Focus

Lombardia, coltivare le officinali per evitare il depauperamento del patrimonio naturale

Fondamentali la ricerca sulla domesticazione, conservazione e caratterizzazione di alcune specie per aumentare la sostenibilità del comparto
didascalia.

Coltivazione di Arnica montana .

Data:Fri Jun 25 09:53:54 CEST 2021

Molto spesso, le piante officinali destinate alla trasformazione in cosmetici e prodotti erboristici vengono importate dall’estero e, a causa della natura complessa del commercio tra aziende e milioni di raccoglitori spontanei nelle comunità marginali o con regole diverse da quelle comunitarie, il commercio è in gran parte informale e sottostimato, il che rende più difficile verificare attività illecite o non sostenibili. Frequentemente tali piante officinali, infatti, sono specie soggette a protezione e incluse nella lista IUCN delle specie minacciate. Negli ultimi tempi, le aziende specializzate in prodotti naturali stanno cercando un modo per impegnarsi adeguatamente nel commercio equo e nelle pratiche ecologicamente corrette, soprattutto per quanto riguarda quei prodotti che provengono dalla raccolta delle piante spontanee.

In questo senso, per aumentare la sostenibilità di questo comparto, le attività di ricerca sui temi della domesticazione, conservazione e caratterizzazione di alcune specie di interesse aromatico-medicinale si rivelano fondamentali. Inoltre, è importante verificare la qualità del prodotto in termini di contenuto di principi attivi.

Molte piante officinali crescono e sono adattate al territorio appenninico e alpino italiano, aprendo interessanti prospettive per coltivazioni alternative all’interno dell’attività agricola in territori marginali e montani. Un caso interessante è l’arnica montana (Arnica montana L., fig. 1), un rimedio erboristico molto popolare per il trattamento esterno di diversi disturbi legati a lesioni e incidenti, collegati soprattutto alle attività sportive, ed è descritta come trattamento topico per contusioni, irritazioni e dolore, e presenta proprietà antisettiche, antiflogistiche, analgesiche e antinfiammatorie. Gli effetti antinfiammatori dei capolini (infiorescenze) di arnica sono principalmente dovuti ad alcuni dei suoi metaboliti secondari, i lattoni sesquiterpenici (SL) del tipo 10α-metilpseudoguaianolide, che sono in grado di inibire una varietà di processi infiammatori. L’arnica, un tempo essenza molto comune dei pascoli poveri montani, è diventata rara e quindi inclusa nella lista IUCN, a causa della raccolta non monitorata e della riduzione del suo habitat per l’abbandono delle pratiche pastorali tradizionali. Come per molte altre piante officinali, gran parte del materiale che entra nel mercato dei prodotti a base di arnica viene dalla raccolta del materiale spontaneo e dall’estero, e tale pianta è stata fino ad oggi poco selezionata per la domesticazione, con l’esistenza di una sola cultivar commerciale. La coltivazione di arnica locale potrebbe quindi soddisfare il fabbisogno erboristico e aiutare a preservare le popolazioni naturali, tuttavia al momento è poco praticata e risulta abbastanza costosa, soprattutto per il costo delle piantine di propagazione, spesso acquistate all’esterno e da vivai non dell’areale, con rischio di inquinamento genetico delle popolazioni di arnica spontanea locale.

In questa cornice, il progetto di caratterizzazione del polo UNIMONT-GESDIMONT, innovativo polo di ricerca per lo sviluppo del territorio montano, eseguito in collaborazione con l’azienda agricola Shanty Maè, inclusa nel Biodistretto di Valle Camonica e nel parco dell’Adamello, ha mirato a verificare le caratteristiche di germinabilità dell’arnica spontanea della Valcamonica e le sue caratteristiche fitochimiche confrontandola con un’accessione di arnica coltivata nella stessa area.

Coerentemente con le premesse sul tipo di selezione e mercato dell’arnica, è risultato che l’arnica del Parco dell’Adamello è candidabile per essere propagata e utilizzata come prodotto erboristico. Le performance di germinazione dei semi sono risultate comparabili, senza la necessità di impiego di fitoregolatori o processi particolari. Osservando i risultati delle prove di germinazione, la percentuale di germinazione è alta (> 75%) sia per i semi commerciali che quelli prodotti dalle piante selvatiche, indipendentemente da eventuali trattamenti con fitormoni (fig. 2). Dallo studio del profilo fitochimico, realizzato utilizzando tecniche di Estrazione in Fase Solida (SPME) accompagnata da Gas Cromatografia e Spettrometria di Massa (GC-MS), tecniche di Cromatografia Liquida ad Alta Prestazione (HPLC) e Risonanza Magnetica Nucleare (NMR) è stata verificata la presenza di composti sesquiterpenici come gli esteri dell'elenalina (H) e della deidroelenalina (DH) sia nell'arnica coltivata che spontanea, i cromatogrammi HPLC e gli spettri 1D NMR sono risultati molto simili e la resa in estratto secco paragonabile (3.9 ± 0.9% per lo spontaneo e 4.6 ± 0.4% per il coltivato, fig. 3). L'arnica autoctona della Valsaviore e quella coltivata contenevano anche quasi tutti i medesimi composti nella frazione dei volatili, che differivano solo quantitativamente per 44 dei 71 composti identificati (fig. 4), quindi possiamo concludere che l'ecotipo di arnica selvatica caratterizzato nello studio è candidabile all'uso erboristico.

La possibilità di coltivare A. montana locale in territori marginali è di interesse per gli agricoltori delle regioni montane che cercano colture alternative esclusive della montagna. Una prima trasformazione locale controllata è importante per incentivare la produzione locale e fornire all'industria una buona materia prima e avere un valore aggiunto. La produzione di piantine “in loco” potrebbe essere di grande interesse anche per gli agricoltori (che spesso rinnovano le colture con materiale di propagazione esterno) e per fini di conservazione della natura. Sono in corso studi per valutare le differenze tra le popolazioni selvatiche di A. montana e questi studi sono particolarmente necessari considerando lo scarso miglioramento genetico di alcune officinali e la crescente necessità di prodotti erboristici provenienti da materiale coltivato per proteggere e preservare la popolazione selvatica da un'eccessiva pressione di raccolta (per maggiori informazioni Clicca Qui).

Per rivitalizzare la produzione di piante officinali, una filiera strategica per i territori marginali della penisola italiana, è necessaria un’attività di formazione e di ricerca applicata in grado di fornire supporto tecnico e formazione a coloro che vogliono avviarsi sulla strada della produzione di piante officinali e/o ai professionisti che già operano in questo settore e sono alla ricerca di aggiornamenti e innovazioni. Per questo il centro Ge.S.Di.Mont. – UNIMONT, oltre alle attività di ricerca, sta attuando numerose iniziative divulgative nell’ambito di CereAlp, progetto inquadrato nell’ambito del Programma di Sviluppo Rurale – PSR (per maggiori informazioni Clicca Qui). Il progetto CereAlp ha l’obiettivo di divulgare conoscenze e buone pratiche inerenti alla coltivazione e la trasformazione di cereali alpini e piante officinali. CereAlp è stato ideato dal gruppo di ricercatori di Ge.S.Di.Mont. – UNIMONT con il supporto di alcune aziende agricole lombarde che operano nel settore delle piante officinali e cereali alpini. Il progetto nasce con lo scopo di fornire nozioni (conoscenza delle risorse vegetali tradizionali, buone pratiche produttive, igiene degli alimenti, nuove regolamentazioni inerenti alle produzioni vegetali, domesticazione di piante spontanee etc.), con la collaborazione e partecipazione di esperti nazionali e la presentazione di casi virtuosi, tra cui anche le attività di ALSIA (fig. 5), per favorire la nascita di filiere sostenibili e di qualità quali quelle dei cereali e delle erbe officinali.

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Agrifoglio n. 103 -  

Temi
Piante Officinali
Autori
Valeria Leoni

Ge.S.Di.Mont. - Polo di Eccellenza UNIMONT- Edolo (BS)

Luca  Giupponi

Ge.S.Di.Mont. - Polo di Eccellenza UNIMONT- Edolo (BS)

Anna  Giorgi

Ge.S.Di.Mont. - Polo di Eccellenza UNIMONT- Edolo (BS)

Le donne vittime di violenza e stalking attraverso il numero verde 1522, promosso dalla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per le pari opportunità, attivo 24 ore su 24 e accessibile da tutto il territorio nazionale, possono chiedere aiuto e sostegno nonché ricevere informazioni. L'assistenza telefonica consente un graduale avvicinamento ai servizi con assoluta garanzia di anonimato.
Il Comitato Unico di Garanzia dell' ALSIA