Albicocco, coltura leader in Basilicata
La forte pressione commerciale per l’introduzione delle nuove varietà può ridurre eccessivamente i tempi di valutazione, col rischio di insuccessi.
Data:24 Jun 2021
In Basilicata la coltivazione dell’albicocco ha avuto inizio negli anni ’70 con l’introduzione di varietà di origini campane ed emiliano-romagnole che meglio si adattavano sia alle condizioni ambientali che alla destinazione del prodotto per la trasformazione industriale. Il maggiore sviluppo è stato nei comuni di Rotondella e Policoro (MT), che ancora oggi rappresentano i maggiori centri di coltivazione.
Nell’ultimo decennio vi è stato un forte interesse commerciale per questa specie, grazie alla vocazionalità del territorio che consente il conseguimento di uno standard produttivo quanti-qualitativo di tutto rilievo. Negli ultimi anni il trend delle superfici è in diminuzione, in quanto cominciano a farsi sentire le influenze negative della Sharka che ha portato all’estirpazione di diversi ettari, e delle mutate condizioni ambientali non idonee alle nuove introduzioni varietali.
Situazione colturale
Il calendario di maturazione in Basilicata inizia a fine aprile con Ninfa, coltivata in ambiente forzato e con tecniche colturali specifiche, anche se c’è da dire che con l’avvento delle varietà extraprecoci sovraccolorate l’interesse per Ninfa è fortemente scemato, tanto da portare alla riconversione dei campi con queste nuove cultivar.
A seguire sono state introdotte nuove varietà. Si parte con l’autofertile Mikado, interessante per produzione e aspetto del frutto, seguono varietà a basso fabbisogno in freddo, come Mogador (figura 1) che presenta fioritura precoce e si è affermata nei campi commerciali grazie alla sua precocità, anche se soggetta al cracking. Altre varietà come Colorado e Margotina, introdotte insieme a Mogador, non hanno dato risultati produttivi interessanti. A fine maggio si raccoglie Wondercot* (figura 2), autoincompatibile, presenta frutti dolci e aromatici ma tra i punti deboli si riscontra la maturazione all’apice del frutto, la cascola preraccolta e il cracking nelle annate piovose nonché la rottura del nòcciolo. Nella stessa epoca sono state introdotte altre varietà come Tsunami*, autoincompatibile, che per produrre va ben impollinata, di buon sapore anche se può presentare spaccature lungo la linea di sutura. Pricia* è interessante per le caratteristiche del frutto anche se ha avuto un comportamento produttivo non sempre costante, aspetto legato alla conduzione della pianta che produce molto su dardi e rami deboli. Banzai*, autofertile, di cui va verificata l’adattabilità nei diversi ambienti di coltivazione. Successivamente matura Rubista*, autofertile, presenta frutti molto colorati con colore tendente al viola, molto dolce, buona la produttività e la risposta del mercato a frutti totalmente diversi anche dagli standard commerciali introdotti negli ultimi anni.
Nei campi commerciali, da circa 10 anni è stata introdotta l’autofertile Flopria* (figura 3), selezionata a Murcia in Spagna, le indicazioni sono positive per la produttività, discreto il sapore dei frutti, anche se a volte presentano una leggera rugginosità, è resistente a Sharka.
Successivamente matura Orange rubis® Couloumine*, la più impiantata degli ultimi anni, con frutti sovraccolorati e di buon sapore, anche se va gestita bene la raccolta in quanto tende a macchiarsi, aspetto che la rende idonea per le filiere corte.
Tra le vesuviane Cafona, Vitillo, S. Castrese, Palummella, Portici, Pellecchiella, Boccuccia con buon sapore e caratteri estetici tradizionali, non più in cima alle preferenze del mercato, solo Portici e Pellecchiella rispettano gli attuali canoni, anche per la buona predisposizione alla trasformazione industriale;
In ultimo Kioto, autofertile, che presenta frutti molto sovraccolorati di sapore discreto, ha avuto una buona diffusione nei campi commerciali, con risultati interessanti da un punto di vista produttivo ma che nelle annate con basso numero di ore di freddo soddisfatte ha tradito le aspettative dei frutticoltori.
Di particolare interesse è la produzione molto tardiva che inizia con Faralia, con frutti di sapore interessante. A seguire, dopo circa due settimane si raccoglie Farbaly, con frutti di bell’aspetto e di buon sapore. Interessante per produttività e caratteri del frutto è Farlis che si raccoglie ad agosto. In questo modo il calendario di produzione parte da fine aprile in coltura forzata e termina a fine agosto, passando da 60 giorni a 120 giorni di offerta.
In valutazione sono tante le varietà in osservazione, dalle rosse di PSB Fuego, Cheyenne e la serie Rubingo, che potrebbero determinare un altro prodotto da proporre al consumatore.
L’introduzione di nuove varietà deve essere preceduta da osservazioni pluriennali e in diverse condizioni ambientali. Allo scopo è fondamentale il lavoro svolto dai centri di sperimentazione pubblica ma anche dalle osservazioni effettuate in campi commerciali-catalogo, dove su poche varietà è possibile mettere a punto anche una tecnica colturale appropriata.
La completezza di giudizio è legata ai tempi di valutazione, almeno 4-5 anni, per verificarne il comportamento in differenti condizioni annuali climatiche (ore di freddo, umidità dell’aria, ecc.). Spesso la forte pressione nell’introduzione delle nuove varietà porta ad una forte diminuzione di questi tempi di valutazione con rischi oggettivi di insuccessi.
Albicocca tra storia, mitologia e… letteratura
L’origine dell’albicocca è abbastanza controversa, pare che fosse una bellissima pianta ornamentale originaria dell'Armenia, da cui il nome scientifico Prunus armeniaca, anche se studi più recenti la ritengono originaria della Cina. Rispetto a questa specie, diverse sono le leggende raccontate, come molti miti antichi di sacrifici, passioni e interventi divini. In Armenia per i nemici invasori era una pianta destinata al fuoco, in quanto non produceva frutti, la mitologia racconta che “solo il pianto sulle radici di una fanciulla del bell'albero dai fiori bianchi, e al suo risveglio i petali si erano tramutati in rigogliosi frutti dorati”. La storia racconta poi che Alessandro Magno in una delle sue campagne militari abbia scoperto questa pianta e i suoi frutti e abbia deciso di portarla con sé. Da qui, Romani prima e Arabi poi l'hanno diffusa in tutto il bacino del Mediterraneo, portandola in Sicilia, in Sardegna, sul Vesuvio e in tutte quelle zone d'Italia in cui ancora oggi vive e prospera.
L’albicocca è da sempre riconosciuta per il suo profumo, naturalmente dolce, la consistenza e il colore che ne hanno fatto la fortuna nei secoli e nella letteratura, rimandando alla delicatezza femminile, all'amore e all'eros. “Siate gentili e cortesi con questo cavaliere… D’albicocche nutritelo”, ordinava Titania, regina delle fate, ai suoi sudditi tra le pagine di “Sogno di una notte di mezza estate”, perché invaghita di un uomo e Shakespeare le fa utilizzare quello che nel '600 era considerato un frutto afrodisiaco e magico. Secondo alcuni - come Webster racconta tra le pagine de "La duchessa di Amalfi" – era capace di indurre il parto, e secondo altri vero e proprio presagio di fortune future se comparso durante i sogni. Sognarla in estate, secondo gli arabi preannuncia fortuna economica mentre per gli induisti ci racconta di un matrimonio tardivo, però fortunato, benedetto dall'amore e dai figli.
Proprietà nutrizionali
L’albicocca è ricca di acqua, zuccheri semplici soprattutto saccarosio, e fibra sia nella forma solubile che in quella insolubile. Anche la presenza di sali minerali è di tutto rispetto grazie all’ottimo contenuto di potassio ma anche di rame e ferro.
Per quanto riguarda le vitamine, l’albicocca ha un’elevata quantità di provitamina A (o betacarotene), vitamina C, E e vitamine del gruppo B.
Il betacarotene, precursore della vitamina A, è un pigmento vegetale responsabile del colore giallo-arancio del frutto e possiede importanti proprietà antiossidanti e protettive. Svolge un ruolo protettivo importantissimo per molte funzioni biologiche dell’organismo e rappresenta una difesa essenziale per combattere tante patologie e disfunzioni. Il nostro corpo sintetizza la vitamina A (retinolo) partendo proprio da questo carotenoide, oppure assume il retinolo direttamente dai prodotti di origine animale.
100 grammi di albicocche, circa un paio di frutti, sono in grado di fornire da soli quasi la metà del fabbisogno giornaliero di questa vitamina con sole 28 calorie!
Ma l’albicocca contiene anche altri carotenoidi ad attività antiossidante, come la luteina e la zeaxantina, appartenenti al gruppo delle xantofille, e la quercetina.