Filtrante delle "mascherine": alternativa ecosostenibile dalla Or.ma di Pisticci scalo (MT)
A base di cellulosa. Parla l'Amministratore delegato, Odoardi
Data:27 May 2020
Con l’avvio della Fase 2 della gestione dell’emergenza Covid il fabbisogno nazionale di mascherine è cresciuto in maniera esponenziale. Così tanto, che la produzione interna non riesce a soddisfare le esigenze di mercato, quanto meno a prezzi concorrenziali con i paesi emergenti da cui si è costretti a importare.
A rendere più complicata la produzione di mascherine made in Italy è la carenza di “meltblown”, il materiale filtrante indispensabile per ottenerne la certificazione, diventato ormai introvabile sui mercati internazionali.
L’alternativa, per giunta sostenibile, arriva dalla Basilicata: lo stabilimento della Or.ma, azienda leader nella produzione di tessuto-non tessuto, è in grado di produrre un nuovo materiale che ha una capacità filtrante batterica del 99%.
A testare il prodotto, frutto della ricerca dei laboratori di innovazione e sviluppo dell’azienda di Pisticci scalo, è stato il Dipartimento Meccanica Matematica e Management del Politecnico di Bari.
“Si tratta di un materiale sostenibile realizzato in viscosa, poliestere e polpa di cellulosa - spiega l’Amministratore delegato di Or.ma Renzo Odoardi, stupito da tanto scalpore mediatico. “Al di là del prezzo contenuto - osserva Odoardi – il nostro tessuto è un vero toccasana per l’ambiente, considerato che il fabbisogno giornaliero stimato di mascherine è di circa 30 milioni. Molto di più dei sacchetti della spesa. Per cui quello dello smaltimento è un problema serio, forse anche di più di quello dell’approvvigionamento del filtrante per realizzare mascherine chirurgiche a tre strati”.
È evidente che l’utilizzo di un materiale riciclabile ed ecocompatibile alleggerisce notevolmente il carico ambientale determinato dall’uso di mascherine quotidiano e generalizzato.
La fabbrica di Pisticci scalo, che impiega 70 addetti, è in grado di fornire non meno di 250mila metri quadri di tessuto al giorno per la produzione di almeno 3,5 milioni di mascherine chirurgiche. La potenzialità, però va oltre: il passo successivo potrebbe essere raddoppiare e arrivare a 7 milioni di pezzi. Un quantitativo sufficiente a contenere il costo di produzione unitario in 5-7 centesimi di euro, consentendo dunque un considerevole margine per tutta la filiera. Il costo al dettaglio sarà senz'altro inferiore rispetto a quello della mascherina realizzata col meltblown.
“Ma Or.ma – tiene a precisare l’AD Odoardi- non assemblerà direttamente mascherine. La nostra fabbrica continuerà a produrre solo ed esclusivamente il filtrante in cellulosa e anche l’elastico laterale. Quello da noi prodotto - spiega - non è in lycra, ma in gomma riciclabile. Sono tutte materie prime riutilizzabili. È sufficiente sterilizzarli, dopo l’uso, per renderli riciclabili anche in un altro settore”.
Grazie alla ricerca costante sullo sviluppo di nuovi materiali, insomma, nella fabbrica di Pisticci scalo passare dalla produzione di tovaglie e tovaglioli usa e getta all’eco-tessuto per le mascherine è stato del tutto naturale.
Il nuovo tessuto è il risultato della collaborazione tra il Politecnico di Bari, Natuzzi e Texol (la casa madre di Or.ma. srl). “Il nostro è un modello di Sud positivo - dice con soddisfazione Odoardi. Abbiamo dato vita a una filiera virtuosa, in grado di trovare soluzioni innovative e al passo con le esigenze del mercato e dell’ambiente. Ma essere sotto i riflettori non è il nostro obiettivo, vogliamo solo continuare a lavorare in silenzio, come abbiamo sempre fatto”.