L’adattabilità delle colture ai cambiamenti climatici  e le caratteristiche nutrizionali della pasta possono migliorare grazie alla diversità genetica delle antiche varietà locali di grano duro (landraces). Lo rivela uno studio pubblicato sulla rivista “Frontiers in Genetics” e realizzato dal CREA con il suo Centro Cerealicoltura e Colture Industriali , in collaborazione con Università Federico II di Napoli, Università degli Studi di Sassari,  Università “Aldo Moro” di Bari  e Università Politecnica delle Marche.

I ricercatori hanno recuperato e studiato i profili genetici di una collezione di varietà di grano duro, suddivisa in 3 gruppi: il primo costituito da vecchie popolazioni e varietà locali ; il secondo da vecchie cultivar, selezionate a partire dall’inizio del XX secolo e  il terzo da varietà moderne a taglia bassa, coltivate in Italia a partire dagli anni ‘70 fino ad oggi.

I risultati hanno evidenziato il ruolo chiave svolto dalla varietà Senatore Cappelli nella storia del grano duro italiano, segnando il passaggio dalle vecchie varietà locali, coltivate nell’800, alle varietà moderne. Il grano Senatore Cappelli , cereale versatile, viene utilizzato sia per la pasta, distinguibile per la lunga cottura e la farinosa consistenza che ben persiste al palato, sia e soprattutto per la panificazione, prodotto da forno che restituisce, a chi lo assaggia, sapori di un tempo.