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Cambiamenti climatici, aumenta la frequenza degli eventi estremi

Nonostante la precisione dei modelli matematici diminuisca al ridursi della scala geografica, è evidente l'incremento di alluvioni e siccità. Indispensabile adottare le misure agroambientali UE
didascalia.

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Data:Thu Oct 29 14:59:01 CET 2020

Misurare e valutare l’impatto dei cambiamenti climatici sull’agricoltura è cosa molto complessa che richiede il coinvolgimento di molte figure professionali, specie se analizzati per definire scenari previsionali. E' infatti necessaria una grande mole di dati di elevata qualità, con lunga estensione temporale e geografica. Inoltre, si tratta di fenomeni che devono essere valutati e studiati su ampia scala, in quanto, se rapportati alla complessa orografia dell’Italia e ancor più della Basilicata, è molto facile giungere a errate valutazioni. Pertanto, l’analisi deve essere estesa a tutto il Paese, a sua volta inserito in un contesto molto più ampio, quale quello del Mediterraneo, specie per le caratteristiche climatiche del meridione.

Ciò premesso, nel corso del ventesimo secolo è stata osservata una tendenza al riscaldamento climatico che dagli anni ’80 è divenuta ancor più evidente con la modifica del regime pluviometrico. In Europa inoltre, e a seconda delle regioni, le variazioni climatiche hanno subito differenze importanti a seconda delle stagioni.

Una rappresentazione della situazione è stata sintetizzata nella figura n. 1, dove sono riportate le principali anomalie climatiche verificatesi nell’anno 2019, in cui possiamo constatare l’elevata variabilità dei fenomeni. Secondo il “Rapporto sullo stato delle conoscenze scientifiche su impatti, vulnerabilità ed adattamento ai cambiamenti climatici in Italia” del Ministero dell’Ambiente, la temperatura media in Italia negli ultimi 100 anni è aumentata di +1 °C (fig. 2) e la tendenza all’aumento è stata ancora più elevata negli ultimi 30 anni. L’aumento della temperatura è maggiore nelle stagioni estiva e primaverile, con valori stimati di 0.5°C, mentre in inverno e in autunno la tendenza, comunque positiva, non risulta statisticamente significativa. Le precipitazioni invece, nel lungo periodo sono in lieve diminuzione (-1%) come in figura 3. Tuttavia il segno e il livello di significatività delle tendenze sono molto variabili a seconda dell’intervallo di tempo, dell’area geografica e della stagione, anche perché nel lungo periodo si rileva una diminuzione significativa degli eventi di bassa intensità. A livello stagionale si nota una forte diminuzione invernale e primaverile per l’Italia meridionale (- 22% e -12% dal 1800 ad oggi), mentre per l’Italia settentrionale le stagioni con il segnale negativo più forte sono l’estate e l’autunno (-19% e -25% dal 1800 ad oggi).

A livello regionale, ci sono due lavori di Piccarreta che hanno evidenziato le variazioni di temperatura e pioggia dal 1951 al 2010; in particolare:

  • L’aumento delle temperature minime e delle massime rispettivamente di 0.15°C e 0.07°C, soprattutto dopo il 1971;
  • La tendenza al rialzo della temperatura minima in inverno, primavera ed estate, mentre è al ribasso in autunno, specialmente nel ventennio 1981–2010;
  • La tendenza all’aumento della temperatura massima in primavera ed estate e la sua diminuzione durante l'inverno e l'autunno;
  • La modificazione del regime pluviometrico con una tendenza al ribasso, a causa della diminuzione delle piogge autunno-invernali, sebbene nel periodo 1981-2010 il trend è stato positivo;
  • L’incremento dell'intensità delle precipitazioni, soprattutto in primavera.

Di recente, abbiamo aggiornato l’indicatore climatico TempER di alcune località del Metapontino. Questo indice, che permette di misurare in maniera semplice ed immediata l’entità dei fenomeni a scala locale, esegue una sommatoria degli scarti della temperatura media giornaliera rispetto ad un trentennio di riferimento, in questo caso 1961-1990. Il risultato ottenuto conferma il trend positivo di crescita della temperatura per 0.517 e 0.589°C rispettivamente a Metaponto e Policoro nel periodo 1991-2019, evidenziando una rapida crescita dal 2011 (fig. 4).

Esaminando il Rapporto SCIA “Gli indicatori del Clima in Italia nel 2019”, che tra l’altro nelle sue elaborazioni ha utilizzato anche i dati dell’ALSIA, si evidenzia un preoccupante andamento della temperatura in Italia (fig. 5, 6). A scala nazionale, il 2019 è stato il secondo anno più caldo della serie storica dopo il 2016, con un’anomalia media di +1.56°C rispetto al periodo di riferimento 1961-1990. Ad eccezione di gennaio e maggio, tutti i mesi dell’anno sono stati nettamente più caldi della norma, con punte di anomalia positiva nel mese di giugno per 3.27°C al Sud e Isole (fig. 7 e 8). L’anomalia della temperatura massima è stata più elevata di quella della temperatura minima, specie in autunno (+1.77°C) e estate (+2.88°C), mentre l’inverno e la primavera hanno registrato anomalie positive più contenute. Anche per quanto riguarda il numero di notti tropicali e di giorni estivi il trend è in aumento, a differenza delle notti e i giorni freddi che hanno una tendenza a diminuire.

Per quanto riguarda la pioggia, sempre a livello nazionale, la precipitazione cumulata è stata di +12% (fig. 9), con una elevata differenza territoriale. Maggio, luglio e novembre sono stati caratterizzati da piogge abbondanti estese a tutto il territorio nazionale, mentre a marzo e giugno le piogge sono state scarse in tutte le regioni. Al Sud i mesi più piovosi sono stati maggio (+122%), novembre e luglio. Le precipitazioni sono state invece inferiori alla norma (fino a -40% circa) su alcune aree del Sud, tra cui la Basilicata (fig. 10). Riguardo ai valori medi stagionali, in autunno e in primavera sono state registrate le anomalie più elevate (rispettivamente +47% e +19%). Le stagioni mediamente più secche sono state invece l’inverno (-37%) e l’estate. Dall’analisi statistica dei trend della precipitazione cumulata annuale nel periodo 1961-2019 non emergono tendenze statisticamente significative.

In Basilicata, nel 2019, gli eventi di precipitazione giornaliera superiori a 80 mm sono stati registrati nei giorni 12 e 13 novembre in molti comuni dell’area metapontina e il 22 dicembre nel Lagonegrese, valle del Mercure e alto Agri.

 

Variabilità climatica futura ed effetti sull’agricoltura mediterranea

L’Unione Europea e i singoli paesi membri finanziano numerosi progetti di studio e di ricerca (CLIMAGRI, PRUDENCE, AGROSCENARI, ENSEMBLES, CIRCE, COPERNUCUS) che permettono di capire quali potranno essere le proiezioni future del nostro clima. Purtroppo, i risultati molto spesso non sono rassicuranti perché ci forniscono scenari futuri molto incerti e, in maniera quasi unanime, affermano che già nei primi decenni del XXI secolo nel Mediterraneo e quindi anche in Italia, si prevede un riscaldamento di circa 1.5°C in inverno e quasi 2°C in estate, con una diminuzione di precipitazione del 5% in inverno e del 10% in estate. Oltre a questi cambiamenti, si potrà avere anche un aumento della variabilità della temperatura estiva, accompagnata da un aumento dei valori massimi e delle ondate di calore.

Tuttavia, le incertezze dei modelli numerici sono ancora molto elevate, specie quando si vuole passare da una scala continentale ad una nazionale a causa della variabilità spaziale del clima.

Pertanto, gli effetti dei cambiamenti climatici sull’agricoltura possono essere i seguenti:

  • Modificazione dei sistemi biologici e dei ritmi di crescita sia in campo vegetale che animale;
  • Possibile peggioramento della qualità dei prodotti e diminuzione delle rese;
  • Introduzione ed acclimatamento di nuovi parassiti e specie vegetali;
  • Spostamento a latitudini più elevate delle condizioni climatiche tipiche dell’area mediterranea;
  • Maggiore difficoltà a rigenerarsi per le risorse idriche;
  • Probabile variazione del ciclo vegetativo delle colture e aumento dei fabbisogni idrici;
  • Maggiore incidenza dei processi di perdita di fertilità e salinizzazione dei suoli;
  • Progressiva “modifica” di molti ecosistemi, con variazioni di paesaggio e implicazioni in settori anche extra agricoli (turismo, energia, settori finanziari e assicurativi);

 

Conclusioni

La qualità delle informazioni scientifiche e la modellistica su scala continentale è molto elevata. Tuttavia, la precisione tende a diminuire nelle azioni di riduzione di scala geografica, quale può essere il sud Italia e ancor di più la Basilicata. In tutti i casi, le informazioni sui fenomeni di cambiamento climatico sono univoche, con effetti sempre più evidenti agli occhi di tutti, come ad esempio l’aumento della frequenza degli eventi estremi (alluvioni e siccità). Quindi è necessario che l’agricoltura in Italia,e in Basilicata in particolare, adotti le misure agroambientali previste dalla politica agricola della UE, in quanto l’attività agricola è fortemente legata alla disponibilità della risorsa idrica, specie laddove gli ordinamenti colturali sono irrigui, poiché l’applicazione delle buone pratiche agricole avrà un ruolo primario nei processi di adattamento al cambiamento climatico.

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Temi
Studi e approfondimenti
Autori
Emanuele Scalcione

Funzionario ALSIA

Pietro Dichio

Funzionario ALSIA

Giuseppe Fabrizio

Funzionario ALSIA

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