Il piombo nelle munizioni da caccia: un pericolo sottovalutato (SECONDA PARTE)

Un metallo usato da sempre, ma molto dannoso per la salute. la prima parte dell'articolo è pubblicata nel numero 94 di Agrifoglio
didascalia.

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Data:Thu May 28 16:29:00 CEST 2020

Come spiegato anche nel numero precedente della nostra rivista, abbiamo trovato questo contributo di Alessandro Andreotti - che lavora per l'Area per l’Avifauna Migratrice dell'ISPRA - sul pericolo da piombo originale e interessante. Per scelta della Redazione, non lo abbiamo quindi sottoposto a "tagli", che ne avrebbero probabilmente alterato parzialmente il senso: considerata la sua lunghezza, ve lo abbiamo proposto in due puntate. Questa è la seconda e ultima: la PRIMA PARTE è stata pubblicata sul numero 94 di Agrifoglio.

 

L’impatto sulla fauna selvatica

Le munizioni a base di piombo non determinano problemi solo per chi consuma carne di selvaggina, ma provocano danni rilevanti anche alla fauna selvatica e all’ambiente.

Molte specie di uccelli ingeriscono accidentalmente il piombo delle munizioni, restandone intossicati. Gli uccelli da preda si avvelenano nutrendosi delle carni di animali colpiti dai cacciatori e non recuperati. Aquile, avvoltoi e falchi hanno succhi gastrici molto più acidi rispetto a quelli dell’uomo, per cui sono in grado di assorbire più facilmente il piombo metallico delle munizioni. Ad essere maggiormente esposti sono quei rapaci che si cibano spesso sulle carcasse di animali morti. Sulle Alpi una percentuale alta di aquile reali soffrono di saturnismo perché d’inverno sono solite nutrirsi delle viscere degli ungulati abbattuti che i cacciatori lasciano sul posto per ridurre il peso da trasportare e per garantire una migliore conservazione delle carni. Uno studio condotto dal Parco Nazionale dello Stelvio, dalla Provincia di Sondrio e dall’Università di Milano ha dimostrato come nel 62% dei casi le viscere lasciate sul terreno di caccia risultino contaminate da frammenti di piombo. Si tratta di una percentuale molto alta, che spiega come mai i casi di avvelenamento delle aquile sia così elevato. Purtroppo ad essere colpite da saturnismo sono anche specie rare e minacciate, come il gipeto, un grande avvoltoio estinto dall’Italia peninsulare nei primi anni del ‘900 e ritornato a nidificare sull’arco alpino grazie ad un complesso progetto di reintroduzione avviato a metà degli anni ‘80 del secolo scorso e non ancora terminato. È stato calcolato che l’intossicazione da piombo rappresenti almeno il 13% di tutte le cause di morte riscontrate dall’inizio del progetto e che attualmente costituisca il principale fattore che ostacola la ripresa della specie.

Anche molti rapaci che si nutrono solo di prede vive sono esposti al saturnismo. Ad essere più a rischio sono predatori come il falco pellegrino o l’astore, che spesso non disdegnano specie oggetto di caccia, come il colombaccio o le pernici. Questo accade perché nelle popolazioni soggette ad un’intensa attività venatoria una percentuale anche molto elevata di individui ha pallini in corpo, a seguito di precedenti ferite in parti non vitali successivamente rimarginate. Alcuni dati disponibili mostrano come l’incidenza degli animali con vecchie ferite vari in funzione di diversi fattori, quali l’età degli individui nonché l’intensità e le modalità con cui la caccia è praticata. In Danimarca, ad esempio, si è visto come la percentuale di volpi con pallini in corpo è scesa dal 25 all’8% a seguito di una campagna volta a ridurre i ferimenti durante lo svolgimento dell’attività venatoria. Per specie come le oche, si è osservata una maggiore frequenza di soggetti con pallini negli adulti rispetto ai giovani (24 contro 11% nell’oca zamperosee), in quanto gli adulti hanno dovuto superare un maggior numero di stagioni venatorie.

Altri uccelli esposti all’intossicazione del piombo a causa delle cartucce da caccia sono gli uccelli acquatici e gli uccelli granivori. In questo caso gli animali ingeriscono direttamente i pallini sparati che giacciono sul terreno o sul fondo delle zone umide. I pallini vengono assunti in quanto scambiati per semi o per sassolini (grit) che gli uccelli ingeriscono per aiutare la frantumazione del cibo all’interno dello stomaco. Il grit di norma rimane nello stomaco sino a quando non viene completamente disgregato per l’azione meccanica della muscolatura dello stomaco e per l’azione chimica dei succhi gastrici. Analogamente, i pallini vengono trattenuti nello stomaco sino a che non vengono erosi. Questo fa sì che il piombo venga progressivamente assorbito dall’intestino, provocando una grave forma di intossicazione; bastano anche solo due o tre pallini per causare la morte di un uccello della taglia di un germano reale.

Nel caso degli uccelli acquatici la problematica dell’avvelenamento del piombo è particolarmente grave, perché nelle zone umide spesso i fondali sono coperti di sedimenti fini e i pallini da caccia rappresentano gli unici materiali che possono svolgere la funzione del grit per la triturazione del cibo. È stato calcolato che in Europa ogni anno muoia per saturnismo un milione di uccelli, tra anatre, oche e cigni. Questa situazione drammatica già da tempo ha spinto diversi paesi ad adottare un bando all’uso delle munizioni contenenti piombo per la caccia nelle zone umide; in Italia nel 2006 è stato introdotto un divieto che riguarda la caccia nelle zone umide all’interno della rete Natura 2000, il sistema di aree protette create ai sensi della direttiva Habitat e della direttiva Uccelli.

Nel caso degli uccelli granivori terrestri, si dispone di minori informazioni sull’incidenza del fenomeno rispetto all’avifauna acquatica, per cui non è possibile stabilire ancora quanti individui muoiono avvelenati ogni anno; quello che è certo, però, è che anch’essi soffrono lo stesso problema. Ad essere esposti sono soprattutto i galliformi (fagiani, pernici) e i columbiformi (tortore, piccioni, colombacci) che vivono nelle aree dove la caccia è più intensa e dove quindi è presente una più elevata densità di pallini nel terreno. In particolare, il rischio di ingestione è più elevato nelle aziende venatorie e nelle aree dove si pratica la caccia agli uccelli migratori. Dal momento che la degradazione dei pallini avviene in tempi molto lunghi e può richiedere decine di anni, nelle zone frequentate dai cacciatori la densità dei pallini nel suolo tende ad aumentare di anno in anno.

 

I pallini di piombo e l’inquinamento dei terreni

L’accumulo del piombo nel terreno rappresenta un altro problema non secondario causato dall’uso del piombo nelle munizioni. A livello internazionale, si ritiene che la caccia rappresenti la più rilevante fonte di inquinamento da piombo non soggetta a regolamentazione. Solo in Italia è stato calcolato che ogni stagione venatoria ne vengano riversate nell’ambiente tra le 10.000 e le 4.600 tonnellate; si tratta di un quantitativo molto elevato, soprattutto se si tiene conto che non viene disperso in modo omogeneo sull’intero territorio e che i pallini si accumulano nelle stesse località anno dopo anno. Alcuni terreni possono contenere quantitativi di piombo molto elevati, al punto da eccedere i limiti previsti dall’Unione Europea per le aree agricoli. Ma qual è il destino del piombo che finisce nel terreno? I pallini, una volta sparati, tendono a rimanere nei primi cinque centimetri di profondità del terreno dove sono caduti; con il tempo, finiscono con l’alterarsi in superficie, formando composti che possono essere assorbiti dagli organismi viventi. Studi condotti in corrispondenza di poligoni di tiro dimostrano come gli invertebrati nel terreno, in particolare i lombrichi, tendono ad accumulare il piombo, cosi come diverse specie di piante. Il piombo, dunque, con il tempo finisce con l’entrare nelle catene alimentari, divenendo accessibile per la fauna selvatica, gli animali domestici e l’uomo. È stato anche accertato che con il passare degli anni le munizioni nel terreno dei poligoni di tiro possono portare ad una contaminazione diffusa delle acque sotterranee di falda. Dunque anche la dispersione dei pallini nell’ambiente a lungo andare può avere ripercussioni non trascurabili sulla salute umana.

 

Quali i rimedi possibili?

Da quanto esposto sino ad ora, risulta chiaro che il modo migliore per prevenire le problematiche legate all’uso del piombo nelle munizioni consiste nell’utilizzare materiali meno tossici. Le industrie ormai da tempo producono validi prodotti alternativi, sia per i fucili a canna liscia, sia per le carabine. L’acciaio è il materiale maggiormente impiegato in alternativa al piombo per la fabbricazione dei pallini; la scelta è dovuta alle qualità di questo metallo e al suo costo contenuto. Per i proiettili delle carabine, invece, l’alternativa più diffusa è rappresentata dal rame, che permette di ottenere buone performance in termini di balistica e di letalità, senza che si determini una frammentazione significativa al momento dell’impatto contro il corpo della preda. Esiste dunque la possibilità di continuare a praticare la caccia in sicurezza senza provocare rischi per la salute umana, per la fauna e per l’ambiente.

La Commissione Europea, consapevole delle problematiche esistenti, ha avviato due distinte procedure per introdurre dei divieti all’uso del piombo nelle munizioni da caccia sul territorio dell’Unione; la prima riguarda le sole zone umide, la seconda tutti gli ambienti. Entrambe le procedure sono state attivate nell’ambito del Regolamento REACH sull’uso sostanze pericolose, ma in tempi diversi. Inizialmente è stata effettuata l’istruttoria sulle zone umide; gli approfondimenti tecnici sono stati completati ed ora la proposta di bando e all’esame del Parlamento europeo. La procedura per introdurre un bando estesa a tutti gli ambienti è stata avviata più di recente ed è tuttora in fase di approfondimento tecnico. Quanto le due proposte verranno approvate, scatterà direttamente il divieto su tutto il territorio dell’Unione, senza bisogno che i singoli Stati membri provvedano a emanare leggi proprie.

In attesa che i bandi entrino in vigore, i cacciatori hanno la possibilità di cominciare da subito a utilizzare munizioni alternative, per ovviare alle problematiche sopra descritte e cominciare ad abituarsi ai nuovi prodotti disponibili sul mercato. L’esperienza di chi ha già fatto il passaggio dal piombo ad un nuovo tipo di materiale dimostra come sia necessario una fase di transizione durante la quale occorre acquisire padronanza con i nuovi materiali utilizzati. Per questo all’inizio non bisogna scoraggiarsi: occorre approcciarsi al cambiamento come ad una sfida, da intraprendere nell’interesse di tutti e nella consapevolezza che solo attraverso questo cambiamento la caccia potrà avere un futuro.

Per chi non va a caccia, ma ama piatti a base di selvaggina, si consiglia di fare molta attenzione, sino a quando non entreranno in vigore i divieti introdotti dalla Commissione Europea, perché le carni potrebbero risultare contaminate dei frammenti del piombo delle munizioni. Se non si ha la certezza che la selvaggina sia stata abbattuta con munizioni alternative, conviene limitarne il più possibile il consumo. Le donne in gravidanza e in allattamento, i bambini e i ragazzi, invece, dovrebbero astenersi del tutto dal mangiare selvaggina, per evitare che il piombo interferisca con il normale sviluppo del sistema nervoso. Le aziende che immettono carne di selvaggina sul mercato alimentare, dal canto loro, potrebbero creare linee di prodotti certificati “senza piombo”, come già stanno facendo alcuni enti gestori di aree protette che effettuano operazioni di controllo del cinghiale o di altri ungulati utilizzando munizioni senza piombo e che rivendono le carni degli animali abbattuti.

Si ringrazia Massimo Piacentino per le foto.

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Agrifoglio n. 95 - Maggio 

Temi
Rubrica
zootecnia
Autori
Alessandro  Andreotti

ISPRA

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