La salute delle foreste è nelle mani dell’uomo
Aumenta la vulnerabilità dei boschi sia su scala locale che regionale. Fenomeni di deperimento in Basilicata, soprattutto su Quercus
Data:28 Jul 2020
I cambiamenti globali e le foreste
Le foreste sono una delle principali componenti della biosfera terrestre: ricoprono una superficie di oltre quaranta milioni di chilometri quadrati (circa il trenta per cento delle terre emerse) e contengono il quarantacinque per cento del carbonio terrestre. Possono quindi determinare in modo rilevante gli scambi di materia e di energia fra biosfera e atmosfera, sia attraverso processi di fissazione dell’anidride carbonica in grado di mitigare l’aumento dell’effetto serra, sia con processi di rilascio e altri effetti biofisici che potrebbero invece rinforzarlo.
Se, da un lato, la presenza della foresta contribuisce a ridurre le cause dei cambiamenti climatici attribuibili al riscaldamento globale, dall'altro lato la foresta può risentire dei mutamenti climatici sotto vari aspetti (biodiversità, salute, servizi ecosistemici ecc.) e compromettere notevolmente questa importante funzione di assorbimento di CO2 e di mitigazione. Infatti, per assolvere a questa funzione le foreste devono trovarsi in una condizione di buona salute ovvero, in termini ecologici, in una condizione di elevata efficienza funzionale o capacità bioecologica.
Aumento della vulnerabilità ed effetti sulla salute delle foreste
Purtroppo negli ultimi decenni la vulnerabilità delle foreste sta aumentando notevolmente a causa dell’aumento della siccità e delle ondate di calore, con migliaia di casi segnalati di moria dei boschi in tutto il mondo, sia a scala locale che regionale. Foreste estese anche migliaia di ettari che nel giro di qualche anno si indeboliscono e seccano completamente. Episodi del genere, estesi su larga scala hanno la potenzialità di alterare rapidamente gli ecosistemi forestali con importanti feed-back sul sistema terrestre e sulla funzione di assorbimento di CO2 e di mitigazione del riscaldamento globale.
Anche in ambiente mediterraneo sono stati segnalati diversi fenomeni di deperimento in ambito forestale. L’ambiente mediterraneo è uno dei più preziosi sistemi ecologici della terra, ricchissimo in termini di biodiversità ma anche con molti elementi di fragilità e quindi altamente suscettibile ad eventuali innalzamenti di temperatura.
Negli ultimi anni fenomeni di deperimento sono segnalati anche in Basilicata, prevalentemente su specie appartenenti al genere Quercus (Gorgoglione, Noepoli e San Paolo Albanese nel Parco Nazionale del Pollino ecc.). I sintomi più comunemente registrati riguardano l’avvizzimento della chioma, il disseccamento di rami apicali, la fessurazione longitudinale della corteccia, riduzione di crescita ed in alcuni casi anche la morte delle piante (figura 1). Aumento dello stress con fenomeni di deperimento correlati che spesso favoriscono attacchi di insetti e patogeni forestali.
Ad esempio l’ondata anomala di calore che, nell’estate del 2017, ha interessato parte dell’Europa centrale e meridionale, ha determinato un forte impatto negativo anche sulle foreste in Basilicata. Da indagini satellitari risultava che circa 100.000 ettari su un totale di 350.000, che è la superficie boscata in Basilicata, erano caratterizzati da un notevole stato di sofferenza. In particolare i boschi che ricoprono il versante delle Dolomiti Lucane, tra Pietrapertosa e Castelmezzano, dove si svolge il “Volo dell’Angelo”, erano quasi completamente ingialliti (figura 2). Tali paesaggi rischiano di modificarsi completamente con forte impatto negativo anche sul turismo.
Il ruolo della ricerca scientifica
In tale contesto la ricerca scientifica sta dedicando ampia attenzione alla risposta delle foreste ai cambiamenti climatici. Il monitoraggio dello stato di salute delle foreste è fondamentale per comprendere l’impatto e pianificare eventuali interventi. In Basilicata sono in corso due importanti progetti:
- il PON OT4CLIMA, finanziato dal Ministero della Ricerca, che vede coinvolti l’Università di Basilicata e diversi Istituti di Ricerca del CNR. Ha come obiettivo quello di studiare i diversi impatti a scala locale e regionale dei cambiamenti climatici attraverso lo sviluppo e l’impiego di tecnologie e metodologie innovative. A fine luglio è partita una prima campagna di misure che ha interessato il bosco di San Paolo Albanese, ai confini dell’areale del Parco del Pollino, con lo scopo di raccogliere dati di parametri eco-fisiologici per validare e calibrare indici vegetazionali innovativi, ricavabili da osservazioni satellitari, per potenziare le attuali strategie di monitoraggio, su più ampia scala, dei popolamenti forestali interessati da fenomeni di declino e mortalità (figura 3). In particolare, è stato investigato un alto-fusto coetaneo di farnetto (Quercus frainetto), interessato a partire dagli inizi del 2000 da fenomeni estesi di deperimento delle piante causati da eventi climatici estremi. Il farnetto è una specie endemica di grande interesse naturalistico, e riconosciuto come Habitat nell’ambito di Rete Natura 2000;
- “L’Ultima Foresta Incantata”, un progetto di durata triennale finanziato da Fondazione con il Sud, che vede coinvolti diversi Partners (WWF, Legambiente, Università di Basilicata, CNR, Provincia di Matera ed alcune Associazioni no profit). L’obiettivo è di salvare il bosco Pantano di Policoro, in cui è presente l’ultimo lembo di foresta planiziale rimasto nel sud Italia, minacciato dai cambiamenti climatici e dalla pressione antropica. Anche in questo caso, sono in corso studi sulle aree interessate da fenomeni di declino, con censimenti della farnia e di altre specie ad essa consociate, e monitoraggio della fauna collegata agli Habitat fluviali. La ricostituzione del bosco avverrà gradualmente attraverso il reimpianto delle specie igrofile in aree rese idonee mediante piccoli interventi idraulici che consentiranno di impaludare e ricreare le condizioni originarie del bosco in cui era presente abbondante disponibilità idrica.