Batteri lattici e lieviti per migliorare le qualità dell’olio EVO e delle olive da tavola fermentate

L'innovazione contenuta nel progetto ITI4NUEVOO dell'Università di Basilicata
didascalia.

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Data:Mon Oct 12 11:14:18 CEST 2020

Marilisa Giavalisco Dottorato in Scienze Agrarie, Forestali e degli Alimenti.

L'articolo viene pubblicato nell'ambito della collaborazione avviata tra la rivista AGRIFOGLIO e la Scuola di Scienze Agrarie, Forestali, Alimentari e dell'Ambiente dell'Università della Basilicata.
 

Il termine olivicoltura si riferisce all’intera filiera produttiva, ovvero alle attività che vanno dalla coltivazione in campo alla trasformazione industriale e distribuzione commerciale. L’olio di oliva e le olive da tavola, ampiamente diffusi tra i paesi del Mediterraneo, sono i principali alimenti derivanti dalla coltivazione delle olive (Olea europaea L.). Le olive, da olio, da mensa e a duplice attitudine, non possono essere consumate direttamente dopo la raccolta a causa dell’alto contenuto di composti fenolici che ne conferiscono un sapore amaro, perciò, la loro trasformazione in olio e la fermentazione ad opera di batteri lattici e lieviti rappresentano le strategie utili alla riduzione di questi composti.

Le olive da tavola possono essere classificate sulla base dei processi di produzione in: olive conciate o trattate (“olive in stile spagnolo”), deamarizzate mediante trattamento alcalino e fermentate in salamoia per 3-7 mesi da batteri lattici; olive al naturale (“olive in stile greco”), deamarizzate attraverso l’attività delle β-glucosidasi ed esterasi di microrganismi indigeni e fermentate in salamoia per 8-12 mesi da batteri lattici e lieviti; olive disidratate e/o raggrinzite, deamarizzate in una soluzione leggermente alcalina e conservate in salamoia o disidratate con sale secco e/o con il calore; olive annerite per ossidazione, conservate in salamoia.

Dalla molitura delle olive, effettuata mediante mezzi meccanici o fisico-chimici, si ottiene l’olio di oliva. Il processo produttivo comprende il lavaggio delle olive, la molitura mediante macine di granito o frangitori meccanici, la gramolatura e l’estrazione di olio per pressione o centrifugazione o trattamenti chimici. L’olio di oliva vergine ed extravergine è ottenuto dall’utilizzo esclusivo di mezzi meccanici, mentre l’olio ottenuto con trattamenti chimici e fisico-chimici è identificato con tipologie merceologiche nettamente distinte da quelle dell’olio vergine.

I dati relativi alla produzione e al consumo di questi prodotti sono annualmente pubblicati dal Consiglio Oleicolo Internazionale (COI). In Europa, la produzione di olio di oliva per la campagna 2019/2020 è stata di circa 2.011.100 t, mentre il consumo è stato circa 1.369.600 t. L’Italia, il secondo paese europeo produttore di olio di oliva, con 340.000 t ha aumentato del 96% la sua produzione rispetto alla campagna precedente. I dati pubblicati dall'ISMEA (marzo 2020) evidenziano che le regioni settentrionali hanno registrato una drastica riduzione della produzione di olio di oliva, mentre le regioni meridionali hanno mostrato un cospicuo aumento. Con 6.451 t di olio prodotto, la regione Basilicata ha incrementato la sua produzione del 412% rispetto alla campagna 2018/2019 (1.260 t) contribuendo con l’1,77% alla produzione nazionale del 2019/2020.

La produzione di olive da tavola nella campagna 2019/2020 è stata di circa 808.400 t, mentre il consumo di circa 385.300 t. L’Italia è il terzo paese europeo per produzione di olive da tavola, con cultivar destinate principalmente alla duplice attitudine. Sebbene, la produzione di olive da tavola è legata all’andamento stagionale e al mercato dell’olio, le principali regioni produttrici sono la Sicilia, la Puglia, la Calabria, la Liguria e il Lazio.

In Basilicata, il comparto olivicolo è sviluppato per il 60% nella provincia di Matera e per il restante 40% in quella di Potenza. La coltivazione dell’olivo, sebbene sia diffusa in quasi tutti i comuni, è concentrata prevalentemente in cinque aree: area delle colline materane (cultivar Ogliarola del Bradano), area del Melandro (cultivar Romanella), area del Vulture (cultivar Ogliarola del Vulture e Cima di Melfi), area del Pollino (cultivar Faresana) e area del Medio Agri-Basento (cultivar Maiatica di Ferrandina). Tra le specialità lucane vi sono le olive nere al forno di Ferrandina (cultivar majatica; “Presidio Slow Food”) (Figura 1) ottenute mediante un particolare processo tradizionale, e l’olio extravergine di oliva del Vulture DOP (Figura 2), prodotto in alcuni comuni del potentino principalmente dalla cultivar Ogliarola del Vulture e in piccola percentuale dalle cultivar Coratina, Cima di Melfi, Palmarola, Provenzale, Leccino, Frantoio, Cannellino, Rotondella, Laudiola e Nocellara. La peculiarità dell’olio DOP lucano è la ricca composizione in polifenoli, caratteristica legata al clima freddo della zona di produzione.

La microbiologia dei prodotti olivicoli

Dal punto di vista microbiologico le olive rappresentano un ecosistema complesso, caratterizzato principalmente dalla presenza di lieviti e batteri. La composizione in specie e ceppi è, tuttavia, influenzata dall’area geografica, dalla cultivar, dello stadio di maturazione dei frutti, dalle tecniche agronomiche e di raccolta utilizzate.

La composizione del microbiota delle olive influenza significativamente quello dei suoi prodotti; è responsabile, infatti, dell’avvio di fermentazioni spontanee e dei fenomeni di alterazione e deterioramento che si verificano durante la produzione di olive da tavola e di olio di oliva.

Durante la fermentazione delle olive, i batteri lattici naturalmente presenti o aggiunti come colture starter modificano significativamente le caratteristiche organolettiche del prodotto attraverso la produzione di metaboliti e composti aromatici, e ne migliorano la shelf-life grazie alla sintesi di sostanze antimicrobiche.

Anche il microbiota dell’olio rispecchia quello delle olive; sebbene l’olio di oliva è un substrato sfavorevole alla sopravvivenza e alla crescita microbica, recenti studi scientifici hanno rilevato la presenza di microrganismi nelle micro-gocce di acqua di vegetazione contenute nell’olio. I microrganismi associati sono principalmente lieviti provenienti dalla carposfera di olive sane e dai tessuti dei frutti danneggiati o dall’ambiente del frantoio, e occasionalmente muffe e batteri. Recenti studi, tuttavia, hanno dimostrato che l’uso di ceppi di batteri lattici e lieviti selezionati può migliorare le caratteristiche dell’olio extravergine di oliva.

Nell’ambito del progetto “ITI4NUEVOO - Impianti e tecnologie innovative per l’estrazione di un nuovo olio extravergine d'oliva nutraceutico e con elevato contenuto di sostanze salutari” svolto presso la Scuola di Scienze Agrarie, Forestali, Alimentari ed Ambientali (SAFE) dell’Università degli Studi della Basilicata, è in corso uno studio sulla selezione di batteri lattici e di lieviti per la formulazione e ottimizzazione di colture starter e/o aggiuntive in grado di migliorare le qualità organolettiche e nutrizionali dell’olio extravergine di oliva e delle olive da tavola fermentate. In particolare, il gruppo di Microbiologia Industriale che collabora al progetto sta svolgendo attività relative alla selezione di batteri lattici e lieviti in grado di metabolizzare i principali composti fenolici presenti nelle olive, di degradare l’oleuropeina (il secoiridoide responsabile del sapore amaro delle olive) e di sopravvivere nella pasta d’oliva molita e gramolata utilizzata per la produzione di olio.

In conclusione, l’utilizzo di ceppi ben caratterizzati potrebbe rappresentare uno strumento innovativo per la produzione di olio di oliva con caratteristiche nutrizionali migliorate.

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Temi
Rubrica
agrinnova
Autori
Marilisa Giavalisco

Dottorato di Ricerca in Scienze Agrarie, Forestali ed Alimentari, Università della Basilicata

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