Focus

La legislazione del comparto delle piante officinali

Ruolo strategico per i Decreti interministeriali, condivisi con gli esperti regionali nel Tavolo tecnico
didascalia.

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Data:Wed Jun 30 20:05:00 CEST 2021

La necessità di riformare un settore così particolare, per andare incontro all’avanzamento delle tecnologie e ai mercati di riferimento per le specie officinali, ha portato alla nascita del Decreto Legislativo n.75 del 21 maggio 2018 “Testo Unico in materia di coltivazione, raccolta e prima trasformazione delle piante officinali”, oggi punto di riferimento sia per la coltivazione sia per la prima trasformazione da effettuarsi nell’azienda agraria.

L’esigenza di una legge di regolamentazione del settore, in particolare per quanto riguarda la coltivazione, era molto sentita tra gli operatori, che si trovavano a confrontarsi con una legge datata, per meglio dire obsoleta, non più rispondente alle nuove esigenze di una moderna agricoltura ovvero la Legge 6 Gennaio 1931 n. 99 (G.U. n. 41 del 19 febbraio 1931). Il Decreto Legislativo n. 75 del 21 maggio 2018 risponde alle richieste di aggiornamento del settore evidenziate dalle Associazioni di categoria già dall’anno 2011 al Ministero delle politiche agricole.

Definizioni ed obiettivi

L’obiettivo principale del Ministero e anche del legislatore negli ultimi mesi di condivisione con le altre Istituzioni delle diverse fasi dell’iter normativo, è stato quello di adeguare la normativa in un’ottica di sviluppo del settore che è sempre stato considerato “di nicchia”.

Il termine “piante officinali” deriva da una tradizione culturale e storica del nostro Paese e fa riferimento all’“officina” o “opificina”, con il significato di “laboratorio”, dove le piante venivano sottoposte alle varie lavorazioni (ad esempio: essiccazione, triturazione, macerazione, distillazione, estrazione dei principi attivi, ecc.) in modo da renderle utilizzabili ai diversi scopi. Da ciò deriva l’abbinamento “piante officinali” per indicare quelle piante che possono essere lavorate all’interno di un laboratorio.

Con tale termine, da un punto di vista agronomico, si identifica un insieme di specie vegetali molto eterogeneo e comprendente le piante medicinali, aromatiche e da profumo e nell’accezione generale di piante officinali sono compresi anche alghe, funghi e licheni. Ciò che caratterizza una pianta officinale sono le classi di principi attivi chimicamente molto diversi fra loro e viene definita “droga vegetale” la parte della pianta posta in commercio essiccata e sovente frammentata (es: i fiori della camomilla, la radice dell’ortica, gli acheni secchi del finocchio, ecc.). La droga è quindi la parte della pianta più ricca in principi attivi che hanno una attività biologica sull’organismo umano e/o animale, secondo la definizione più volte riportata nei documenti della Organizzazione Mondiale della Sanità.

Infatti il mancato adeguamento della normativa che, come detto, era la Legge 6 Gennaio 1931 n. 99 recante “Disposizioni sulla disciplina della coltivazione, della raccolta e del commercio delle piante officinali” che individuava la figura dell’erborista come unico soggetto che poteva raccogliere e produrre tali piante, alle progressive esigenze del settore appunto a torto definito “di nicchia”, a quelle che sono state le evoluzioni del mondo agricolo dell’ultimo ventennio in un contesto ambientale di salvaguardia della biodiversità, di risparmio energetico, di ammodernamento delle strutture agricole e della meccanizzazione, ha portato le diverse Regioni e Province Autonome ad operare dal punto di vista legislativo, relativamente alla fase agricola e di prima trasformazione della filiera, in un contesto prettamente locale, cercando, talvolta anche di non entrare in un vero e proprio “conflitto normativo” con la Legge del 1931 e le successive modifiche ed integrazioni, e di rispondere comunque alle esigenze degli operatori agricoli e alle diverse peculiarità del territorio.

Al contrario nelle fasi successive alla raccolta relative alla trasformazione del prodotto, eseguita al di fuori dell’azienda agricola, il legislatore ha normato dettagliatamente le modalità di impiego dei prodotti ottenuti da piante caratterizzate da proprietà officinali, sia per l’impiego in alimentazione umana che animale.

Peraltro basta leggere le due pagine dei “Visti” che introducono il Testo Unico per rendersi conto che siamo di fronte a tutta un’altra impostazione normativa rispetto a quella della Legge del 1931, conseguenza di un cambiamento epocale nell’approccio al settore.

In effetti, il nuovo testo di legge porta il comparto nel contesto di uno scenario internazionale, europeo in primo luogo, dove operano gli attori dell’industria alimentare e farmaceutica, si innesta la dinamica del biologico, si affrontano le sfide della sostenibilità e della difesa della biodiversità.

La lunga serie di “Visti” inseriti dal legislatore, che conferma la multidisciplinarietà della materia, lascia invece lo spazio ad un testo breve, essenziale nell’esposizione, ma in grado di agire da catalizzatore della produzione agricola officinale nel nostro Paese al fine di consolidarla.

Esame degli articoli 1 e 3 della Legge

L’articolo 1, ai commi 1 e 2, delimita l’ambito di applicazione del provvedimento che riguarda la coltivazione, la raccolta e la prima trasformazione delle piante officinali, e fornisce poi una definizione di piante officinali, intendendosi per tali le piante cosiddette medicinali, aromatiche e da profumo, nonché le alghe, i funghi macroscopici e i licheni destinati ai medesimi usi. Inoltre, su indicazione della Conferenza unificata, si è provveduto ad integrare il citato comma 2 e quindi la definizione di piante officinali, chiarendo che “le stesse comprendono altresì alcune specie vegetali che in considerazione delle loro proprietà e delle loro caratteristiche funzionali possono essere impiegate, anche in seguito a trasformazione, nelle categorie di prodotti per le quali ciò è consentito dalla normativa di settore, previa verifica del rispetto dei requisiti di conformità richiesti”. In tal modo si rende una definizione più esaustiva di “piante officinali” che nel tempo, dati i molteplici usi previsti, anche in campo alimentare, dalle varie normative di settore, garantisca la possibilità del loro impiego, previa verifica della sussistenza dei requisiti di conformità previsti dalle specifiche norme di riferimento. Si è provveduto, quindi, ad inserire nei visti del decreto tutti i riferimenti normativi propri del settore alimentare, dei prodotti cosmetici e dei prodotti fitosanitari.

Il testo, quindi, richiama evidentemente la categoria delle piante medicinali e aromatiche – identificate come MAP (Medicinal and Aromatic Plants) anche nel contesto agricolo europeo – ampliandola anche alle alghe, ai funghi macroscopici e ai licheni, che hanno le stesse destinazioni d’uso. Ma di seguito introduce anche un concetto nuovo, molto aperto e si può pensare subito a derivati vegetali che possono costituire ingredienti di integratori alimentari, oppure a principi funzionali o eccipienti che possono entrare nella formulazione di prodotti cosmetici. In realtà è un approccio condiviso con gli esperti del settore che permette di prevedere un ampliamento progressivo delle specie destinate ad un uso officinale, a seguito di nuove evidenze tecnico-applicative.

Considerata quindi la definizione molto innovativa nella seconda parte del comma 2, il comma 3 prevede, altresì, che con Decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare (ora Ministero della Transizione ecologica) e con il Ministro della salute, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del decreto, è definito l’elenco delle specie di piante officinali coltivate.

Il criterio dell’elenco non consiste nella ricerca teorica di tutte le specie potenzialmente officinali, ma l’individuazione di quelle oggetto di processi produttivi ai quali il Decreto intende dare sostegno. È opportuno far presente che l’elenco previsto dal nuovo Decreto è finalizzato solo all’applicazione della norma stessa, e non andrà ad interferire con altre azioni di carattere regolatorio.

Rispetto alle dinamiche di mercato, d’altro canto, obiettivo del Decreto è proprio recepire le esigenze degli operatori e per questo non solo l’elenco verrà predisposto nell’ambito del Tavolo tecnico, ma anche la sua progressiva implementazione è sempre il risultato di un percorso condiviso al Tavolo stesso.

L’articolo in questione precisa, al comma 4, che il prodotto risultante dall’attività di coltivazione o di raccolta, come specificato in accoglimento delle osservazioni rese dalla Conferenza unificata, delle singole specie può essere impiegato direttamente fresco per l’ottenimento degli oli essenziali o essere soggetto a operazioni di prima trasformazione. Tuttavia, in accoglimento delle osservazioni espresse nel parere reso dal Consiglio di Stato, si è precisato che le operazioni di prima trasformazione cui fa riferimento la norma sono quelle indispensabili alle esigenze produttive. Sempre in accoglimento dei rilievi espressi dal Consiglio di Stato, si è provveduto a specificare meglio l’ampiezza delle attività di prima trasformazione definita nel testo, sopprimendo l’avverbio “prevalentemente” e definendo in maniera più precisa l’insieme delle attività idonee ad integrarne il concetto. Pertanto, il comma 4 definitivo ha previsto ora che le operazioni di prima trasformazione indispensabili alle esigenze produttive comprendono l’attività di lavaggio, defoliazione, cernita, assortimento, mondatura, essiccazione, taglio e selezione, polverizzazione delle erbe secche e ottenimento di olii essenziali da piante fresche direttamente in azienda agricola, nel caso in cui quest’ultima attività necessiti di essere effettuata con piante e parti di piante fresche appena raccolte. È altresì inclusa nella fase di prima trasformazione indispensabile alle esigenze produttive qualsiasi attività volta a stabilizzare e conservare il prodotto destinato alle fasi successive della filiera. La necessità della prima trasformazione a ridosso della coltivazione è dovuta a tre ragioni fondamentali: deperibilità, conservazione e minima valorizzazione:

  • deperibilità del materiale: le piante officinali una volta raccolte avendo un alto contenuto di acqua necessitano di un processo di stabilizzazione (es.: essiccazione) o prima trasformazione (in olio essenziale) che deve necessariamente avvenire entro poche ore dalla raccolta, pena la perdita delle sostanze caratterizzanti.
  • conservazione e stoccaggio: le piante officinali prima di essere immesse sul mercato e acquistate dai vari soggetti utilizzatori, subiscono periodi variabili di conservazione, a seconda del ciclo produttivo. La conservazione deve avvenire in forme appropriate affinché il prodotto mantenga le sue caratteristiche. Ad esempio: taglio, selezione e cernita sono importanti per allontanare parti della pianta indesiderate, materiali estranei e polveri che deteriorerebbero il prodotto prima del suo impiego nella trasformazione successiva.
  • minima valorizzazione per l’accesso al mercato: alcuni prodotti da erbe officinali non sono conosciuti se non nella loro forma trasformata. Dunque, non esistono nella forma nativa (pianta appena raccolta), ma esistono da sempre e sono presenti sul mercato in determinate forme: erbe essiccate o olio essenziale. La materia prima di origine ovvero la pianta, non ha mercato e pertanto la coltivazione se non connessa alla trasformazione non ha significato alcuno. Ad esempio, la lavanda non ha mercato come pianta fresca (se non in ambito vivaistico), ma solo come olio essenziale. Pertanto, la prima trasformazione come sopra descritta per le piante officinali va considerata come la minima valorizzazione per poter collocare il prodotto presso le aziende utilizzatrici/trasformatrici a valle dell’azienda agricola.

Si specifica, inoltre, ai commi 5 e 6, che la coltivazione, la raccolta e la prima trasformazione delle piante officinali, ad esclusione di quelle da cui si ricavano gli stupefacenti e le sostanze psicotrope, sono considerate, a tutti gli effetti, attività agricole. La precisazione è importante perché la legge 6 gennaio 1931, n. 99, limita l’intervento sulle piante officinali a tre figure professionali: il raccoglitore, l’erborista e il farmacista. Tale circostanza ha posto il problema della inclusione dell’imprenditore agricolo, soprattutto dopo che l’articolo 2135 del codice civile è stato modificato dal decreto legislativo n. 228 del 2001, ampliando la nozione di imprenditore agricolo e di attività connesse, certamente idonee a ricomprendere anche la lavorazione di piante officinali. Da qui la necessità di chiarire in maniera inequivoca che la coltivazione, la raccolta e la prima trasformazione delle piante officinali, ad esclusione di quelle da cui si ricavano gli stupefacenti e le sostanze psicotrope, sono considerate, a tutti gli effetti, attività agricole ai sensi dell’articolo 2135 del codice civile.

Il comma 7 definitivo, accogliendo le condizioni poste dalla Conferenza Unificata e le osservazioni rese dal Consiglio di Stato, precisa che sono escluse dall’ambito di applicazione del decreto la vendita al consumatore finale e le attività successive alla prima trasformazione, che rimangono disciplinate dalle specifiche normative di settore. Ciò al fine di tutelare la salute pubblica evitando la possibile vendita senza controllo al consumatore di piante che possono rappresentare un pericolo. Si è, inoltre, deciso di intervenire sempre sul comma 7, per accogliere le osservazioni rese dal Consiglio di Stato con riferimento all’articolo 8 del decreto e riguardanti i dubbi circa l’opportunità di abrogare, piuttosto che modificare, in sede di attuazione di una delega rilasciata dal “collegato agricolo”, norme che esulano dalla materia riguardando piuttosto la “utilizzazione” e la “vendita” dei prodotti. Il Consiglio di Stato fa riferimento in particolare agli articoli 6 e 7 della legge n. 99 del 1931 concernenti, rispettivamente, le modalità di rilascio del diploma di erborista e l’utilizzazione delle piante officinali da parte degli stessi erboristi. In accoglimento di quanto rilevato dal Consiglio di Stato, pertanto, e rinviando all’articolo 8 circa l’esclusione dell’abrogazione dell’articolo 6 della legge n. 99 del 1931, si è deciso di definire le competenze dell’erborista come delineatesi nel tempo. Tanto detto, la norma al comma 7 ora prevede che: “Sono altresì escluse le preparazioni estemporanee ad uso alimentare, conformi alla legislazione alimentare, che sono destinate al singolo cliente, vendute sfuse e non preconfezionate, e costituite da piante tal quali, da sole o in miscela, estratti secchi o liquidi di piante. Tali preparazioni sono consentite, oltre che ai farmacisti, a coloro che sono in possesso del titolo di erborista conseguito ai sensi della normativa vigente”. In questo modo, per salvaguardare la sicurezza alimentare, sono state escluse dall’ambito del decreto le preparazioni estemporanee ad uso alimentare vendute sfuse e non preconfezionate, le quali sono consentite, oltre che ai farmacisti, a coloro che sono in possesso del titolo di erborista. Ciò al fine di chiarire che la preparazione o vendita di tali preparazioni o miscele rientra nella normativa alimentare e chi le effettua è considerato come un operatore del settore alimentare (OSA) e soggetto quindi a tutta la normativa di settore.

Quindi la Legge non può e non intende in alcun modo entrare nel merito di attività successive alla fase agricola che sono oggetto di altre regolamentazioni, peraltro chiaramente espresse nelle premesse alla legge e richieste dalle altre Amministrazioni competenti e concertanti nei vari passaggi consultivi.

Veniamo quindi all’articolo 3 probabilmente quello con l’approccio più innovativo, reso definitivo anche grazie alle osservazioni della Conferenza Unificata, che già dal titolo desta qualche dubbio ovvero “Prelievo, raccolta e prima trasformazione di piante officinali spontanee”.

In particolare, il comma 1 rimette alle Regioni e alle Province Autonome di Trento e Bolzano il compito di disciplinare l’attività di “prelievo” delle specie di piante officinali che crescono spontaneamente sui rispettivi territori, in coerenza con le esigenze di conservazione della biodiversità locale. Il comma 2 in particolare demanda al decreto di cui all’articolo 1, comma 3 – parte agricola - il compito di definire le modalità di “raccolta e di prima trasformazione” di piante officinali spontanee nonché delle specie e delle varietà da conservazione o in via di estinzione di cui alla legge 1° dicembre 2015, n. 194, sulla tutela e la valorizzazione della biodiversità di interesse agricolo e alimentare.

La tutela e la valorizzazione della biodiversità di specie di interesse agricolo e alimentare sono strettamente legate alla tutela del territorio, contribuendo a limitare i fenomeni di spopolamento e a preservare le aree naturali da fenomeni di erosione del patrimonio genetico quindi un patrimonio da difendere e ancora tutto da valorizzare visto che non sembra del tutto diffusa la consapevolezza del pubblico/fruitori del bene pubblico circa il valore che queste piante possono dare anche a fini di ricerca. Pertanto, nell’ottica delle leggi che regolamentano la tutela della biodiversità, si inserisce proprio l’articolo 3 che disciplina la raccolta delle piante spontanee destinate all’utilizzo officinale e medicinale. Le specie officinali, a differenza di quelle principalmente utilizzate per l’alimentazione, sono caratterizzate dalla maggiore presenza di principi attivi, ad effetto diretto o indiretto sull’organismo, spesso differenti in dipendenza dal clima, dal terreno e dal momento della raccolta oltre che, naturalmente, dalle caratteristiche genetiche delle piante. La disciplina della raccolta spontanea deve tenere conto di questo fattore, regolamentando la raccolta in modo da non depauperare le aree a questa destinate e di favorire una maggiore conoscenza delle stesse zone, delle piante e dell’ambiente in cui si sviluppano.

Nel merito pertanto l’articolo 3 distingue, con riferimento alle piante officinali spontanee, il prelievo dalla raccolta e prima trasformazione. In particolare, il comma 1 fa riferimento al prelievo di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, che ha recepito la direttiva n. 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali nonché della flora e della fauna selvatiche. Deve precisarsi che alla luce della normativa sopra citata le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano già disciplinano l’attività di prelievo delle specie di piante officinali che crescono spontaneamente sui rispettivi territori, coerentemente con le esigenze di conservazione della biodiversità locale. Il termine prelievo, che riguarda essenzialmente il settore ambientale, è riferito alla tutela e al monitoraggio sia delle specie faunistiche che delle specie vegetali nelle zone protette e negli habitat naturali.

Il comma 2 mira invece a disciplinare la raccolta e la prima trasformazione delle piante spontanee/selvatiche ai sensi dell’articolo 12, comma 2, del Regolamento (CE) n. 834/2007 del Consiglio del 28 giugno 2007, relativo alla produzione biologica e all’etichettatura dei prodotti biologici e che abroga il regolamento (CEE) n. 2092/91. La norma citata in particolare recita: “La raccolta di vegetali selvatici e delle loro parti, che crescono naturalmente nelle aree naturali, nelle foreste e nelle aree agricole, è considerata metodo di produzione biologico a condizione che: a) queste aree non abbiano subito trattamenti con prodotti diversi da quelli autorizzati per essere impiegati nella produzione biologica, ai sensi dell’articolo 16 per un periodo di almeno tre anni precedente la raccolta; b) la raccolta non comprometta l’equilibrio dell’habitat naturale e la conservazione delle specie nella zona di raccolta”. Si tratta di concetti attinenti essenzialmente al settore agricolo e non ambientale. In questo contesto si comprende l’opportunità, confermata anche dalla Conferenza Unificata, di uno specifico decreto interministeriale capace di armonizzare la disciplina delle attività di raccolta e prima trasformazione in regime biologico delle specie spontanee officinali nei territori diversi dagli habitat/riserve naturali e parchi nazionali e regionali, anche distinguendo la raccolta a fini professionali da quella per autoconsumo come osservato dal Consiglio di Stato nel proprio parere.

Il richiamo esplicito nel Testo Unico a questo regolamento comunitario permetterà ai raccoglitori di attribuire al loro prodotto erboristico una qualifica oggi molto apprezzata dal mercato.

Per quanto concerne, infine, l’attività di raccolta spontanea di piante, alghe, funghi macroscopici e licheni cresciuti spontaneamente e destinati ad essere impiegati come ingredienti di un medicinale, il comma 3 prevede che la stessa sia effettuata in accordo alle Good Agricultural and Collection Practice (GACP). L’articolo in esame è sempre riconducibile ai principi di organizzazione delle disposizioni per settori omogenei e di semplificazione del linguaggio normativo indicati dall’articolo 5, comma 2, lettera b), della legge n. 154 del 2016.

Collegato all’art.1 della Legge è, infine, l’articolo 10 per il quale il Consiglio di Stato nel proprio parere rileva che solo con riferimento al regio decreto n. 772 del 1932 si è previsto di differire l’abrogazione al momento dell’entrata in vigore del decreto di cui all’articolo 1, comma 3, e chiede pertanto di valutare l’opportunità di applicare lo stesso meccanismo a tutti gli altri provvedimenti di cui si intende disporre l’abrogazione. In realtà il differimento dell’effetto abrogativo ha una specifica ragion d’essere con riferimento al regio decreto n. 772 del 1932, che contiene un “Elenco delle piante dichiarate officinali”. Poiché tra i compiti del decreto interministeriale di cui all’articolo 1, comma 3, vi è proprio quello di definire “l’elenco delle specie di piante officinali coltivate ai fini del presente decreto”, appare logica l’esigenza di un coordinamento. Tale esigenza, invece, non si ravvisa con riferimento agli altri provvedimenti elencati che, pertanto, debbono essere abrogati dal momento dell’entrata in vigore del decreto.

Il Tavolo di filiera ed il Piano di settore delle piante officinali

Il Tavolo tecnico di filiera delle Piante Officinali è nato su sollecitazione al Ministero delle Associazioni di settore, quali: Federazione Italiana Produttori Piante Officinali (FIPPO), Associazione italiana fra trasformatori, importatori, esportatori, grossisti e rappresentanti di case estere di piante medicinali, aromatiche e da profumo (ASSOERBE) e Società italiana di scienze applicate alle piante officinali e ai prodotti per la salute (SISTE), nell’anno 2011 ed è stato istituito ai sensi del D.M. n. 15391 del 10 dicembre 2013. Nato proprio dall’esigenza di affrontare in maniera armonizzata le molteplici sfaccettature del settore delle piante officinali: dalla pianta (anche spontanea) al prodotto finito passando quindi per la trasformazione.

Il Tavolo tecnico delle Piante Officinali, quindi, è divenuto l’Organismo istituzionale, inserito nel Testo Unico all’art.5, ove realizzare i processi di concertazione e coordinamento ed è stato integrato da esperti dell’Agenzia Italiana del Farmaco e delle Società di Ortoflorofrutticoltura italiana, di Botanica italiana, di Fitochimica e delle scienze delle piante medicinali, alimentari e da profumo. Come previsto dall’art.5 del Testo Unico è stato rinnovato con D.M. 17 gennaio 2019 prot.n.492.

I quattro Gruppi di lavoro ove sono state discusse le attività in corso a livello nazionale, l’analisi delle esigenze del settore, la pianificazione delle azioni, che hanno portato all’elaborazione del Piano di settore, ormai obsoleto, approvato in Conferenza Stato Regioni il 14 aprile 2014 ovvero “Legislazione - Politiche nazionali e comunitarie”, “Certificazione e Qualità”, “Ricerca e Sperimentazione” ed “Osservatorio economico” istituiti con D.D. del 20 dicembre 2013, sono stati aggiornati, all’istituzione del nuovo Tavolo tecnico sopracitato, nei seguenti 5: 1.“Ricerca e formazione”; .2.“Elenco specie art.1 e Registri Varietali”; 3.“Criteri Piante Spontanee”; 4.“Piano di settore” e 5.“Osservatorio Economico e Dati statistici” con il D.D. del 19 ottobre 2018 prot.n.73436.

L’intento, infatti, è sempre quello di far incontrare e lavorare insieme gli attori del Tavolo, vista la complessità del settore, cercando di sviluppare la conoscenza e le potenzialità di una coltivazione più mirata e soprattutto programmata oltre che strettamente correlata al mercato nazionale ed internazionale, meglio di quanto non si sia fatto finora.

I lavori per la predisposizione del Piano di settore si sono svolti nella massima collaborazione fra le parti e – grazie alle diverse competenze dei singoli attori – sono state individuate soluzioni concrete alle problematiche che frenano lo sviluppo del settore delle piante officinali che, invece, presenta ottime potenzialità soprattutto nei territori di collina e montagna.

Per giungere a realizzare ed approvare il Piano di settore il 20 aprile 2014 nell’ambito della Conferenza Permanente tra lo Stato, le Regioni e le Provincie Autonome, è stato necessario condividere l’allegato più importante ovvero quello dell’Osservatorio economico dal titolo “Piante officinali in Italia: un’istantanea della filiera e dei rapporti tra i diversi attori

(http://www.ismea.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/8744 ) presentato nel luglio 2013 presso il Ministero della Salute, che ha “dato i numeri” del settore ovvero una mappatura ed una più precisa identificazione di quanto in termini qualitativi e quantitativi questo settore rappresenti nell’economia del nostro Paese, con l’obiettivo di difendere questo straordinario patrimonio, e di trovare le risorse atte a favorirne l’ulteriore sviluppo.

Con l’Osservatorio economico del settore delle piante officinali si sono resi disponibili dati ufficiali aggiornati (l’ultimo censimento era datato 1999 ed era stato eseguito dal centro studi sulle piante officinali del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi della economia agraria (CREA) di Trento) e ciò ha portato alla individuazione dei rapporti tra i diversi attori che hanno contribuito a dare corpo a tale realtà.

Avere creato una piattaforma istituzionale di confronto aperta a tutti gli attori che operano nella filiera è un primo importante obiettivo, il contesto ottimale per risolvere i problemi che limitano la crescita, lo sviluppo e l’innovazione in questo settore, nel pieno rispetto delle specifiche competenze, delle diverse professionalità e delle norme vigenti.  In particolare il Piano di settore è comprensivo di un ulteriore allegato tecnico più ampio denominato “La filiera delle piante officinali” a completamento delle tematiche trattate dagli esperti e frutto del lavoro dei Gruppi tecnici nonché di un “glossario” del settore con i termini e le definizioni relative (https://www.politicheagricole.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/7562).

Gli esperti del Tavolo tecnico, aggiornato a seguito della pubblicazione del Testo Unico, oltre a dover rivedere il Piano di settore stesso presente all’art.4 e definito al comma 3 come lo “strumento programmatico strategico”, hanno affrontato la predisposizione del decreto interministeriale previsto all’art.1 comma 3 che riguarda l’”Elenco delle specie di piante officinali coltivate” e all’art.3 comma 2 concernente i “Criteri di raccolta e prima trasformazione delle specie di piante officinali spontanee”.

Il Decreto interministeriale di cui agli art.1 e 3 della Legge

Il percorso amministrativo, negli ormai tre anni successivi alla pubblicazione della legge, ha visto un lavoro puntuale e di condivisione nell’ambito di 2 dei 5 Gruppi di lavoro specifici appositamente istituiti con D.D.n.73436 del 19 ottobre 2018 che hanno portato da una parte ad una lista esaustiva di piante officinali coltivate (Capo I) condivisa con il Ministero della salute, il Ministero della Transizione Ecologica (Ex ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare) e le Regioni, che è allegata al decreto attuativo, la quale potrà essere periodicamente aggiornata (sempre con Decreto interministeriale, dall’altra alla stesura di un articolato innovativo (Capo II), condiviso con gli esperti regionali nell’ambito del tavolo tecnico delle piante officinali, il Ministero della Transizione Ecologica (Ex Ministero dell’Ambiente) e anche con il Ministero della salute, nel quale vengono stabiliti i criteri fondamentali ai fini della disciplina della raccolta e della prima trasformazione delle piante spontanee/selvatiche ai sensi dell’articolo 12, comma 2, del Regolamento (CE) n. 834/2007 del Consiglio del 28 giugno 2007, relativo alla produzione biologica e all’etichettatura dei prodotti biologici e che abroga il regolamento (CEE) n. 2092/91 che, peraltro, verrà aggiornato dal 1° gennaio 2022 dal Regolamento (UE) 2018/848 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 30 maggio 2018 e  si applicherà quanto previsto all’Allegato II - Capo III - Parte I: Norme di produzione vegetale di cui al paragrafo 2.2. relativo alle “Norme relative alla raccolta di piante selvatiche”.

Si precisa che tali criteri non riguardano la raccolta ed il prelievo delle piante officinali spontanee appartenenti alle specie protette ai sensi di specifiche disposizioni internazionali, dell’Unione europea, nazionali e regionali o presenti all’interno delle aree protette di cui alla Legge 6 dicembre 1991 n.394 e al D.P.R. 8 settembre 1997, n. 357, che sono escluse dal campo di applicazione e sono disciplinati dalla pertinente normativa di tutela ambientale ribadita nelle premesse alla legge.

Infine, il Capo III è relativo alle “Disposizioni finali” di cui all’art.8 ove il Regio Decreto 26 maggio 1932, n.772 che riportava una ormai obsoleta lista di piante officinali “spontanee” (all’epoca non si coltivavano ancora) è abrogato proprio dalla data di pubblicazione del decreto in oggetto come previsto dalla Legge 21 maggio 2018 n.75.

L’iter di verifica tecnica del provvedimento allegato si è concluso positivamente a seguito dei pareri pervenuti dal Ministero della salute con nota dell’Ufficio Legislativo prot.n.2034 del 19 marzo 2021 e dal Ministero della Transizione Ecologica con nota dell’Ufficio Legislativo prot.n.8976 del 3 maggio 2021 ed a seguito dei successivi pareri positivi formali pervenuti dagli Uffici legislativi dei due Dicasteri.

Il provvedimento ha ricevuto anche l’intesa degli Assessori all’agricoltura regionali prima della Conferenza Stato-Regioni convocata il 17 giugno u.s. nella quale il MiPAAF ha purtroppo ritirato il provvedimento senza alcuna motivazione non promulgando quindi il decreto interministeriale previsto nella legge n.75/2018.

Si rammenta che tale procedimento attuativo è necessario per supportare le numerose aziende agricole interessate ad avviare un’attività di coltivazione e di prima trasformazione, valorizzando le numerose specie individuate in elenco. Una prospettiva di diversificazione di grande interesse per la nostra agricoltura, che può attrarre risorse e investimenti e favorire nuova occupazione, soprattutto giovanile, proprio nella filiera primaria.

Non solo, ma il Decreto è un atto necessario in difesa della biodiversità della flora officinale italiana, regolamentando la raccolta in natura di specie selvatiche e delineando le competenze e gli obblighi formativi di chi intende praticarla.

Il Decreto in esame rappresenta la sintesi di un ampio lavoro di raccolta e confronto di dati scientifici documentati, svolto da docenti universitari ed esperti degli enti di ricerca accreditati, con la collaborazione attiva dei rappresentanti delle istituzioni coinvolte, degli ordini professionali e delle associazioni dei produttori agricoli, delle imprese del settore e dei rappresentanti delle Regioni.

Si auspica che possa essere rapidamente approvato poiché non dimentichiamo che il settore delle piante officinali è alla base di più filiere: agricola-alimentare, farmaceutica e cosmetica, ed è in grado di esprimere valenze ambientali, salutistiche e socioculturali e conferire all’agricoltura quel ruolo multifunzionale che rappresenta uno dei cardini della Politica Agricola Comune.

Agrifoglio n. 103 - Maggio-Giugno 2021

Temi
Piante Officinali
Autori
Alberto Manzo

Funzionario tecnico PhD – Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali

Le donne vittime di violenza e stalking attraverso il numero verde 1522, promosso dalla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per le pari opportunità, attivo 24 ore su 24 e accessibile da tutto il territorio nazionale, possono chiedere aiuto e sostegno nonché ricevere informazioni. L'assistenza telefonica consente un graduale avvicinamento ai servizi con assoluta garanzia di anonimato.
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