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Decifrato il genoma della fillossera della vite

Probabile l'individuazione di bersagli per la lotta biologica all'insetto tra i 2.700 geni unici scoperti, che esprimono molecole attive durante l’alimentazione
didascalia.

Foglia di vite con galle contenenti gli stadi giovanili dell'insetto.

Data:Fri Sep 11 10:03:21 CEST 2020

Un consorzio internazionale di 74 ricercatori appartenenti ad oltre 40 centri di ricerca di eccellenza ha recentemente disvelato la sequenza del genoma della fillossera della vite (BMC Biology), l’insetto tristemente famoso per aver distrutto i vigneti europei con un’infestazione su larga scala occorsa alla fine del XIX secolo.

L’introduzione accidentale dell’insetto in Francia, avvenuta intorno al 1860 probabilmente attraverso l’importazione di materiali di moltiplicazione di Vitis dall’America del Nord, ha dato inizio ad una delle più dannose epidemie globali mai osservate in agricoltura, che ha letteralmente spazzato via i vigneti in molte parti del mondo. Purtroppo ci sono voluti diversi anni prima di identificare la fillossera come agente causale della malattia, periodo in cui l’insetto ha potuto diffondersi indisturbato.

Il primo ritrovamento della fillossera in Europa risale al 1863, quando il professor Westwood, dell’Università di Oxford, osservò alcune galle sulle foglie di una vite allevata in una serra di Hammersmith, nei pressi di Londra. Sempre nel 1863 fu documentato un primo deperimento delle vigne nel Sud della Francia, nel Dipartimento del Gard. Erano i primi segnali della strana “malattia” che portava le viti alla morte e che iniziò ad abbattersi sulle vigne del Sud del Francia per poi propagarsi in altre zone vinicole del mondo intero. In Italia alcuni deperimenti nella vegetazione delle viti erano stati individuati fin dal 1875 nelle vicinanze di Lecco, ma solo nel 1879 venne accertata la presenza dell'insetto nei dintorni di Valmadrera (Como) e di Agrate (Milano). Alla fine del secolo l'infestazione era stata accertata in oltre 900 comuni, interessando più di 350.000 ettari di superficie. Nel 1931 la fillossera era stata rilevata in 89 delle 92 provincie italiane, con esclusione soltanto di Frosinone, Rieti e Napoli.

La fillossera (figura 1), il cui nome scientifico è Daktulosphaira vitifoliae (Fitch), è un minuscolo insetto simile agli afidi, che si distingue da quest’ultimi per alcune caratteristiche peculiari: è oviparo in tutte le sue fasi, si alimenta su cellule parenchimatiche e non presenta batteri endosimbiontici obbligati.

Figura 1. Galla in sezione con adulto e uova di fillossera

 

Un'ulteriore caratteristica alla base della sua dannosità è di poter vivere sia sottoterra nutrendosi dalle radici, sia nella parte aerea nutrendosi dalle foglie. Mentre in America si è osservato che la fillossera attaccava soprattutto l’apparato fogliare, con la formazione delle caratteristiche galle, in Europa l’insetto prediligeva le radici, causando lesioni che al contempo riducono la funzionalità radicale e consentono ad altri patogeni di penetrare nei tessuti. Sono stati i danni all’apparato radicale la causa della devastazione dei vigneti nel continente Europeo, che ha condotto alla definizione di “piaga della fillossera”.

La viticoltura mondiale fu in grado di sopravvivere grazie alla scoperta che alcuni vitigni americani, co-evoluti negli areali in cui l’insetto era presente, mostravano marcate caratteristiche di resistenza alla fillossera. Alcuni genotipi di vite americana furono successivamente impiegati come portainnesti, che sviluppano un apparato radicale resistente, per la produzione di barbatelle a due componenti, con l’innesto di varietà europee in grado di preservare le caratteristiche qualitative dei grappoli. Da quel momento la viticoltura cambiò in modo radicale (è il caso di dire!), e per oltre 150 anni essa ha potuto avvantaggiarsi dell’uso di portainnesti resistenti alla fillossera.

Purtroppo, negli ultimi anni sono stati segnalati, con crescente preoccupazione, numerosi attacchi di fillossera su vite in molte parti d’Europa, ed in Italia soprattutto in Abruzzo. La fillossera, in contesti europei, sembra aver recuperato la capacità, osservata fino a qualche tempo fa solo in ambienti americani, di attaccare in modo evidente l’apparato fogliare. Un’evoluzione adattativa particolarmente pericolosa, legata probabilmente ai cambiamenti climatici ed alla pressione selettiva esercitata sull’insetto attraverso le radici resistenti. Ciò non deve sorprendere: i patogeni ed i fitofagi evolvono e si adattano alle condizioni ambientali e 150 anni sono un tempo più che sufficiente affinché la fillossera possa essersi adattata alle condizioni ambientali. E’ per questo che è assolutamente necessario progredire con le conoscenze e con la ricerca scientifica, uniche risorse per garantire lo sviluppo di nuove strategie di lotta che devono necessariamente stare al passo.

In questo scenario ben si intuisce l’importanza dello studio del genoma di D. vitifoliae, che fornisce conoscenze fondamentali per comprendere a fondo le relazioni tra insetto e pianta ospite, utili per individuare nuovi bersagli e difendere la vite da questo terribile insetto. Tra le curiosità, la ricerca ha confermato l’origine nord americana della fillossera e la sua successiva diffusione in Europa attraverso la Francia, primo Paese ad aver importato materiale infestato.

Uno degli aspetti più intriganti emersi dallo studio è che la fillossera ha evoluto un’espansione di circa 2.700 geni unici, che esprimono molecole con caratteristiche di “effettore”, ossia molecole alla base del sofisticato dialogo tra insetto e pianta, che sono attive durante l’alimentazione. E’ molto probabile che tra questi geni siano presenti i bersagli per efficaci strategie di lotta biologica e di miglioramento genetico della vite. Un ulteriore tassello nella conoscenza della D. vitifoliae che permette di guardare con fiducia al futuro del comparto viticolo in un contesto di forti cambiamenti climatici in cui si registrano nuovi attacchi di un insetto che si credeva, a torto, debellato.

 

Agrifoglio n. 99 - Settembre 2020

Temi
Autori
Francesco  Cellini

Dirigente Alsia, Area Ricerca e Servizi Avanzati

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