Dall'Hortus Conclusus agli oli essenziali, l’agricoltura come strumento di riscatto sociale
Il progetto di Associazione Officine Officinali APS e Casa Circondariale di Potenza per un modello di "carcere possibile"
Data:27 Jun 2022
L’idea è stata ispirata dal concetto di resilienza, che gli ingegneri e gli architetti riferiscono ai materiali che si piegano, si torcono, si deformano ma non si spezzano.
Si è pensato, da qualche anno, di poterlo estendere anche alle persone, intendendo la capacità di far fronte a eventi stressanti o traumatici e di riorganizzare in maniera positiva la propria vita. Una dote preziosa, che dipende sia dalle caratteristiche dell’individuo sia dal contesto sociale. Anche l’essere umano, quando è sottoposto a uno stress eccessivo o a un trauma, può spezzarsi, emotivamente e psicologicamente, ma non sempre accade. C’è chi resiste, si adatta e poi riprende a vivere: mi piego ma non mi spezzo, insomma.
Abbiamo fatto nostro questo concetto introducendolo nel nostro Sistema Penitenziario lucano attraverso una serie di iniziative per realizzare un progetto denominato “Prison Farm -l’arte di adattarsi” finalizzata alla costituzione di una rete regionale per l’economia carceraria tra realtà istituzionali, cooperazione sociale e soggetti imprenditoriali, nell’ambito del più vasto programma “Vale la Pena Lavorare#Two Road Prison Farm” che vede destinatari i cittadini adulti e minori in esecuzione penale nella regione Basilicata (Istituti Penitenziari di Potenza, Melfi e Matera).
Un approccio innovativo che mette al centro l’investimento sulla capacità di agire delle persone e si configura come una capacità di azione “in relazione”, inserita in un dato contesto sociale e ambientale attraverso la Co-Creazione di valori nelle relazioni generate come frutto di un sistema di condizioni contestuali che vengono stimolate da significativi e stabili processi di ascolto ed analisi del contesto di riferimento. Un Approccio Comunitario e Generativo in grado di promuovere l’inclusione sociale attraverso il benessere, le relazioni positive e lo sviluppo sociale della comunità nel suo insieme.
In questa logica, il primo dei progetti avviati ha trovato la sua realizzazione nella Casa Circondariale di Potenza capofila della rete menzionata, una scommessa fatta insieme agli operatori dell'Associazione Officine Officinali APS e al mondo della Cooperazione Sociale.
In quegli spazi ampi e silenziosi abbiamo immaginato un miracolo impossibile dove i colori, i profumi e le persone prendevano forma tra quello che è stato e quello che è oggi. Un progetto voluto dalla Direzione e condiviso dalle tante professionalità che lavorano quotidianamente nei contesti dell’esecuzione della pena, dagli operatori della Polizia Penitenziaria, al personale dell’area educativa e amministrativa.
“Abbiamo incontrato tutte le persone giuste, davvero tutte. Ognuno con il suo modo ha perseguito il miglioramento del contesto, che con l'incontro e lo scontro ha guidato un percorso che è stato avviato e ...che percorso! Tutte queste persone andrebbero menzionate, uno per uno e probabilmente non citeremmo qualcuno. Siamo sicuri che tutti quelli che hanno creduto in questa possibilità lo sanno e sanno di essere in questo elenco non scritto” è quanto hanno testimoniato gli operatori dell’Associazione Officine Officinali gestori dell’azione progettuale.
Ad oggi la Casa Circondariale di Potenza può rappresentare un modello di quel “carcere possibile” capace di coniugare gli elementi del trattamento con il benessere delle persone che lo vivono. Il primo passo è stato realizzare all’interno delle mura un “Hortus Conclusus” ispirati in questo dagli orti dei conventi, un orto botanico in cui mettere a dimora essenze e piante officinali in perfetta “sinergia” fra di loro. Chi lo ha visto lo racconta fuori, superando il pregiudizio e quell'idea di carcere che ci ha sempre accompagnati.
Il cancello chiuso, quello non può essere modificato, ma è anch'esso parte del racconto: lì dentro si cerca di riutilizzare tutto quello che può essere riutilizzato; è stato realizzato un impianto di compostaggio on farm per far tornare alla terra quello che altrimenti sarebbe un ingombro. Il cancello chiuso è il simbolo del tentativo di riutilizzare tutte le risorse che si trovano lì dentro, dai detenuti fino agli scarti delle piccole produzioni.
Inseguendo questa “visione” è nato il laboratorio degli oli essenziali e dei saponi artigianali, dove utilizzare le produzioni interne e trasformarle per poterle conservare: così la lavanda diventa un olio essenziale e la calendula un oleolito, la salvia un olio e la lippia un sapone.
Il recupero, la rigenerazione, il fare “nuove” le cose ma anche le persone umanizzando il tempo della detenzione, ci ha portati ad attivare il Laboratorio creativo degli Scartati: “C’era una volta una Ghetta”, “la Gazzetta Officinale” (Figura 1), “Al di là di una branda”, “la Serigrafia artigianale” tutto ciò che è “rotto dentro” prende nuova vita e assume una nuova funzione sia dentro che fuori.
Ed ecco cosa accade a chi ha avuto modo di conoscere da vicino il nostro mondo, ciò che immaginavano era diverso da quello che è veramente, scoprire quanta “bellezza” può esserci in un luogo che per pregiudizio contiene “bruttezza”, a partire dai “colori”, dal suo “profumo” e dall’umanità che ci vive (Figura 2).