Focus

Il Trichoderma nella difesa del pomodoro

Funghi saprofiti, comuni nel suolo, impiegati come agenti di biocontrollo antagonista
didascalia.

Trattamento a base di Trichoderma spp. delle piantine di pomodoro al momento del trapianto.

Data:Mon Jun 22 21:57:40 CEST 2020

Vittoria CACCAVO Dottorato in Scienze Agrarie, Forestali e degli Alimenti.

L'articolo viene pubblicato nell'ambito della collaborazione avviata tra la rivista AGRIFOGLIO e la Scuola di Scienze Agrarie, Forestali, Alimentari e dell'Ambiente dell'Università della Basilicata.

 

Il pomodoro, coltivato sia in pieno campo che in condizioni di serra, è il vegetale più utilizzato in Italia per il consumo fresco e come prodotto trasformato. In Basilicata la coltivazione del pomodoro da industria in piena aria riguarda poco più di 2000 ettari, con una produzione totale di circa 1160000 quintali (dati Istat, 2019). Pertanto la filiera della trasformazione del pomodoro è un comparto dell’industria regionale molto importante. Sfortunatamente, i fattori biotici, come insetti e patogeni, possono causare gravi perdite economiche distruggendo le piante o riducendo la produttività agronomica, diventando un fattore limitante sia in campo che in serra. Per il controllo degli organismi dannosi, in agricoltura si ricorre molto spesso all’uso di agrofarmaci di sintesi. Negli ultimi anni, tuttavia, è cresciuta l’attenzione sull’impatto ambientale dell’uso massiccio di sostanze chimiche di sintesi e il problema connesso alla presenza di tali composti nell’ambiente e nei prodotti agroalimentari. Di recente, per ridurre l’apporto di composti chimici sono stati sviluppati mezzi alternativi a quelli tradizionalmente utilizzati nella difesa e nella fertilizzazione delle piante. In tale contesto, un interesse sempre maggiore è riservato agli agenti di biocontrollo antagonista che comprendono microrganismi (virus e batteri specifici o funghi antagonisti) e macrorganismi (insetti utili, acari predatori, nematodi entomoparassiti, ecc.). In particolare si sta diffondendo l’utilizzo di funghi del genere Trichoderma, sia in coltura pura che in combinazione con micorrize e batteri.

Trichoderma: cos’è e quali sono gli effetti

Nel loro ambiente naturale, gli organismi vegetali interagiscono con molteplici microrganismi, alcuni dei quali potenzialmente dannosi perché patogeni, altri, invece, benefici poiché possono promuovere la crescita e attivare risposte naturali di difesa delle piante. Questo è il caso dei funghi del genere Trichoderma, al quale appartengono molte specie di funghi saprofiti, comuni nel suolo e che instaurano rapporti di simbiosi mutualistica con le piante, stimolandone la crescita e aumentandone la capacità di difesa nei confronti di stress biotici. 

Gli effetti sull’apparato radicale

Alcuni isolati di Trichoderma spp. hanno la capacità di interagire direttamente con la pianta, inducendo effetti benefici come la promozione della crescita (biofertilizzante), l’aumento della disponibilità di nutrienti e il miglioramento della produzione. Questi funghi, per la loro capacità di stabilire interazioni simbiotiche a livello dell’apparato radicale, sono di particolare interesse dal punto di vista agricolo. Nel pomodoro, a cui sono associati alcuni ceppi di Trichoderma spp., si osserva un aumento della biomassa radicale. Queste modifiche morfologiche migliorano l’assorbimento delle sostanze nutritive, soprattutto nei suoli poveri, e potenziano la resistenza contro stress di natura biotica e abiotica (come lo stress idrico o salino). 

Gli effetti sulla difesa fitosanitaria

Per contrastare i fitopatogeni gli isolati di Trichoderma spp. utilizzano svariati meccanismi d’azione, i principali sono la competizione per le sostanze nutritive e/o lo spazio, l’antibiosi (la produzione di metaboliti con attività antibiotica) e il micoparassitismo (l’attacco del fungo antagonista su un fungo patogeno). Alcune specie di Trichoderma vengono usate come agenti di biocontrollo antagonista poiché l’invasione dei tessuti radicali da parte del fungo simbionte stimola nella pianta una risposta di difesa sistemica. I più utilizzati sono ceppi di T. virens, T. viride e soprattutto di T. harzianum.

In particolare, il ceppo T-22 di T. harzianum rappresenta l’ingrediente attivo dei prodotti registrati che sono ampiamente impiegati nel controllo delle malattie delle piante. Questo fungo protegge le radici stabilendo una barriera contro l’assalto di funghi patogeni (ad es. Fusarium spp., Pythium spp., Rhizoctonia spp. e Sclerotinia spp.). È emerso che il ceppo T-22 di T. harzianum è in grado di indurre la resistenza sistemica in diverse piante di importanza agraria, oltre che in quelle di pomodoro. Ad oggi, è ampiamente documentato che l’induzione di resistenza localizzata e sistemica da parte di Trichoderma spp. si esplica nei confronti di funghi (Rhizoctonia solani, Botrytis cinerea, Phytophthora spp., Alternaria spp., ecc.), batteri (Xanthomonas spp., Pseudomonas syringae, ecc.) e virus (Cucumber mosaic virus).

Nello specifico, il cucumber mosaic virus (il virus del mosaico del cetriolo) spesso colpisce il pomodoro, provocando gravi perdite economiche in termini di produzione. La modalità di diffusione più frequente di questo virus, sia in campo sia in ambiente protetto, è quella operata dai vettori, in particolare dagli afidi (Myzus persicae, Macrosiphum euphorbiae, Aphis gossypii). Macrosiphum euphorbiae, oltre ad essere vettore di virus, determina danni diretti consistenti come l’arricciamento fogliare, il deperimento dei germogli e la necrosi e clorosi delle foglie.

Fino ad oggi sono noti gli effetti benefici del Trichoderma spp. sulla promozione della crescita delle piante e sulla protezione dai patogeni, ma sono scarsi gli studi degli effetti sulla protezione nei confronti degli insetti fitofagi. Sembra che la presenza del simbionte radicale nella pianta sia in grado di alterare il comportamento e lo sviluppo degli insetti fitofagi e dei loro nemici naturali. Da studi recenti è emerso che la promozione dello sviluppo delle piante di pomodoro trattate col fungo T. longibrachiatum è associata ad un aumento di fertilità dell’afide Macrosiphum euphorbiae ma anche ad una maggiore produzione di componenti volatili che sono in grado di attrarne i nemici naturali (Aphidius ervi e Macrolophus pygmaeus). Le piante trattate con T. longibrachiatum sono quindi più suscettibili agli afidi ma l’efficienza del controllo biologico dovrebbe aumentare. Tuttavia, gli effetti diretti sugli afidi dipendono dalla specie o dal ceppo specifico di Trichoderma spp. e dalla specie della pianta ospite. Infatti il ceppo T22 di T. harzianum influisce negativamente sulla fertilità di Macrosiphum euphorbiae sulle piante di pomodoro, diminuendone anche la sopravvivenza. Un’altra specie, il fungo T. asperellum, sembra pure influire negativamente sulle popolazioni afidiche. In quest’ultimo caso i dati riguardano Acyrthosiphon pisum su fava e Aphis gossypii su cetriolo.

Le informazioni al momento disponibili sulle interazioni Trichoderma-insetti si riferiscono principalmente agli afidi e ai loro nemici naturali. Molto poco si sa a riguardo di altri fitofagi. Per allargare le possibilità di utilizzo del Trichoderma nella difesa del pomodoro è necessaria una conoscenza più approfondita dei meccanismi di azione che sono attivati nella pianta in presenza degli insetti fitofagi.

La variabilità nel comportamento di diverse specie e ceppi di Trichoderma, osservata nei confronti degli afidi, lascia spazio alla possibilità di selezionare genotipi capaci di indurre nella pianta ospite risposte di difesa diretta (riducendo lo sviluppo delle popolazioni di afidi) e indiretta (aumentando la capacità di attrarne i nemici naturali) delle piante contro gli insetti fitofagi. Questo renderebbe disponibili ceppi di simbionti radicali capaci di coniugare gli effetti benefici di promozione della crescita e di protezione contro i patogeni con quelli della difesa contro gli insetti fitofagi.

Agrifoglio n. 96 -  

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Autori
Vittoria Caccavo

Dottorato di Ricerca in Scienze Agrarie, Forestali ed Alimentari, Università della Basilicata

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