Filiera corta e chilometro zero: ora c'è la legge nazionale

E' la 61 del 17 maggio 2022. I Comuni dovranno destinare almeno il 30% della superficie dei mercati alla vendita di questi prodotti
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Data:Tue Jun 21 09:21:35 CEST 2022

L’11 maggio scorso la Camera ha approvato in via definitiva la proposta di legge Norme per la valorizzazione e la promozione dei prodotti agricoli e alimentari a chilometro zero e di quelli provenienti da filiera corta pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale Serie Generale n.135 del 11-06-2022 come “Legge del 17 maggio 2022, n. 61”. Una legge specifica per promuovere la domanda e l’offerta dei prodotti dell’agroalimentare locale, soprattutto se di qualità certificata, favorendone il consumo e la commercializzazione senza intermediari. Le Regioni e gli enti locali sono chiamati a realizzare tutte le iniziative di loro competenza per assicurare la valorizzazione e la promozione dei prodotti territoriali, creando spazi d’incontro tra produttori e consumatori, locali o… “di passaggio” come può essere un turista o un visitatore. Un’occasione in più soprattutto per gli agricoltori che operano nelle località turistiche dove, ad esempio, si può aggiunge alla ristorazione collettiva (mense scolastiche, ospedaliere, di lavoro, ecc.) anche quella del settore in questione. Infatti, il turismo che lega le risorse tipiche del settore (storia, cultura, ambiente, clima, ecc.) alla conoscenza enogastronomica di un territorio è in forte ascesa.

Già altre leggi hanno affrontato indirettamente il tema ma con quest’ultima si definiscono con precisione alcuni punti molto importanti. Si stabilisce infatti (all’articolo 2) che a "chilometro zero” sono solo i prodotti agroalimentari, compresi quelli della pesca o dell’acquacoltura, che provengono da luoghi di produzione o di trasformazione della materia prima agricola, o di sbarco per il pesce, situati nella stessa provincia o comunque posti a una distanza non superiore a 70 chilometri di raggio dal luogo di vendita o dal luogo di consumo.

I prodotti agricoli e alimentari nazionali sono definiti provenienti da filiera corta se la commercializzazione è caratterizzata dall'assenza di intermediari commerciali o, al più, dalla presenza di un solo intermediario tra produttore e consumatore finale. Le cooperative e i consorzi tra produttori non sono considerati intermediari. Entro 90 giorni dalla entrata in vigore della legge saranno istituiti (così dice la legge) il logo «chilometro zero» e il logo «filiera corta».

Si ribadisce (all’articolo 3) e si rafforza quanto già previsto dai recepimenti italiani delle direttive UE sugli acquisti verdi della pubblica amministrazione (GPP, Green Public Procurement), dalle norme regionali sulle origini degli alimenti negli agriturismi, dalle premialità previste nelle gare d’appalto per le mense scolastiche e nella ristorazione collettiva in genere, ovvero che le amministrazioni pubbliche operino per favorire l’incontro diretto tra questi produttori e i soggetti gestori, pubblici e privati, della ristorazione collettiva.

Questa legge ha la finalità di favorire la crescita della domanda e dell’offerta dei prodotti agroalimentari a chilometro zero e di quelli provenienti da filiera corta, promuovendo altresì un’adeguata informazione ai consumatori sulla loro origine e sulle loro specificità. I Comuni, si precisa all’articolo 4, devono assegnare almeno il 30% della superficie del mercato agli imprenditori agricoli o pescatori per la vendita dei prodotti agricoli e alimentari a chilometro zero e di quelli provenienti da filiera corta. Potrebbe sembrare una contraddizione ma anche nei locali della grande distribuzione commerciale le regioni e gli enti locali possono favorire la destinazione di particolari aree alla vendita di questi prodotti.

Sono previste (articolo 7) anche sanzioni amministrative pecuniarie a partire da 1.600 e sino a 9.500 euro per chi usa fraudolentemente o in maniera non conforme le definizioni o i loghi che, precisa la nuova legge, non devono essere riportati sulle etichette dei prodotti ma possono essere esposti negli spazi di vendita o di consumo.

Come detto prima, non sono concetti nuovi. La vendita diretta, sino agli anni ’50 del secolo scorso, era quasi la norma. La produzione agricola era tra le principali e più diffuse attività della popolazione italiana. I produttori ed i consumatori convivevano quasi negli stessi spazi. L’evoluzione sociale e tecnologica, le migrazioni verso i grandi centri, i processi di industrializzazione e, soprattutto, la globalizzazione dei mercati, hanno allontanato sempre di più l’origine dalla destinazione finale dei prodotti.

Tra i primi a riprendere e rimettere in pratica queste forme di distribuzione e commercializzazione di prodotti locali senza intermediari sono stati: gli agricoltori biologici da un lato, con le vendite in azienda o nei mercatini, direttamente o attraverso i loro consorzi, e i consumatori dall’altro, con la costituzione dei gruppi di acquisto solidali (GAS). Praticamente una tra le forme più evolute di filiera corta e, ove possibile, di chilometro zero, con una particolare attenzione alla sostenibilità ambientale e sociale. Probabilmente anche per questa particolare attenzione, già da qualche anno tra questi antesignani della micro-distribuzione biologica (che durante la pandemia sono decisamente cresciuti) ci si interroga sulla necessità di incentivare la costituzione di filiere corte anche per i mezzi tecnici. In altre parole ci si interroga sempre di più sulla qualità e la composizione di ciò che “entra” nelle aziende agricole (semente, concimi, fitosanitari, ecc.). Anche per i mezzi tecnici, infatti, la distanza tra produttori (industrie) e consumatori (agricoltori) è, spesso, enorme! Argomenti, questi, che nel contesto attuale, post-pandemico e di guerra, dove la globalizzazione mostra i propri limiti, sono di estrema attualità.

 

CLICCA QUI per l’articolo “La filiera corta dei mezzi tecnici in agricoltura biologica” di Giuseppe Mele, pubblicato sul n. 91 di Agrifoglio di gennaio 2020.

Agrifoglio n. 109 -  

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coltivando
Autori
Giuseppe Mele

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