La difesa sanitaria delle piante: il progresso, le problematiche attuali e le sfide future
Cala l'uso di prodotti chimici di sintesi, e si diffondono maggiormente quelli biologici
Data:24 Jul 2020
Pierluigi FORLANO - Dottorato in Scienze Agrarie, Forestali e degli Alimenti.
I nuovi trend nell’ambito della difesa fitosanitaria
Negli ultimi decenni, i piani di difesa fitosanitaria delle colture agrarie hanno subito notevoli cambiamenti. Il supporto scientifico e tecnologico di cui gode il settore agrario sta facendo sì che le aziende produttrici di fitofarmaci possano immettere sul mercato prodotti chimici di sintesi a basso impatto ambientale ed altamente specifici per il contenimento delle specie infestanti. Negli ultimi vent’anni l’uso di prodotti di sintesi è passato da 140.000 a 95.000 tonnellate, con una riduzione di circa il 33%. Al contrario, è stato registrato un aumento d’uso dei prodotti fitosanitari biologici, frutto di un lungo processo di sensibilizzazione che ha coinvolto sia il consumatore che il produttore agrario.
Il consumatore, con le sue scelte, ha premiato i prodotti agroalimentari biologici, se pure caratterizzati da un maggior prezzo di vendita rispetto ai corrispettivi prodotti non biologici. Il produttore ha recepito le richieste dei consumatori, sempre più attenti alla qualità dei prodotti, e ha adottato le pressanti normative imposte a livello comunitario in tema di tutela ambientale e di salute umana. Ne consegue che l’immissione di prodotti agroalimentari biologici sul mercato è in continua crescita, sia a livello europeo che nazionale. L’Italia contribuisce in maniera attiva a questo trend. Nel 2019 il numero di aziende agricole a produzione biologica era circa 60.000 (6% delle aziende agricole italiane). Il numero di aziende a produzione biologica è tutt’ora in continua crescita.
La presenza di una politica agricola comunitaria ligia al rispetto dell’ambiente e della salute del consumatore ha rappresentato la principale garanzia per il passaggio dall’uso massiccio dei prodotti chimici a mezzi di controllo a basso impatto ambientale. Negli ultimi decenni si è assistito al divieto d’uso di diversi prodotti chimici che hanno rappresentato per decenni la panacea a gravosi problemi fitosanitari. Il bromuro di metile, fumigante largamente utilizzato per la disinfestazione del terreno, fu incluso nella lista dei gas capaci di interferire con l’integrità dell’ozonosfera terrestre nel 1987. Ne fu bandito l’uso a livello comunitario nel 2010. Così come accadde nel 2018 per l’Imidacloprid e il Clothianidin, due insetticidi sistemici a cui è stata attribuita, almeno in parte, l’anomala morte degli impollinatori registrata negli ultimi anni.
La produzione biologica esclude in toto l’uso di prodotti chimici di sintesi e si basa sul dispiego di mezzi di controllo biologici, e in alcuni casi anche al ricorso a mezzi fisici. I vantaggi legati all’utilizzo di fitosanitari biologici sono molteplici. Questi prodotti hanno effetti limitati nei confronti di specie utili che “frequentano" e che risiedono negli agroecosistemi. Inoltre, sono caratterizzati dal basso rischio di indurre resistenza nella popolazione infestante, così come è basso, o in taluni casi nullo, il rischio di intossicazione per l’operatore durante le fasi di applicazione. L’uso di agenti di controllo biologico, quali artropodi parassiti e predatori, funghi, batteri, virus, è una realtà consolidata nel contesto agrario. L’acquisto di tali mezzi è alla portata di tutti i produttori, anche dei piccoli agricoltori. Sono numerose le biofabbriche che allevano e commercializzano queste specie. Nel caso di colture i cui prodotti eduli hanno standard di qualità molto elevati, l’uso di prodotti chimici di sintesi resta ancora la più affidabile risorsa per il controllo delle specie infestanti. Ciò nonostante, l’uso di prodotti fitosanitari biologici riesce sempre più efficacemente ad integrarsi con quello dei prodotti chimici sintetici. Nell’ambito di un piano di difesa di una coltura, l’uso congiunto delle due tipologie di prodotti è alla base del concetto di “protezione integrata” delle coltivazioni. Tale concetto include anche il ricorso a mezzi di controllo meccanici e alle pratiche agronomiche che promuovono la resistenza della pianta agli attacchi degli infestanti.
Le specie esotiche: problematiche attuali e sfide future per l’agricoltura lucana
Negli ultimi decenni l’agricoltura italiana ha dovuto far i conti con l’arrivo di molteplici specie infestanti esotiche, le quali, a causa dell’assenza di nemici naturali specifici, si sono ampiamente diffuse e sono diventate dei gravosi problemi fitosanitari. Il caso della vespa galligena del castagno Dryocosmus kuriphilus e del batterio Xylella fastidiosa che ha decimato gli oliveti salentini, sono solo alcuni esempi delle specie aliene che stanno determinando perdite economiche agli agricoltori italiani. Secondo i dati DAISE (Delivering Alien Invasive Species in Europe), nella nostra penisola, sono presenti oltre 1.500 specie aliene: un terzo di queste sono insetti.
Queste invasioni vengono seguite a livello comunitario. Il lungo elenco delle specie invasive viene continuamente aggiornato dall’EPPO (European and Mediterranean Plant Protection Organization) tramite la redazione di specifiche liste (A1, A2 e “di Allerta”), le quali classificano le specie dannose alle piante in base al loro rischio potenziale. Negli ultimi decenni, in Basilicata, sono giunte diverse specie esotiche. Tra queste si ricordano il virus PPV, agente eziologico della Sharka delle drupacee, il quale è ormai endemico nel Metapontino, la vespa galligena del castagno, Dryocosmus kuriphilus, segnalata nel Vulture nel 2010, la Drosophila suzukii nel 2015 e l’aleurodide Aleurocanthus spiniferus, nel 2018. Per il territorio lucano le sfide in tema di difesa fitosanitaria si prospettano essere molteplici. La malattia del “disseccamento rapido dell’olivo”, causata dal batterio Xylella fastidiosa, avanza dal Salento verso il nord della Puglia con un raggio di estensione di circa 40 km/anno. Il recente ritrovamento di Xylella nella provincia di Taranto rende sempre più plausibile l’idea che questo patogeno possa approdare anche sul territorio lucano. L’area olivicola del basso materano viene monitorata periodicamente da anni in quanto ci si aspetta che l’invasione possa avvenire da quel fronte.
Se la Xylella è considerata un’eventuale e temibile sfida per l’olivicoltura lucana, il controllo delle infestazioni di Drosophila suzukii e di Aleurochantus spiniferus sono già due sfide in corso. Le recenti segnalazioni dei cali di produzioni della fragola nell’area metapontina a causa della Drosophila suzukii potrebbe richiedere la messa a punto di piani di controlli ad hoc. Le larve di questo dittero si nutrono delle fragole in campo, le distruggono e le rendono non commercializzabili. Intere produzioni rischiano di essere pregiudicate. Le colture maggiormente soggette a infestazioni di Aleurocanthus spiniferus sono gli agrumi e la vite, nonché numerose ornamentali. L’uso di prodotti biologici, come l’olio essenziale di arancio dolce, sembra stia dando buoni risultati per il contenimento degli stadi immaturi dell’aleurocanto. Il controllo di questa specie, tangibile minaccia per l’agrumicoltura e la viticoltura lucana, appare particolarmente complesso e merita approfondimento.
Il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali (MIPAAF) considera la protezione delle coltivazioni come il principale mezzo per perseguire produzioni agrarie economicamente soddisfacenti. Inoltre, incentiva il ricorso a mezzi di controllo biologici per ottenere prodotti agroalimentari salubri. Infatti, la FAO ha dedicato l’anno 2020 “alla difesa delle piante”. Le problematiche fitosanitarie insorgono sul territorio nazionale senza preavviso: si pensi ad esempio all’introduzione accidentale delle specie entomologiche precedentemente citate. La possibilità di poter individuare tempestivamente piani di contenimento delle nuove specie infestanti si baserà sullo studio delle specie invasive, delle interazioni con le piante ospiti e gli ecosistemi invasi. La tempestività nel dispiegare le dovute misure di contenimento per contenere le popolazioni delle specie alloctone dipenderà anche dalla qualità della cooperazione e dalla tempestività delle comunicazioni tra ministero, università, centri di ricerca, uffici fitosanitari regionali ed agricoltori.