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Pollino, dati incoraggianti col terzo piano di controllo

Dal 2008, nel Parco nazionale sono stati abbattuti 13.000 capi. Verso un aumento dei centri di raccolta per controlli sanitari e avvio alla commercializzazione.
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Data:Tue Mar 31 12:58:00 CEST 2020

Come in altri paesi europei, anche in Italia, negli ultimi decenni, il cinghiale ha notevolmente ampliato il proprio areale, dimostrando una grande adattabilità alle condizioni ecologiche più varie. Se da un lato questa situazione ha consentito un arricchimento complessivo degli ecosistemi dall’altro ha causato una crescente interazione di questa specie con le attività umane. Ad oggi il problema dei danni alla biodiversità e alle coltivazioni, arrecati dai cinghiali, sta assumendo una rilevanza notevole.

Tra gli Ungulati italiani esso riveste un ruolo del tutto peculiare, sia per alcune intrinseche caratteristiche biologiche (si pensi ad esempio ai tassi potenziali di accrescimento delle popolazioni), sia perché è indubbiamente la specie più manipolata e quella che desta maggiori preoccupazioni per l’impatto negativo esercitato nei confronti di importanti attività economiche.

L’evoluzione recente della distribuzione geografica del cinghiale nel nostro Paese è stata caratterizzata da un andamento sorprendente, tanto per l’ampiezza dei nuovi territori conquistati quanto per la rapidità con cui il fenomeno si è verificato. Nel giro di una trentina d’anni infatti, l’areale si è più che quintuplicato, interessando interi settori geografici ove il cinghiale mancava da molti decenni, se non da secoli, creando di conseguenza un crescente interesse venatorio per la specie, con tutte le conseguenze dirette ed indotte che ciò comporta sul piano faunistico e gestionale.

Le cause che hanno favorito l'espansione e la crescita delle popolazioni sono legate a molteplici fattori sulla cui importanza relativa le opinioni non sono univoche. Tra questi, le immissioni a scopo venatorio, iniziate negli anni ‘50, hanno sicuramente giocato un ruolo fondamentale. Effettuati dapprima con cinghiali importati dall'estero, in un secondo tempo i rilasci sono proseguiti soprattutto con soggetti prodotti in cattività in allevamenti nazionali. Tali attività di allevamento e di immissione sono state condotte in maniera non programmata e senza tener conto dei principi basilari della pianificazione faunistica e della profilassi sanitaria e, attualmente, il fenomeno sembra interessare costantemente nuove aree con immissioni più o meno abusive (come testimonia la comparsa della specie in alcune aree dell'arco alpino dove l'immigrazione spontanea sembra evidentemente da escludersi).

Il cinghiale nel parco del Pollino

L’incremento della specie ha ovviamente riguardato anche il territorio del Parco Nazionale del Pollino. Sulla scorta delle esperienze maturate negli anni rispetto a quella che da tempo è considerata una vera “emergenza” e al fine di predisporre una serie di azioni sinergiche per ridurre l'impatto della presenza del cinghiale sulle produzioni del territorio, il Parco Nazionale del Pollino, già dai primi anni 2000, con l’approvazione del nuovo “Regolamento per l’indennizzo dei danni da fauna”, la cui precedente versione era comunque quasi contemporanea all’insediamento dell’Ente Gestore, ha attivato ed esercitato le competenze assegnate in materia di danni da fauna. Analogamente, a partire dal 2006, con l’approvazione del “Piano sperimentale di controllo del cinghiale”, si sono avviate le procedure, consentite dalla legge, per il controllo della specie.

Le attività messe in campo dal Parco per ridurre tutti gli effetti negativi determinati dalla presenza del cinghiale, hanno inoltre riguardato il finanziamento di interventi di prevenzione mirati a proteggere i terreni coltivati dalle incursioni degli ungulati.

Indennizzi

Premettendo che gli attuali risultati ottenuti sono comunque lontani dall’obiettivo prefissato di rendere minimo l'impatto del cinghiale sulle attività agricole del territorio, nel dettaglio, rispetto agli indennizzi, gli uffici dell’Ente hanno messo in piedi un sistema che attraverso il coinvolgimento del Reparto P.N. Pollino del Raggruppamento Carabinieri Parchi, mediamente, in circa tre mesi, acquisisce le istanze di indennizzo, effettuata il sopralluogo in contraddittorio, produce un verbale di accertamento, procede alla stima dei danni e liquida l’indennizzo spettante in osservanza a quanto previsto nello specifico regolamento vigente in materia.

Al fine di rendere trasparente l’intero procedimento, annualmente viene aggiornato e pubblicato il prezziario delle colture danneggiate e, attraverso il verbale di sopralluogo, vengono date ai danneggiati tutte le informazioni utili per conoscere esattamente l’entità del danno accertato. Ovviamente il territorio vasto del Parco e l’elevata attività agricola esercitata sullo stesso determinano annualmente un’ingente spesa per l’Ente, attestandosi mediamente ogni anno su valori medi di circa € 500.000 a risarcimento di circa 900 domande di indennizzo.

Prevenzione danni

Il Parco, considerato che nell'anno 2012, anche grazie agli effetti del nuovo regolamento, del documento tecnico e di una maggiore razionalizzazione dell'intero procedimento, registrò delle economie, decise di utilizzare tali somme per pubblicare un bando finalizzato alla concessione di un contributo per la "realizzazione di recinzioni atte a prevenire i danni da cinghiali e cervi nel territorio del parco". Il procedimento, avviato con la pubblicazione di uno specifico bando, ha portato all'individuazione di 64 ditte ammesse a finanziamento per un impegno complessivo di oltre € 570.000,00. Purtroppo il complesso percorso autorizzativo, previsto per questo tipo di intervento, ha messo in evidenza una serie di divergenze in termini di visione di tutela di ambiente e paesaggio, tra i vari enti competenti, che ha portato alla bocciatura di circa la metà dei progetti finanziati, soprattutto nel versante lucano del Parco, tanto da rendere l’intervento poco efficace rispetto agli obiettivi che si era prefissato.

Abbattimenti e catture

Allo scopo di diminuire i danni alla biodiversità e il “conflitto” con le attività produttive, l’Ente Parco dal 2008 sta attuando un Piano di controllo del cinghiale, che prevede tutte le misure consentite dalla legge per il controllo del numero di cinghiali: prelievo con arma da fuoco (appostamento fisso, cerca e girata), catture, interventi di prevenzione e attività di ricerca sul cinghiale. Ogni anno all’interno del parco fino al 2018 si sono prelevati circa 1400 cinghiali a fronte di una popolazione stimata tra 25.000 e 31.000 capi.

Da Gennaio 2019 è in corso il terzo piano di controllo che prevede l’utilizzo di 555 operatori di controllo equamente suddivisi nelle due regioni (Basilicata e Calabria). L’attività di controllo nel 2019 ha dato dei risultati molto superiori rispetto agli anni precedenti (in media 1400 abbattimenti in un anno), infatti a fine anno abbiamo poco meno di 3.500 abbattimenti (il 47% in Calabria ed il 53% in Basilicata), con un grande numero di abbattimenti tra le femmine e tra le classi di età entro un anno, che risultano essere gli animali obiettivo per diminuire la popolazione di questi ungulati. Questo risultato rappresenta la base per non far crescere la popolazione.

Grazie ad un finanziamento della Regione Basilicata, è previsto un bando per l’affidamento delle catture in vivo e gestione degli animali catturati (attività già prevista nel suddetto piano di controllo). Questo Ente è fortemente motivato ad implementare gli abbattimenti per avviare, al contempo, la sperimentazione di una filiera dell’utilizzo delle carni di cinghiale. A questo scopo, sempre grazie ad un finanziamento della Regione Basilicata, è intenzione di questo Ente predisporre e allestire adeguati centri di raccolta e di lavorazione delle carni ai sensi della Direttiva Comunitaria 853/2004. Le misure di controllo del cinghiale che l’Ente Parco ha attivato dal 2008 hanno portato all’abbattimento di circa 13.000 cinghiali. Per avere la possibilità di maggiori controlli sanitari e per avviare una quota degli animali abbattuti alla commercializzazione è intenzione di questo Ente la realizzazione di più centri di raccolta degli animali abbattuti.

Attività di studio

Oltre all’azione di controllo vera e propria il piano prevede delle attività di studio sulla specie. Negli scorsi anni si è proceduto a valutare il grado di ibridazione del cinghiale con il maiale domestico che è risultato molto limitato, infatti solo in due casi le percentuali di ibridazione sono risultate superiori al 10%. Nel 2016 si è analizzata la struttura della popolazione di cinghiali che appare ben equilibrata, a piramide regolare, la popolazione di cinghiale del Parco è caratterizzata da una percentuale di classi giovanili ampia, comprese tra il 50 e il 60 % con un presupposto di crescita e di espansione della popolazione senza interventi di limitazione. Dal 2017 si sta provando a capire quale possa essere l’impatto ecologico sugli ambienti nel Parco Nazionale del Pollino causati dal cinghiale, compito non banalmente realizzabile, e per fare ciò stiamo utilizzando come indicatore la Coturnice (Alectoris graeca). Dal 2015 in collaborazione con il Servizio Veterinario dell’ASP di Cosenza, Area funzionale” B” (Igiene degli alimenti di Origine animale), si stanno svolgendo una serie di indagini epidemiologiche, usando come matrici gli organi dei cinghiali abbattuti durante il Piano di Controllo. Sono state ricercate alcune malattie infettive trasmissibili all’uomo (brucellosi, trichinellosi, salmonellosi, epatite E), trasmissibili al suino (brucellosi, Aujesky, Malattia Vescicolare Suino, Peste Suina Classica, Sindrome Respiratoria e Riproduttiva del suino) o ad altre specie zootecniche. Allo stato attuale è emersa solo qualche positività per la malattia di Aujesky.

Agrifoglio n. 93 -  

Temi
Autori
Francesco  Rotondaro

responsabile Piano Controllo Cinghiale, Parco Pollino

Pietro Serroni

Responsabile settore Conservazione, Parco Pollino

Vincenzo Aversa

Parco Pollino

Le donne vittime di violenza e stalking attraverso il numero verde 1522, promosso dalla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per le pari opportunità, attivo 24 ore su 24 e accessibile da tutto il territorio nazionale, possono chiedere aiuto e sostegno nonché ricevere informazioni. L'assistenza telefonica consente un graduale avvicinamento ai servizi con assoluta garanzia di anonimato.
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