era stata il principale vettore fin nel cuore della Lucania antica.
Areale di reperimento: Val d’Agri, Alto Basento-Camastra, Tanagro.
Nome vernacolare: Aglianico bianco, Uva bianca antica.
-
Iusana B.
Presenta doppia denominazione Guisana/Jusana, la prima formalmente e semanticamente assunta intorno ai secoli X-XI come vocabolo greco adottato per descrivere l’aspetto dei grappoli. La seconda compare poco dopo e come corrispettivo in territorio longobardo.
Areale di reperimento: Val d’Agri.
Nome vernacolare: Jusana, Zimellone bianco.
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Malvasia ad acino piccolo B.
Areale di reperimento: Val d’Agri, Tanagro.
Nome vernacolare: Malvasia ad acino piccolo, Corinto bianco, Uva bianca antica.
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886 - Giosana B.
Formalmente e semanticamente assume intorno ai secoli XVI-XVII (Basivin_Sud, p. 83, 145-146) una quasi omonimia con la Jusana, mantenendo nell’identità un vocabolo di origine greca adottato molto probabilmente per descrivere l’aspetto dei grappoli. La parola, tipica della cultura medievale appenninica, rimanda ai contatti mantenuti sulla dorsale montuosa peninsulare grazie alla transumanza ma l’età è più recente, avendo quasi perduto quei connotati che l’avrebbero meglio ricollegata alla sua lingua matrice. La corrispondenza formale sottolinea lo sforzo compiuto dai viticoltori, come per il Pecorino, nella selezione di piante adeguate a resistere ad ambienti particolari. L’areale di distribuzione, nell’entroterra montano della Basilicata tra il Pierfaone, il Volturino e la catena della Maddalena, unitamente alla precocità ne sottolinea la relazione storica con ambienti rigidi, indipendentemente dalle quote relative. Areale di reperimento: Val d’Agri; Tanagro (biotipo). Nome vernacolare: Jusana.
-
898 - Santa Sofia B. (D.D.R. n. 109 del 27.06.2019)
La varietà, in passato confusa con il Fiano, si caratterizza nel pieno Medioevo (secoli XI-XII) adattando e modificando lievemente le fasi fenologiche alle temperature medie stagionali più miti della nuova fase climatica che interessa l’emisfero boreale. In particolare esprime il rapporto culturale ed il collegamento diretto con l’area Beneventana, in ambito culturale locale misto, longobardo e bizantino, mantenutosi nelle zone interne anche sotto la dominazione normanna. Dalle zone interne dell’Irpinia, di cui è caratteristica, si propaga in Basilicata seguendo alcune delle direttrici già percorse da altri vitigni (ad esempio l’Aglianico). I tratturi nei quali si sono nuovamente trasformate strade in precedenza di grande importanza (le vie Appia ed Herculia con i diverticoli per il territorio venosino e la valle del Tanagro) la diffondono nel settore occidentale della regione e il favore accordatole in età sveva pone il territorio di Lagopesole quasi al centro della passata e attuale distribuzione del vitigno nel territorio.
Areale di reperimento: Vulture; Alto Basento-Camastra; Zona del Tanagro; Parco nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni; Capitanata.
Nome vernacolare: Santa Sofia; Colatamurro bianco, Passolara, Uva salese bianca; Tuccanese moscio.
- 882 - Colatamurro N.
Rappresenta efficacemente per i secoli XIV-XV i contatti esistenti con le campagne pugliesi, nel frequente scambio con il Nero di Troia, e aiuta a mettere in luce il livello culturale dei territori di confine apulo-lucani. Il momento è quello della penetrazione dell’Aglianico come varietà riconosciuta e distinta dal punto di vista della composizione di vini rossi corposi, da consumo ordinario e da occasione. La riduzione della percentuale di tannini, ottenuta con l’aggiunta di questa e di altre varietà minori, li rende più gradevoli al gusto e meno astringenti. La produzione, collocabile al momento fin dall’età angioina, prosegue nei secoli successivi e solo tardivamente, sulla scia forse di echi Risorgimentali, sarà ricondotta alla volontà di un esponente della casa sabauda.
Areale di reperimento: Vulture, Alto Basento-Camastra (PZ), Tanagro (SA).
Nome vernacolare di ritrovamento: Colatamurro.
- 893 – Plavina N.
Originario della Croazia settentrionale; dalla letteratura risulta figlio di Primitivo e Dobričić con rimando alla circolazione adriatica prima della colonizzazione greca.
Areale di ritrovamento: Loc. Casano – Maschito (PZ), Moliterno (PZ), Tito (PZ) ma largamente diffuso in tutta la Basilicata.
Nome vernacolare di ritrovamento: Malvasia, Malva, Nera di Baragiano.
Cosa resta da fare nell’ambito del progetto
- Iscrizione delle sette varietà già iscritte al “Registro nazionale” al “Elenco delle varietà idonee della Regione Basilicata”;
- Moltiplicazione e produzione nei vivai locali e nazionali di piante dei nuovi vitigni iscritti;
- Realizzazione di vigneti nelle aziende agricole interessate.
Conclusioni
“L’auspicio è che la biodiversità rimanga nelle mani degli agricoltori, sia perché sono stati i pionieri della selezione delle piante e i primi coltivatori, sia perché è solo attraverso una saggia gestione della biodiversità che gli agricoltori possono garantire la sicurezza alimentare in tempi di disordine climatico.” (Cit. Angelo Caputo – CREA).