Strategie di valorizzazione dei sottoprodotti dell’industria di trasformazione del pomodoro

Negli ultimi anni si punta sulle tecnologie environmental friendly per il recupero di composti bioattivi
didascalia.

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Data:05 Apr 2022

Lucia Sportiello Dottorato in Scienze Agrarie, Forestali e degli Alimenti.

L'articolo viene pubblicato nell'ambito della collaborazione avviata tra la rivista AGRIFOGLIO e la Scuola di Scienze Agrarie, Forestali, Alimentari e dell'Ambiente dell'Università della Basilicata.

La crescente attenzione verso le problematiche ambientali sta indirizzando le industrie alimentari verso l’applicazione di modelli di economia circolare, basati sull’utilizzo di tecnologie sicure, efficienti e sostenibili, da sfruttare per il recupero e la valorizzazione dei sottoprodotti.

L’industria di trasformazione del pomodoro è una delle realtà più rappresentative del settore alimentare italiano, con una produzione di poco superiore a 6 milioni di tonnellate (2021), che rende l'Italia il secondo Paese produttore al mondo dopo gli Stati Uniti. Nel Centro Sud, nel 2021 sono state trasformate 2,96 milioni di tonnellate di pomodoro, con un corposo aumento del 22,3% rispetto all’anno precedente. Tuttavia, una produzione tanto elevata comporta un’altresì ingente generazione di sottoprodotti – bucce, semi e frutti scartati, definiti comunemente cascami – corrispondenti a circa il 10-30% della massa in ingresso alle industrie di trasformazione. A seconda dei casi, i cascami vengono venduti o ceduti ad altre aziende o rimossi da ditte specializzate. Oltre al classico riutilizzo nell’alimentazione zootecnica, nelle realtà di medio-grande dimensione, da ormai diversi decenni, vengono attuate strategie che puntano ad una valorizzazione energetica dei cascami mediante la conversione in biogas, ottenendo delle rese più o meno ottimali, a seconda della tecnica impiegata per la trasformazione (Figura 1). 

Figura 1. Strategie per la valorizzazione dei sottoprodotti della trasformazione del pomodoro

 

I sottoprodotti dell’industria di trasformazione del pomodoro come fonte di bioenergia e composti bioattivi

La digestione anaerobica è indubbiamente la soluzione maggiormente perseguibile, la più efficiente e attualmente la più sfruttata per la riqualificazione di questa tipologia di sottoprodotti. La digestione anaerobica è un complesso processo biologico nel quale, in assenza di ossigeno, la sostanza organica viene trasformata in biogas, attraverso l'azione di diversi tipi di microrganismi specializzati. Il processo avviene all'interno di appositi "digestori", nei quali la biomassa introdotta viene demolita in percentuali variabili tra il 40 e il 60%. È stato dimostrato che la conversione di bucce, semi e pomodori scartati in biogas tramite digestione anaerobica consente di ridurre dell’8-15% l’impatto ambientale di questa industria di trasformazione, intervenendo su più fronti: da un lato viene ridotta sensibilmente la quantità degli scarti da smaltire e dall’altro si riduce il ricorso all’energia fossile.

Un’altra tecnologia che si sta diffondendo per la produzione di biocombustibili è la torrefazione, sia per l’efficienza energetica del processo che per i vantaggi ottenibili a livello qualitativo. A livello di processo, la torrefazione è un pretrattamento termico della biomassa solida eseguito in assenza di ossigeno, a pressione atmosferica e a temperature comprese tra 200 e 300°C. Le trasformazioni termochimiche a carico della biomassa di partenza comportano la produzione di composti volatili e una conseguente perdita di materia solida, che nel caso delle bucce di pomodoro può raggiungere valori pari al 26% del peso. In Italia si sta sempre più consolidando questo modello di “agrienergia”, soprattutto in considerazione delle grandi quantità di prodotto danneggiato che rimane nei campi e che determina la dispersione di metano in atmosfera, causando un’alterazione ambientale di circa 30 volte superiore all’anidride carbonica.

Oltre alla valorizzazione energetica della biomassa, le aziende alimentari stanno sviluppando strategie di valorizzazione dei sottoprodotti basate sul recupero di componenti bioattivi, anche grazie al crescente ruolo salutistico che sta assumendo il settore alimentare. Nel caso specifico, il pomodoro possiede composti ad elevato valore nutraceutico – fibra, olio di semi e licopene – il cui recupero è di grande interesse per le aziende farmaceutiche e alimentari che producono integratori e alimenti funzionali. In particolare, il licopene è presente in maggiore concentrazione nella buccia rispetto che nella polpa (110 mg/kg nella polpa e 540 mg/kg nell’epicarpo), caratteristica che rende ancor di più promettente il suo recupero dai sottoprodotti.

Le tecniche impiegate per l’estrazione di componenti bioattivi dai sottoprodotti sono molteplici (Figura 2) e nella maggior parte dei casi, molto dispendiose dal punto di vista economico, coinvolgendo diverse operazioni di pretrattamento della biomassa, di purificazione ed essicazione degli estratti e l’uso di notevoli quantità di solventi organici. Questi ultimi determinano anche un costo ambientale non poco rilevante, avendo caratteristiche di volatilità e tossicità e causando un considerevole inquinamento ambientale. Per questa ragione, negli ultimi anni, si sta puntando all’utilizzo di tecnologie environmental friendly, che applicano i principi della chimica verde e, in base allo scopo, consentono di ottenere risultati paragonabili alle tecnologie convenzionali.

Figura 2. Tecniche di estrazione dei componenti bioattivi dai sottoprodotti

 

L’estrazione del licopene da cascami è un’operazione che ha sviluppi economici interessanti e diverse realtà hanno già messo a punto tecniche sostenibili, che conciliano il concetto di economia circolare e di valorizzazione dei sottoprodotti con quello di sostenibilità del processo di estrazione.

Un esempio di tecnica green per l’estrazione di licopene dai cascami riguarda l’utilizzo di solventi eutettici profondi, una nuova classe di solventi verdi dalla grande versatilità applicativa. Il loro grande vantaggio è rappresentato dal fatto che possono essere preparati a partire da sostanze di origine naturale, perfettamente food grade, che non causano alcun tipo di inquinamento ambientale. Un gruppo di ricerca della Federal University of Goias, in Brasile, in collaborazione con dei ricercatori canadesi, ha proposto l'estrazione del licopene dai sottoprodotti della lavorazione del pomodoro utilizzando un solvente eutettico profondo idrofobo preparato con sostanze naturali, DL-mentolo ed acido lattico. I risultati ottenuti sono promettenti, ma evidenziano anche un uso elevato di solvente rispetto alla quantità di biomassa, parametro non auspicabile per lo scale-up. Infatti, la necessità di grandi quantità di solvente può essere un problema considerevole quando si gestiscono quantità significative di biomassa industriale, soprattutto se non è stato progettato un metodo per il riciclo del solvente. Questo sottolinea i limiti ancora esistenti nell’applicazione di questa tecnica green, ma i risultati ottenuti per diverse matrici alimentari dimostrano le potenzialità del loro sfruttamento, con efficienze di recupero paragonabili a quelle ottenibili con l’impiego di solventi tradizionali. 

La valorizzazione dei sottoprodotti dell’industria alimentare appare oggi un’esigenza da perseguire da parte delle aziende del settore. In merito all’industria italiana di trasformazione del pomodoro, è importante puntare sulla creazione di modelli innovativi di “filiere di qualità”, che valorizzino il “Made in Italy” e che abbiano come obiettivo non solo l’aumento delle rese quali-quantitative attraverso un ridotto utilizzo di risorse, ma anche la realizzazione di reti di scambio nel rispetto dei principi di sostenibilità. Il passaggio verso un’economia di tipo circolare richiede profondi cambiamenti strutturali e lo sviluppo di nuovi modelli di business e, pertanto, l’investimento nella ricerca e un intenso rapporto di collaborazione tra mondo scientifico e industria possono rappresentare le chiavi per ottenere questo cambiamento.

Agrifoglio n. 108 -  

Temi
Ricerca e Innovazione
Rubrica
agrinnova
Autori
Lucia Sportiello

Dottorato di Ricerca in Scienze Agrarie, Forestali ed Alimentari, Università della Basilicata

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