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Cinghiali, problema o risorsa?

Ripercussioni anche gravi in ambito agricolo, stradale, sanitario, sociale e per la biodiversità suggeriscono ormai una nuova strategia nazionale
didascalia.

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Data:Thu Jan 01 01:00:00 CET 1970

Cinghiali: problema o risorsa?

La risposta non è la stessa per tutti. Questa è l’idea che ci siamo fatti ascoltando le opinioni di diversi portatori di interesse e analizzando l’attività dei soggetti istituzionali coinvolti. Un dato inconfutabile è il progressivo incremento dei danni che questa specie sta causando e, almeno su questo punto, tutti sono d’accordo che bisogna intervenire per contenere la popolazione. Ma con quali mezzi? La caccia da sola si sta dimostrando insufficiente, mezzi come le catture non sono ancora abbastanza diffusi e applicati, mentre sarebbe opportuno studiare strategie alternative di intervento.

È fuor di dubbio che in Italia i cinghiali sono stati re-introdotti dal Centro ed Est Europa a scopo venatorio a partire dagli anni ’50 del secolo scorso e sino a vari anni fa, facendo poca attenzione alla genetica e alla provenienza dei capi (Linee guida per la gestione del Cinghiale nelle aree protette. II edizione, ISPRA). Purtroppo, come è successo per altre specie (ad es. il muflone, introdotto sull’isola d’Elba negli anni Ottanta a “scopo ornamentale” dalla allora Comunità montana e dalla Provincia di Livorno), il cinghiale si è moltiplicato oltre misura causando problemi molto seri.

In Italia esistono due razze autoctone di cinghiale, quella sarda (il cui patrimonio genetico è stato parzialmente inficiato dagli accoppiamenti con i cinghiali alloctoni introdotti) e quella appenninica (presente in purezza oggi nella Tenuta Presidenziale di Castel Porziano, Roma).

Onnivori e prolifici, i cinghiali sono causa di problemi che potremmo ricondurre a cinque ambiti: agricolo, stradale, sanitario, biodiversità, sociale. Per i primi tre ambiti, i danni sono abbastanza quantificabili a seguito delle denunce registrate. Per la biodiversità, gli studi sono stati avviati da poco tempo e non ci sono ancora dati significativi. Infine, l’ambito sociale resta quello più difficile da stimare: basti pensare al malcontento generato per la distruzione degli orti familiari (diffusissimi nei paesini lucani) per cui sempre più persone, soprattutto anziani, si vedono costrette molto a malincuore a lasciare il terreno incolto; si pensi al disturbo e al pericolo potenziale per i cittadini nel ritrovarsi questi animali in ambiente urbano, come sempre più frequentemente avviene.

Le cifre pagate dalle istituzioni per risarcire o indennizzare i danni sono in continua crescita, rischiando di diventare insostenibili. Nessuna sorta di risarcimento, invece, sarebbe ipotizzabile per i danni che i cinghiali causano alla biodiversità, tutelata in primo luogo nelle aree parco, dove però ci sono anche i maggiori vincoli per il controllo della specie. Il rischio concreto è che endemismi sia vegetali che animali possano scomparire definitivamente a causa dell’intensa azione di predazione (ad es. di uova di uccelli che nidificano a terra), scavo e grufolamento.

La disponibilità di questa specie selvatica, d’altro canto, potrebbe essere vista come una risorsa e gli esempi non mancano, vedi nelle regioni centrali italiane. Tuttavia in Basilicata l’ipotesi dell’avvio di una filiera di carne e salumi di cinghiale è ancora agli inizi.

La gestione del cinghiale si presenta particolarmente complessa  anche per le competenze che diversi enti hanno sul territorio. Nelle aree protette la competenza amministrativa è attestata agli Enti Parco che a loro volta fanno capo al Ministero dell’Ambiente se Parchi nazionali, o al Dipartimento Ambiente della Regione se Parchi regionali o provinciali. Nelle aree in cui la caccia è permessa, la competenza amministrativa è attestata al Dipartimento Politiche agricole e Forestali della Regione. Ogni ente elabora i propri piani di controllo della specie.

Il suggerimento che dà l’ISPRA nelle sue Linee guida è proprio quello di adottare necessariamente una strategia nazionale di gestione del cinghiale, coordinata e condivisa, che coinvolga aree protette, aree contigue, ambiti pubblici e privati di caccia, nel rispetto delle differenti finalità istitutive.

Agrifoglio n. 93 - Marzo 2020

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cinghiali
Autori
Maria Assunta  Lombardi

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