Nuovi scenari di valorizzazione dei residui legnosi dell'olivo

Tra le applicazioni studiate dal gruppo di lavoro dell'UNIBAS, quelle sulle attività antiossidanti degli estrattivi
didascalia.

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Data:Fri Oct 09 11:11:10 CEST 2020

Maria Roberta Bruno Dottorato in Scienze Agrarie, Forestali e degli Alimenti.

L'articolo viene pubblicato nell'ambito della collaborazione avviata tra la rivista AGRIFOGLIO e la Scuola di Scienze Agrarie, Forestali, Alimentari e dell'Ambiente dell'Università della Basilicata.
 

L’Olivo (Olea Europea L.) appartenente alla famiglia delle Oleaceae, genere Olea, è una delle piante più rappresentative dell’area Mediterranea (Spagna, Italia e Nord-Africa), dove ricopre circa 8 milioni di ettari. L’olivo è una pianta tipicamente mediterranea, con un portamento arbustivo ed i suoi frutti, denominati olive, hanno forma ovale ed un colore che varia dal verde al nero in base alla fase di maturazione. I frutti possono essere consumati tal quali oppure da essi si può estrarre l’olio. Nelle aree mediterranee, fin dall’antichità, l’olivo ha avuto una grande importanza.  Ad esso è legata molta della simbologia antica greca/romana come simbolo di abbondanza e di gloria. Lo ritroviamo anche nella simbologia cristiana come simbolo di pace (dopo il diluvio universale una colomba porta a Noè un ramoscello di olivo), mentre l’olio di oliva viene usato in diversi sacramenti cristiani. Inoltre questi alberi, spesso secolari, caratterizzano più di altre specie il paesaggio degli ambienti mediterranei.

Esaminando i dati sulle superfici coltivate a oliveti (Figura 1) si osserva come, dei circa 105.133.20 ha mondiali di olivo, il 49% è coltivato in Europa e il 31% in Africa, con maggiore presenza nell’Africa Mediterranea (FAOSTAT, 2018). In Europa, i paesi con la maggior superficie coltivata ad oliveto (Figura 2) sono la Spagna, l’Italia e la Grecia, rispettivamente con 2.579.001 ha, 1.147.505 ha e 963.120 ha (FAOSTAT, 2018).

Figura 1: Totale area coltivata in ettari (ha) nel 2018 nel Mondo e nei diversi continenti

 

Figura 2. Totale area coltivata in ettari (ha) nel 2018 in Europa (EU-28) e nei Paesi Europei

 

Alle superfici coltivate sono collegate le produzioni di olio di oliva, pari a 1,8 milioni di tonnellate per la Spagna, 175 mila tonnellate per l’Italia e 185 mila tonnellate per la Grecia, con una produzione mondiale stimata intorno ai tre milioni di tonnellate (Ismea, 2019).

L’olio di oliva extra-vergine è un alimento contenete acidi grassi, soprattutto acido oleico, composti antiossidanti, in particolare polifenoli che conferiscono quel tipico sapore amaro sia al frutto che all’olio. L’olio di oliva extra-vergine è considerato uno dei pilastri della dieta mediterranea, e ha diverse proprietà salutari. Tuttavia, è anche uno tra i prodotti che viene maggiormente contraffatto. Per arginare questo fenomeno, con il regolamento UE 1096/2018, sono state introdotte in etichetta le informazioni utili per i consumatori e per migliorare la tracciabilità del prodotto.

Dalla produzione di olio di oliva extravergine, inoltre, sono generati diversi sottoprodotti, come la sansa e le acque di vegetazione, che oggi vengono utilizzati maggiormente per produrre concimi e carburanti. Oltre all’olio e ai suoi sottoprodotti, possono essere utilizzate anche le foglie per la produzione di cosmetici, integratori ed infusi; nonché il legno per svariati usi. Il legno di olivo, ha un mercato di acquisto e vendita, cosa che non accade per i residui legnosi dei frutteti e dei vigneti. I tronchi di ulivo spesso si presentano cavi o deteriorati a causa degli attacchi parassitari, per cui il segato da essi derivato è di piccole dimensioni. Allo stesso tempo il legno di ulivo, grazie al suo aspetto fortemente decorativo, trova largo impiego in lavori artistici per la realizzazione di sculture, di oggetti d’artigianato o di mobili per l’arredamento e perfino di listoni per pavimenti data la sua elevata durabilità e durezza. L’eccezionalità del legno di ulivo è data anche dalla caratteristica di essere un legno di risonanza, per cui è molto spesso usato per la costruzione di strumenti musicali, soprattutto nel Meridione d’Italia. Il legno di olivo è utilizzato anche come combustibile nei forni dei panificatori in quanto conferisce caratteristici aromi ai prodotti lievitati.

Negli ultimi anni, il gruppo di lavoro di Tecnologia del legno dell’Università degli Studi della Basilicata, insieme ad altri partner accademici e industriali, ha studiato le caratteristiche chimiche e biologiche delle sostanze contenute nel legno di olivo (i cosiddetti estrattivi), in un’ottica di sostenibilità ed economia circolare, ovvero di recupero e valorizzazione di un rifiuto, che quindi  può diventare materia prima. Analizzando gli estrattivi dei residui legnosi di olivo, è stato osservata un’interessante attività antiossidante. L’azione antiossidante dei composti molecolari contrasta l’invecchiamento cellulare che spesso è causa di diverse patologie nell’organismo umano. L’attività antiossidante è svolta dai composti maggiormente presenti all’interno degli estratti legnosi di olivo, ovvero i secoiridoidi. Questi composti, appartenenti alla famiglia dei fenoli, possono avere applicazioni pratiche nel settore cosmetico, alimentare e farmaceutico.

Altre ricerche sono state focalizzate sull’attività antifungina degli estrattivi del legno di ulivo, dimostrando che le molecole in essi presenti, quali oleuropeina,  idrossitirosolo e tirosolo, hanno una buona attività inibitoria e, pertanto, si può ipotizzare un loro uso negli agro-farmaci.

Inoltre, tramite l’analisi delle fibre del legno di olivo, è stato dimostrato come si possa produrre carta.

Pertanto, è fondamentale ampliare le ricerche su questo tipo di residuo, al fine di realizzare prodotti biocompatibili, 100% naturali, in grado di generare una reale sostenibilità ambientale oltre che un ulteriore valore economico agli scarti.

A conclusione di questa breve nota, appare evidente la necessità di preservare la coltivazione degli oliveti che troppo spesso a causa degli andamenti sfavorevoli di mercato, vengono abbandonati con un graduale degrado degli ambienti di coltivazione. Da ciò ne consegue un aumento delle patologie, anche gravi (es. Xylella fastidiosa), che portano alla morte di queste piante producendo una perdita inestimabile dal punto di vista economico, sociale e culturale.

Agrifoglio n. 100 -  

Temi
Rubrica
agrinnova
Autori
Maria Roberta Bruno

Dottorato di Ricerca in Scienze Agrarie, Forestali ed Alimentari, Università della Basilicata

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