Carta e penna

Trasparenza e opacità
didascalia.

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Data:Thu Dec 30 16:47:00 CET 2021

"Opacità del mondo produttivo". Era questa - assieme alla paura dell'alcol che si diffondeva in quegli anni - la causa reale della drastica discesa dei consumi pro-capite di vino della metà degli anni '70. Il ciclo di vita di questo prodotto così diffuso sembrava ormai avviato al declino. “Ascoltate - aveva detto nel 1977 Gerald B. White, del Dipartimento di Economia agraria, risorse e economia gestionale della Cornell University, Ithaca, N.Y. - il ciclo di vita del vino occidentale è quasi concluso... potete aspettare che finisca fra qualche anno... oppure potete adottare innovazioni di prodotto per il restyling e il rilancio come ...vini colorati, vini frizzanti, vini senza alcool, vini al sapore di frutta... per rilanciare la produzione destinata al consumo impulsivo dei Paesi emergenti...”.

“Vin mediatique” del 1975, e “Marketing sociale” del 1995, le due più importanti strategie di comunicazione messe in atto in quegli anni - a volte anche in modo aggressivo - non erano però sufficienti. Perché, di fondo, al consumatore restava la sensazione di qualcosa di poco chiaro. Quella sensazione legata alla crescente industrializzazione, alla diffusione delle pratiche enologiche iper-invasive, e anche alla sostanziale omogeneizzazione dei vini di tutte le regioni. L'ansia lo spingeva a valutare il prodotto con maggiore attenzione, a ricercare alcuni segni rassicuranti in aggiunta ai caratteri di qualità, come quelli legati all’intero processo produttivo.

Le “paure” stimolavano a ricercare nuovi «segni» equivalenti a quelli organolettici, che diventavano cosi nuovi “caratteri” apprezzati nel vino di qualità. E il timore dell’eccesso di chimica induceva a ricercare la «naturalità», quello delle tecnologie estreme portava ad apprezzare la «artigianalità», e quello della distanza dal produttore sconosciuto faceva emergere il criterio della «origine». E la paura dell’ignoranza sui "fatti del vino" faceva crescere l’esigenza di una maggiore «trasparenza».

Dal vino agli altri prodotti dell'agroalimentare, il passo è stato rapido. La domanda di trasparenza, sull'origine come sui sistemi di produzione anche in relazione al rispetto dell'ambiente, le qualità organolettiche, sono diventati caratteri irrinunciabili per i consumatori. E proprio su questi caratteri, e attraverso la certificazione di queste qualità complessive, si è trovato il modo di raccontare, e vendere, la storia e l'essenza stessa di un territorio, assurte a valore primario. Da tutelare.

Agrifoglio n. 106 -  

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Autori
Sergio Gallo

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