Nematodi fitofagi, sempre insidiosi per colture arboree e ortive
Si riduce il numero dei nematocidi chimici autorizzati, ma cresce la registrazione di prodotti biologici per la prevenzione a la lotta
Data:13 May 2020
I nematodi, nonostante le loro piccole dimensioni, sono un gruppo numeroso di organismi che ha avuto particolare successo sulla terra, tanto da costituire un “phylum” a parte nel sistema di classificazione delle specie viventi e da essere diffuso praticamente in ogni ambiente terrestre e acquatico.
Tassonomicamente, i nematodi sono dei “vermi” filiformi (da cui il nome del phylum “Nematoda”, che letteralmente significa appunto “verme filiforme”) ed un ristretto numero di questi organismi parassitizza le piante. A dispetto del limitato numero di specie di interesse fitosanitario, però, i nematodi sono particolarmente difficili da combattere a causa di alcune loro caratteristiche biologiche. Essi hanno la capacità di muoversi attivamente e di “rifugiarsi” anche a considerevole profondità nel terreno, possono mantenersi quiescenti in mancanza di piante ospiti (ad esempio, nematodi cisticoli dei generi Globodera ed Heterodera), solitamente presentano elevata polifagia, con la possibilità di passare da una coltivazione all’altra e, soprattutto, di mantenersi attivi su piante spontanee.
Sia sulle colture arboree che su quelle ortive i danni diretti dei nematodi possono essere anche gravi, con sintomatologie più o meno specifiche come le tipiche alterazioni radicali indotte dai nematodi galligeni (la maggior parte appartiene al genere Meloidogyne) o le bollosità fogliari provocate dai nematodi in grado di attaccare i bulbi e la vegetazione, come quelli appartenenti ai generi Ditylenchus, Pratylenchus e Aphelencoides. Ai danni legati all’attività trofica dei nematodi si aggiungono, in alcuni casi, quelli dovuti alle virosi che questi organismi possono trasmettere o ai patogeni fungini che trovano delle vie di penetrazione nelle ferite causate dai nematodi (es. Verticillium dahliae).
Un tempo, soprattutto nell’orticoltura e in coltura protetta, la fumigazione con bromuro di metile consentiva di eliminare i nematodi (e molte altre forme di vita) anche a diversi decimetri di profondità, ma con effetti “collaterali” insostenibili per l’ambiente. Attualmente non si dispone più di prodotti così “energici” come il bromuro di metile e le strategie di controllo dei nematodi, più che mirare alla loro “eradicazione”, tendono al contenimento della carica nematica presente negli strati di terreno esplorati dalle radici al di sotto di una soglia di danno, integrando prodotti chimici con mezzi biologici e/o pratiche agronomiche. E in effetti, nuovi prodotti a base di sostanze attive o di microrganismi sono stati recentemente registrati, mentre altri nematocidi “tradizionali” sono stati revocati o lo saranno nel prossimo anno.
Tra i fumiganti, i prodotti attualmente disponibili in Italia sono tre (metam-sodio, metam-potassio e dazomet) che, per idrolisi, producono metil-isotiocianato, sostanza tossica ad ampio spettro e attiva anche su vari funghi tellurici e su alcune infestanti, la quale è stata ritirata dal commercio come tale da diversi anni (nel 2003). Metam-sodio e metam-potassio hanno caratteristiche fitoiatriche molto simili: sono in formulazione liquida e possono essere distribuiti al terreno mediante manichette (chemigazione). Il dazomet è invece in formulazione granulare e deve essere incorporato nel terreno con attrezzi meccanici. I tre prodotti possono essere utilizzati per la disinfestazione del terreno prima della piantagione, limitando le applicazioni a una ogni tre anni sullo stesso campo. Per metam-sodio e metam-potassio l’applicazione può avvenire solo in campo aperto tramite iniezione nel terreno e in serra unicamente mediante irrigazione a goccia. È prescritto inoltre l’impiego di una pellicola di materia plastica a tenuta di gas per l’irrigazione a goccia.
In coltura protetta è più semplice migliorare gli effetti dei tre prodotti menzionati, tenendo chiusa la struttura per limitare l’evaporazione del metil-isotiocianato e sfruttando l’effetto sinergico del calore. E’ anche possibile integrare la fumigazione con la “solarizzazione” o sostituire i prodotti chimici con “biofumiganti”, costituiti da tessuti di piante ad alto contenuto di precursori del metil-isotiocianato (es. farina disoleata di semi di Brassica).
Tra i prodotti chimici nematocidi, per effetto della revisione europea, non è più possibile annoverare l’azadiractina, oggi registrata solo come insetticida. Sono, invece, impiegabili due fosforganici (fenamifos, fostiazate; per entrambi la scadenza U.E. è tra pochi mesi), un carbammato (oxamil) e un’avermectina (abamectina) che hanno anche attività insetticida.
Altri prodotti nematocidi impiegabili sono il fungicida fluopiram, sistemico, registrato anche come nematocida per diverse colture ortive in serra
Tra i mezzi biologici disponibili sono registrati prodotti a base di estratto di aglio, da distribuire al terreno con finalità preventive. Il ceppo P251 del fungo deuteromicete Paecilomyces lilacinus, parassitizza uova e forme mobili di nematodi dei generi Meloidogyne, Globodera e Heterodera. Anche alcuni batteri parassitizzano i nematodi, ad esempio ceppi di Bacillus firmus ma attualmente non risultano prodotti registrati a base di questo antagonista.
Il nematocida 1,3-dicloropropene è stato revocato già dal 2009 ma, da allora, ogni anno (anche nel 2019) ha ottenuto l’uso “eccezionale” per situazioni di emergenza fitosanitaria su un numero di colture sempre più esiguo tra le quali è sempre stata compresa la fragola, come sanno bene i coltivatori di questa importante coltura dell’area Metapontina.