Desertificazione, il pericolo si combatte anche in Veneto

Sperimentato a San Donà di Piave un metodo che prevede la distribuzione di matrici organiche per arricchire il terreno. Ne parla il direttore generale dell'ANBI
didascalia.

Il podere Fiorentina di San Donà di Piave dove è stato sperimentato il metodo per aumentare la fertilità del terreno .

Data:26 Jun 2020

Il rischio desertificazione non appartiene più solo alla memoria collettiva che lo lega a regioni del Sud come la Sicilia. A risentire oggi di un fenomeno dovuto ai cambiamenti climatici e ormai diffuso in tutto il mondo a macchia d'olio, sono anche molte altre regioni italiane anche al nord e al centro del Paese. La Basilicata in particolare è al momento la regione italiana fra le prime tre considerate a rischio, e per questo tenute sotto osservazione.

I progetti, nel frattempo, impegnano tutto il Paese: lo conferma quello promosso dal Consorzio di Bonifica Veneto orientale e dall'Università di Padova (Dipartimento di Agronomia, Animali, Alimenti, Risorse Naturali e Ambiente) che intende affrontare in modo efficace il pericolo desertificazione, entrato a pieno diritto nelle agende istituzionali a cominciare addirittura da quella europea con il suo Green Deal. Un progetto che ha visto protagonista il podere Fiorentina di San Donà di Piave in provincia di Venezia. Grazie alla distribuzione di materie organiche insieme a compost e digestato secco, il progetto veneto mira a aumentare la fertilità del terreno, in particolare nell'area seminata a soia e nelle differenti parti dell'appezzamento sui quali verrà poi osservata delle coltivazioni. 

Soddisfatto per quella che egli stesso definisce “una provocazione, perchè sperimentata in un'area che non rientra fra quelle a rischio desertificazione”, è Massimo Gargano, direttore generale dell'ANBI, l'Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e Tutela del territorio ed acqua irrigue. Gargano aggiunge: “Per noi si tratta di una sperimentazione di grande valore. Per trattenere più acqua nel terreno è importante mettere in atto una serie di strategie. Un terreno ricco di sostanza organica – prosegue – è quello che trattiene più acqua. Si tratta, in sostanza della possibilità di poter contare su un terreno più ricco, in cui le colture crescono meglio e in cui si utilizzano meno fertilizzanti”. 

La soglia di attenzione nei confronti del fenomeno della desertificazione, come conferma Gargano, in realtà in molti settori era alta già da tempo: “Oggi il quadro complessivo è ancora più sensibile, da questo punto di vista, e l'iniziativa messa in atto in Veneto ci rende orgogliosi”. Purtroppo la mancanza dell'evento del MacFrut a causa del coronavirus non ha consentito la presentazione ufficiale di questo progetto, ma resta l'importanza della rete attorno alla quale questo tema resta al centro dei confronti. “Il problema si amplia sempre di più – prosegue Massimo Gargano – e se una volta riguardava solo regioni come la Basilicata o la Puglia e la Sicilia, oggi lo ritroviamo anche in Sardegna, Marche o Umbria. Servono perciò risposte coerenti. L'utilizzo della sostanza organica è una delle più importanti insieme alla infrastrutturazioni del Paese”.

La scelta del podere di San Donà di Piave, in realtà racconta anche altro: “E' stata una sorta di provocazione – ribadisce Gargano. Scegliere un'azienda in Sicilia sarebbe stato prevedibile, in Veneto lancia un messaggio fortissimo, un po' come la notizia che abbiamo diffuso poco tempo fa sulla quantità di acqua caduta in Emilia Romagna, pari al 60% in meno nello stesso periodo in Israele. Se ne avessimo parlato con i dati della Puglia o della Sicilia, l'impatto sarebbe stato diverso".

La prima fase della sperimentazione del progetto in Veneto durerà un anno, e il terreno si arricchirà di sostanza organica. Su questo aspetto si svolgerà una verifica della risposta, in termini di risorsa idrica, di coltura in termini di redditività. “Per le imprese – aggiunge Gargano – si tratta di una opportunità: non dare acqua al terreno, perchè viene trattenuta naturalmente, vuol dire non pagare il consumo d'acqua”. Il progetto di San Donà di Piave rientra in un sistema più ampio di certificazione di sostenibilità rispetto all'uso della risorsa idrica per le filiere ortofrutticole. “ANBI fa parte anche di Irrigants d'Europe – conclude Gargano - un organismo composto da Portogallo, Spagna, Francia e Italia che coprono il 77% dei Paesi che sono i più interessati a ottenere acqua irrigua”.

 

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