La Cimice marmorizzata asiatica (Halyomorpha halys) è anche in Basilicata

Il temuto fitofago è stato segnalato da qualche anno ma con una densità di popolazione che, per ora, non desta preoccupazione
didascalia.

Individui di cimice asiatica in diversi stadi di sviluppo.

Data:Mon Nov 09 12:29:49 CET 2020

La “cimice marmorizzata asiatica” (Halyomorpha halys), segnalata nel nostro Paese per la prima volta in Emilia Romagna solo nel 2012, si è rapidamente diffusa praticamente in tutta la Penisola e la Sicilia, sebbene i problemi maggiori si stiano registrando soprattutto nelle regioni a vocazione frutticola del Nord (Trentino, Veneto, Piemonte ed Emilia Romagna). In Basilicata ne è stata accertata la presenza ma, fino ad ora, si è sempre trattato di pochi individui isolati, cosa che fa ritenere probabile l’accidentale introduzione attraverso il trasporto di merci infestate (frutta o imballaggi) e l’assenza di una popolazione sufficientemente elevata da creare problemi alle colture. Tuttavia non bisogna abbassare la guardia, perché la cimice asiatica è un insetto potenzialmente molto pericoloso per diverse colture tipiche della nostra regione.

In Italia i danni maggiori sono stati rilevati su colture frutticole come le drupacee e le pomacee, i cui frutti infestati presentano vistose deformazioni che li rendono incommerciabili, ma questa “nuova” cimice è ampiamente polifaga e si alimenta su molte specie spontanee e coltivate, sia arboree che erbacee (ad esempio, in Italia danni sono stati segnalati anche su nocciolo, mais, fragola, piccoli frutti, e diverse ortive).

La particolare biologia alimentare della cimice asiatica contribuisce alla sua diffusione, sia nello spazio, sia su colture diverse. Questa specie, infatti, è “polifaga obbligata”: per completare lo sviluppo e riprodursi, un individuo deve necessariamente nutrirsi spostandosi su diverse specie vegetali (rosacee, leguminose, solanacee, cucurbitacee, brassicacee, ecc.).

Per la dannosità di questo insetto, è importante  individuare precocemente i primi focolai di infestazione in un territorio e, probabilmente, il momento migliore è proprio l’inizio dell’inverno, quando gli adulti tendono a concentrarsi in luoghi riparati (“quartieri di svernamento”) producendo ormoni di aggregazione che richiamano altri individui della stessa specie. Spesso le cimici, richiamate dal calore, scelgono come riparo le abitazioni (es. cassonetti di finestre, tende arrotolate, soffitte, ecc.) dove possono ammassarsi anche centinaia di individui.

Per tanto, è utile conoscere l’insetto e distinguerlo dalle altre cimici per poter segnalare precocemente eventuali focolai di infestazione e tentare di distruggerli o contenerli tempestivamente.

I danni causati dalla cimice asiatica consistono essenzialmente in lesioni e necrosi delle parti su cui l’insetto si alimenta infilando il rostro e iniettando la sua saliva che ha effetti fitotossici. I problemi maggiori sono sui frutti che, se infestati in fase di ingrossamento, si deformano. Sotto la buccia, in corrispondenza delle punture, il tessuto della polpa presenta il tipico “cono salivare”, una suberificazione dei tessuti che sono venuti a contatto della saliva e che, macroscopicamente, appare come un grumo della polpa.

I danni descritti possono essere provocati anche da altre “cimici”, che siamo abituati ad osservare, come la comune cimice verde (Nezara viridula) che occasionalmente, anche in Basilicata, può infestare varie colture arboree ed ortive richiedendo interventi diretti di controllo. I danni da cimice verde, comunque, sono solitamente molto più contenuti sia per diffusione che per gravità, rispetto a quelli provocati dalla sua “cugina” asiatica.

Oltre ai danni diretti alle colture agricole, la cimice asiatica crea fastidio e problemi anche nelle aree urbane e nelle abitazioni poiché gli adulti di H. halys, come accennato sopra, con l’abbassarsi delle temperature sono attratti dagli anfratti di edifici dove si concentrano in gruppi numerosi per svernare. In effetti, in diverse aree italiane, l’insetto è stato segnalato prima in ambienti urbani e solo successivamente in campagna, dove pure era già presente ma non produceva ancora danni rilevanti.

In primavera Halyomorpha halys lascia i ricoveri invernali alla ricerca delle piante ospiti su cui si alimenta, si accoppia e depone le uova, in modo scalare. Le femmine sono longeve e prolifiche, potendo vivere diversi mesi continuando a produrre uova che depongono solitamente sulla pagina inferiore delle foglie in gruppi poligonali di 20-30, come le altre cimici. Gli stadi giovanili non sono facilmente distinguibili da quelli di altre specie di cimici comuni in Italia (es. il puzzolente ma innocuo Rhaphigaster nebulosa), sebbene un occhio esperto può individuare la presenza di piccole spine a livello del torace che sono un carattere distintivo.

Gli adulti H. halys sono lunghi circa 17 mm, hanno il classico aspetto delle “cimici” e una tipica colorazione “marmorizzata” che ne giustifica il nome. Sono piuttosto mobili, buoni volatori in grado di coprire grandi distanze alla ricerca di piante ospiti e, di conseguenza, capaci di diffondersi rapidamente su nuovi territori che spesso raggiungono prendendo un “passaggio” da mezzi di trasporto (non è un caso che probabilmente il primo ritrovamento in Basilicata è avvenuto su una rete da imballaggio, vicino ad un centro commerciale di Policoro, in provincia di Matera).

Nelle Regioni settentrionali in cui la cimice asiatica si è diffusa, sembra che l’insetto non compia più di due generazioni all’anno ma in climi più caldi potrebbero arrivare a tre. Per la scalarità delle ovideposizioni i diversi stadi di sviluppo possono essere presenti in gran parte della stagione vegetativa. La cimice è fortemente attratta dai frutti in maturazione e, a causa della sua polifagia obbligata, tende a spostarsi da una coltura all’altra man mano che si completa la raccolta.

Il controllo di questo insetto è particolarmente problematico, sia sulle colture agricole che in ambiente urbano. Sebbene siano stati registrati diversi insetticidi, l’efficacia non è risolutiva. L’esigenza di difendere i frutti prossimi alla maturazione crea ulteriori problemi per il rispetto dei tempi di carenza e per l’accumulo di diversi residui chimici. Inoltre gli adulti si spostano facilmente se infastiditi dai trattamenti, trovando riparo nella vegetazione spontanea.

Vista la difficoltà del controllo chimico, in diverse aree frutticole infestate si è fatto ricorso a speciali reti di protezione che, ovviamente, sono piuttosto costose e di non facile gestione.

Come spesso accade quando arrivano specie “aliene”, come la cimice asiatica, non sembra ci siano per il momento limitatori naturali (predatori o parassiti) sufficienti a contenere a livelli accettabili la popolazione del fitofago.

Per questi motivi si sta provando la lotta biologica mediante il rilascio del suo antagonista “vespa asiatica” (Trissolcus japonicus), imenottero parassitoide presente nell’area di origine della cimice asiatica di cui parassitizza le uova. Per la la vespa asiatica è stata ottenuta qualche mese fa l’autorizzazione ministeriale all’importazione ed al lancio inoculativo, ma solo in alcune delle aree più infestate di regioni settentrionali.

Il riconoscimento degli adulti di H. halys non è particolarmente difficile e chi voglia cimentarsi nell’individuazione dei caratteri distintivi della specie può farlo collegandosi al sito www.halyomorpha-halys.it/riconoscimento-halyomorpha-halys che raccoglie una serie di informazioni sull’insetto, eventuali segnalazioni e schemi e fotografie per la sua identificazione.

La specie con cui H. Halys è maggiormente confondibile, in Italia, è Rhaphigaster nebulosa da cui si distingue per diversi caratteri. Il più evidente è la grossa e robusta spina metasternale presente in R. nebulosa e non in H. halys, come ben illustrato in foto presenti nel sito indicato sopra.

Un modo ancora più semplice (e sicuro) per individuare con sicurezza H. halys è scaricare su smartphone l’app “BugMap” (https://play.google.com/store/apps/details?id=it.fmach.ctt.sig.cimiceasiatica&hl=it), della fondazione trentina Edmund Mach (Istituto di San Michele all’Adige), che consente di spedire ad esperti le foto dell’insetto georeferenziate. In tal modo, oltre ad avere un riscontro da entomologi esperti, si contribuirà a costruire una mappa interattiva della presenza della cimice asiatica, molto utile per definire piani di azione.

Agrifoglio n. 100 -  

Temi
SeDI
Autori
Arturo Caponero

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